6  la grecia classica

il massimo splendore dell’arte greca

L’egemonia di Atene e l’Età di Pericle

Dopo la vittoria nelle Guerre persiane, la storia greca vive la contrapposizione fra le due póleis più importanti:

  • Sparta, che guida la Lega peloponnesiaca;
  • Atene, che guida la Lega delio-attica. Grazie a questa alleanza, Atene fa una politica espansionistica che le porterà enormi ricchezze. In questo periodo emerge la figura di Pericle (461-429 a.C.), che farà vivere ad Atene un periodo di straordinaria ricchezza culturale e politica, realizzando una forma di democrazia molto avanzata per l’epoca.

Alla fine del V secolo a.C. l’egemonia ateniese entra in crisi. Si riaccendono le antiche tensioni fra Sparta e Atene che sfociano nella Guerra del Peloponneso, che dura trent’anni e che sarà vinta dagli Spartani. Il dominio di Sparta non durerà però a lungo. La generale debolezza delle póleis aprirà la strada all’arrivo di un dominatore straniero, Filippo II di Macedonia, e poi di suo figlio Alessandro Magno.

Quando si parla di arte greca generalmente si fa riferimento alle opere realizzate in quella che è chiamata l’Età Classica. 


La maggior parte delle opere d’arte di questo periodo sono arrivate ai nostri giorni tramite delle copie in marmo di epoca romana.


La produzione artistica dell’Età Classica – in cui si ricerca la perfezione, l’armonia e l’equilibrio – è divisa in tre fasi.

L’Età Classica è divisa in tre fasi così caratterizzate:


Stile Severo

  • maggior realismo nell’anatomia dei corpi
  • rottura della staticità arcaica

Età Classica

  • corpi raffigurati secondo proporzioni ideali
  • armonia, simmetria ed equilibrio

Tardo Classicismo

  • maggiore espressività
  • corpi più slanciati e sinuosi

lo stile severo

Lo Stile Severo si afferma nel periodo fra la fine delle Guerre persiane (479 a.C.) e la metà del V secolo, ed è chiamato “Stile Severo”, perché scompare il “sorriso arcaico”. In questa fase si abbandona la rigidità delle pose e la visione per piani paralleli [tipiche dell’epoca precedente, vedi pag. 24] per una resa più accurata dell’anatomia umana. Questa nuova sensibilità estetica porta gli artisti a usare il bronzo invece del marmo.

L’uso del metallo, più leggero e facilmente modellabile, permette soluzioni innovative nella resa del movimento e nella sperimentazione di nuove posizioni.


Un esempio di Stile Severo sono i due bronzi ripescati a Riace (Reggio Calabria). Le due statue presentano un grande equilibrio nella riproduzione dell’anatomia del corpo e delle proporzioni.


Altri elementi caratteristici dello Stile Severo sono:

  • la posizione della testa, leggermente voltata a destra;
  • la cesellatura dei riccioli di barba e capelli (cioè la rifinitura del metallo con il cesello, uno strumento simile a un piccolo scalpello);
  • l’applicazione del principio della ponderazione, in base al quale il corpo poggia su una sola gamba, mentre l’altra è leggermente avanzata e piegata all’altezza del ginocchio.
  • la posizione delle gambe crea un lieve abbassamento del fianco destro, che rompe la staticità arcaica e dà naturalezza alla figura.

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La fusione a cera persa

Dalla fine del VI secolo a.C., in particolare per i grandi bronzi, si usa la tecnica di fusione a cera persa. In questa tecnica viene creato un “modello della figura” (anima) in argilla e sabbia, su cui si stende uno strato di cera. Lo strato di cera viene a sua volta coperto da uno strato di argilla o gesso (forma). Durante la cottura della forma, la cera si scioglie e viene eliminata tramite dei canaletti, lasciando un’intercapedine (spazio vuoto), dove viene poi colato il bronzo fuso, che prende così l’aspetto della figura.

Il gruppo dei Tirannicidi (originariamente in bronzo ma che conosciamo solo attraverso copie di marmo) raffigura Aristogitone e Armodio che nel 514 a.C. tentarono di uccidere il tiranno di Atene, Ippia.

Le statue originali, realizzate nel 477 a.C. dagli scultori Kritios e Nesiotes, sono le prime a raffigurare personaggi storici e non divinità.


I due sono rappresentati in movimento, nell’atto di avanzare per colpire il tiranno. Uno ha il braccio proteso in avanti, l’altro lo tiene sollevato in alto (entrambi impugnavano armi di cui non rimane traccia). Il peso dei corpi è scaricato su una sola gamba, mentre il piede della gamba arretrata poggia a terra solo con la punta.


Nonostante la rappresentazione sia lontana dalla posa fissa dei koúroi arcaici, le due figure hanno ancora una forte rigidità.

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I precursori dell’età classica

Mirone

Un importante artista che si colloca tra lo Stile Severo e l’Età Classica è Mirone, attivo tra il 470 e il 440 a.C. ad Atene. Mirone realizza numerose statue in bronzo. La sua produzione ci è nota attraverso le fonti greche e latine e le copie marmoree di età romana.


L’interesse principale di Mirone è rivolto allo studio del corpo e dei suoi movimenti, e non allo studio dei dettagli o all’espressione dei sentimenti.

Ad esempio nella sua opera più famosa, il Discobolo (lanciatore del disco), l’atleta non mostra nel volto nessun segno di sforzo. L’attenzione di Mirone è tutta rivolta alla rappresentazione del momento in cui il corpo dell’atleta sta per lanciare il disco: il corpo curvato in avanti, le braccia aperte, il peso su una sola gamba e il movimento di rotazione sono elementi che trasmettono la tensione del gesto atletico.
Allo stesso tempo però la figura emana un senso di armonia, che deriva dalla geometria entro cui è inscrivibile la composizione.

Il Tempio di Zeus a Olimpia

Nel Periodo Severo ha inizio la costruzione del Tempio di Zeus a Olimpia, considerato il più classico dei templi dorici.

La decorazione architettonica è probabilmente opera di un unico artista, ed è caratterizzata da una composizione solenne ed equilibrata, sia nei frontoni che nelle metope.


All’interno del tempio di Olimpia c’era la grandiosa statua di Zeus, di Fidia.
Era una scultura crisoelefantina (da chrysós, oro, ed eléphas, avorio), cioè una statua costituita da un’intelaiatura in legno su cui veniva applicato l’oro per le vesti e l’avorio per il corpo.

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L’età classica: scultura e architettura

Intorno alla metà del V secolo a.C. inizia la vera e propria arte classica. Ad Atene, che vive in questo periodo il suo massimo splendore, operano alcuni artisti che incarnano l’essenza dell’arte classica.

POLICLETO

Il grande bronzista Policleto (nato nel 490 a.C. circa) rappresenta soprattutto figure maschili atletiche nude, partendo da un’attenta osservazione del reale. La sua ricerca è tesa alla raffigurazione di una bellezza ideale che realizzi i princìpi dell’armonia, della simmetria e dell’equilibrio.

Il Doriforo e il Canone di Policleto

Policleto è convinto che, per ottenere una figura umana dalle proporzioni perfette, bisogna applicare a essa dei rapporti matematici fissi, un canone, che descrive nel suo trattato intitolato appunto il Canone (450 a.C. circa).


Il Doriforo (portatore di lancia) è l’opera in cui Policleto realizza i princìpi del Canone. L’unità di misura di questo modello matematico è la dimensione della testa della statua. Infatti il Doriforo è divisibile in altezza in 8 parti grandi quanto la testa (cioè la testa è 1/8 dell’intera figura).


Il volto del Doriforo è impassibile. Il capo è voltato verso la spalla destra.

Per rappresentare il movimento, Policleto utilizza al meglio il principio della ponderazione: il movimento, che parte dai piedi e dalle gambe, si riflette in tutto il corpo (l’anca sinistra si abbassa e l’anca destra si alza; mentre le spalle seguono un movimento contrario, sinistra alzata, destra abbassata).


Inoltre gli arti del Doriforo sono disposti a chiasmo, cioè secondo l’incrocio di due linee: la gamba sinistra piegata si contrappone al braccio destro disteso; mentre la gamba destra distesa si oppone al braccio sinistro piegato.

FIDIA: LA STATUARIA IN BRONZO

L’altro grande artista dell’Età Classica è Fidia, nato ad Atene nel 490 a.C. Il suo nome è legato soprattutto al Partenone. L’artista è però importante anche per la statuaria in bronzo che conosciamo solo dalle copie in marmo.


Fidia realizza una statua in bronzo dell’Amazzone ferita per un concorso. La sua opera è innovativa per la posizione della figura che avanza reggendo l’arco con entrambe le mani e per la resa del volto e dei capelli, più naturali rispetto allo Stile Severo.

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L’acropoli: il PARTENONE

L’arte di Fidia si esprime pienamente nella realizzazione dell’acropoli di Atene. Dopo la pace con i Persiani, Pericle vuole ricostruire la parte alta della città per mostrare la grandezza della pólis.


L’edificio più importante dell’acropoli è l’enorme tempio dedicato ad Atena (dèa protettrice della città): il Partenone (da parthénos, vergine in greco, che è un attributo di Atena).


Realizzato in marmo, il Partenone viene costruito dagli architetti Ictino e Callicrate, sotto la supervisione di Fidia.
Fidia progetta la decorazione figurata, realizza i modelli e interviene personalmente nelle opere più complesse.


Nel tempio l’ordine dorico è arricchito da elementi ionici.
Nel prònao [vedi pag. 21] ci sono colonne doriche; mentre all’interno della cella si trovano colonne ioniche, più slanciate.


Elementi importanti della decorazione sono i fregi, in cui ancora troviamo sia l’ordine dorico che quello ionico.
All’esterno dell’edificio corre il fregio dorico (con metope e triglifi); dove la raffigurazione di temi mitologici allude alla Guerra persiana. Lungo la parete esterna della cella corre il fregio ionico, che presenta una decorazione continua.
Il fregio con decorazione continua è una novità introdotta da Fidia, che rompe così il carattere frammentario della decorazione dorica a metope e triglifi. Nel fregio viene rappresentata la processione delle feste in onore di Atena. Viene quindi abbandonato il soggetto mitologico a favore delle celebrazioni civiche.


All’interno del tempio c’era l’enorme statua crisoelefantina di Atena Parthénos, alta 12 metri, che però è andata perduta.


L’opera di Fidia è visibile soprattutto nei due frontoni, decorati in origine da più di quaranta statue a tuttotondo.
Nel frontone orientale è raffigurata la Nascita di Venere, in quello occidentale lo Scontro tra Atena e Poseidone.
L’intervento diretto dell’artista è individuabile nella resa del nudo, e nei ▶ panneggi delle figure.

La tecnica del “panneggio bagnato”

La tecnica del “panneggio bagnato” è inventata da Fidia.
È chiamata così perché le vesti aderiscono al corpo come se fossero bagnate. In questo modo l’anatomia dei corpi è messa in risalto e le figure sono più realistiche.

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gli edifici minori dell’acropoli

Sull’acropoli accanto al Partenone vengono realizzati altri edifici importanti, fra cui:

  • i Propilei, che costituiscono l’ingresso monumentale all’Acropoli, e che presentano una perfetta combinazione fra l’ordine dorico e quello ionico;
  • l’Eretteo, l’ultimo edificio costruito sull’acropoli, che riunisce diversi luoghi di culto preesistenti.

Sul lato Sud dell’edificio si trova la famosa Loggetta delle Cariatidi con le sei statue femminili che reggono la ▶ trabeazione.
In architettura le cariatidi sono statue femminili utilizzate al posto delle colonne. Il nome deriva dalle donne di Carie, città del Peloponneso, che furono rese schiave dopo aver dato appoggio ai Persiani.

il teatro

I teatri sono fra le testimonianze meglio conservate dell’architettura greca. Inizialmente si usavano strutture mobili in legno poi, dal V secolo a.C., si realizzano strutture fisse in pietra.


Il teatro greco è composto da:


l’orchestra (1), uno spazio centrale dove viene rappresentato lo spettacolo. Qui si esibisce il coro, il gruppo di artisti che accompagna lo spettacolo con la danza e i canti dedicati alle divinità. Poiché la danza avviene in circolo, l’orchestra ha forma circolare.


la cavea (2), disposta intorno all’orchestra, dove siedono gli spettatori. Ha forma semi-circolare ed è costituita da una gradinata che si appoggia a un pendio naturale. Questa forma garantisce un’ottima visibilità e acustica da tutte le posizioni.


la skené (scena) (3) un edificio dove gli attori si cambiano e che costituisce uno sfondo fisso per lo spettacolo.


Nel corso del tempo il ruolo del coro diminuisce, perciò nel teatro ha sempre più importanza una pedana rialzata dove si esibiscono gli attori.

Questa pedana, posta davanti alla scena, si chiama proskénion (da pro, davanti, e skené, scena).

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il tardo classicismo

La Guerra del Peloponneso (431-404 a.C.) si conclude con la vittoria di Sparta e la sconfitta di Atene. Il venir meno del ruolo guida di Atene come punto di riferimento per tutto il mondo greco, coincide con un periodo di profonda crisi che si riflette anche nell’arte e nella cultura. Il Tardo Classicismo corrisponde, infatti, al passaggio dalle certezze dell’arte classica a un nuovo gusto estetico, più attento alla realtà e all’espressività.
PRASSITELE, MAESTRO DI GRAZIA

Le statue, sia in bronzo che in marmo, dello scultore ateniese Prassitele (375-330 a.C.) sono rappresentative di questo periodo. Prassitele si distingue per la raffigurazione di corpi sinuosi, cioè costruiti su una linea curva detta serpentina. Per questo lo scultore predilige il marmo e la raffigurazione di figure adolescenti e femminili.


Le divinità di Prassitele non sono distaccate e maestose, ma umanizzate, spesso rappresentate in atteggiamenti rilassati.
Ciò comporta lo spostamento dell’equilibrio del corpo, per cui la figura tende ad appoggiarsi di lato. Per questo lo scultore inserisce spesso dei sostegni laterali, come nella statua di Afrodite Cnidia, dove le vesti e il vaso fanno da sostegno. La dèa è raffigurata mentre depone le vesti per bagnarsi, in un gesto molto umano.
Il corpo è ruotato leggermente in avanti e verso sinistra; la mano destra copre l’inguine (è la prima volta che una dèa è mostrata completamente nuda). La figura acquista così una flessuosità nuova.

SKOPAS, maestro del pathos

Contemporaneo di Prassitele, Skopas fu definito maestro del pathos, cioè dell’intensità dei sentimenti e delle passioni.
Di tutta la sua produzione sono rimasti in originale solo i frammenti dei frontoni del Tempio di Atena a Tegea, di cui fu anche architetto. Fra i soggetti che riproduce, Skopas preferisce le narrazioni mitiche locali, che gli permettono di rappresentare eroi più vicini alla natura umana.


La piccola statua della Menade (seguace del culto del dio Dioniso) è una copia romana che rappresenta bene le innovazioni di Skopas.

Anche se della Menade sono rimaste solo la testa e il tronco, il corpo è sinuoso e la statua trasmette il coinvolgimento dalla donna nella danza rituale attraverso la torsione del tronco, la testa rovesciata all’indietro, lo sguardo rivolto verso l’alto, la capigliatura e le vesti scompigliate.

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LEOCHARES, IL SENSO DEL DIVINO

Lo scultore ateniese Leochares è attivo negli ultimi anni del IV secolo a.C. è celebre per aver saputo dare alle sue opere il senso del divino ed è ricordato per aver realizzato molte statue del dio Apollo.
A lui viene attribuita anche la statua dell’Apollo del Belvedere. In quest’opera il dio indossa la faretra e un mantello fermato sulla spalla. Probabilmente è raffigurato nell’attimo seguente il lancio di una freccia, mentre nella mano sinistra forse impugnava un arco.
Il peso è tutto sulla gamba destra, il piede sinistro tocca terra solo con la punta. Il corpo ha forme allungate e superfici che emanano una grande luminosità. La testa è girata a sinistra.

IL MAUSOLEO DI ALICARNASSO

Nel 377 a.C. il governatore Mausolo decide di farsi costruire un monumento funebre (poi andato distrutto). Per quest’opera colossale chiama i più grandi artisti dell’epoca fra cui Leochares e Skopas.

Da allora i monumenti funebri dei potenti sono chiamati mausolei.

LISIPPO, le nuove proporzioni

Nel IV secolo a.C. l’opera di Lisippo contribuisce alla definizione di un nuovo stile scultoreo, che si caratterizza per nuovi equilibri e per una nuova attenzione alla psicologia del soggetto.


La predilezione di questo autore per il bronzo e per la raffigurazione di figure maschili di atleti richiama Policleto.
Ma Lisippo rinnova il Canone, teorizzando nuove proporzioni e includendo l’osservazione del reale e l’interesse per il ritratto.

L’Apoxyómenos e il Canone di Lisippo

L’Apoxyómenos (atleta “che si deterge”) è l’opera più famosa di Lisippo, in cui concretizza il suo Canone.


Lisippo non vuole rappresentare un modello ideale, ma intende raffigurare l’essere umano nella sua individualità, colto in gesti reali. Le sue figure sono più slanciate, hanno le gambe, il torso e le braccia molto più lunghe, mentre la testa è più piccola.


Anche la simmetria del movimento è rotta per sperimentare movimenti più naturali. In questa statua la figura è sbilanciata in avanti, le braccia sono tese e invadono lo spazio. Per la prima volta, quindi, non c’è la piena visione del busto. Ciò indica che l’artista era interessato più al movimento che alla costruzione del corpo.


Il volto è lavorato in modo da rendere al massimo l’espressione: gli occhi, il naso e la bocca sono piccoli e ravvicinati; le ciocche dei capelli sono un po’ scomposte; la fronte è lievemente corrugata per rendere lo sforzo appena compiuto.

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Nell’ultima fase dell’Età Classica si sviluppa il gusto per la ritrattistica, soprattutto di personaggi illustri.


Lisippo fu apprezzato anche in questo settore e inaugurò un’altra tipologia di ritrattistica: le statue dei filosofi.
Il Ritratto di Socrate (di cui abbiamo solo copie romane) mostra attenzione per la resa fisionomica e psicologica: la barba folta e le rughe testimoniano l’età del filosofo, mentre l’espressione tesa esprime concentrazione.

la pittura nel mondo greco

La pittura greca in Età Classica ha un grandissimo sviluppo.

Purtroppo però tutte le opere pittoriche di questo periodo sono andate perse.

Le informazioni che abbiamo sulla pittura classica vengono dai testi letterari antichi, dalla ceramica greca, dai mosaici e dagli affreschi romani che si ispiravano alla pittura greca.


L’unico esempio di pittura greca di Età Classica finora conosciuto è quello presente nella Tomba del tuffatore. Questo affresco si trova su una lastra di copertura di una tomba a cassa, ritrovata nel 1968 a Paestum.

POLIGNOTO E LA PROSPETTIVA

Polignoto è un pittore attivo nella prima metà del V secolo a.C. È famoso per la realizzazione di grandi composizioni parietali in cui spesso rappresenta soggetti storici e mitologici.


Dalle fonti sappiamo che Polignoto per primo affronta il problema della profondità spaziale, disponendo le figure su più livelli.

Un’eco di queste innovazioni si trova nella decorazione del Cratere dei Niobidi, in cui i personaggi aumentano di numero e sono disposti su più piani per rendere il senso della prospettiva.

LE ALTRE INNOVAZIONI

Le fonti scritte raccontano di altre innovazioni che caratterizzano la pittura dell’Età Classica:

  • l’utilizzo del ▶ chiaroscuro, soprattutto in Apollodoro: l’uso delle ombre dà risalto e profondità alle immagini; 
  • l’idealizzazione della bellezza umana, in particolare nell’opera di Zeusi
  • l’imitazione della realtà (mímesis), nelle opere di Parrasio.

Storia dell'arte - I saperi fondamentali - volume 1
Storia dell'arte - I saperi fondamentali - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico