Contesti d’arte - volume 3

Il naufragio della Speranza

Nel 1820 il collezionista tedesco Johann Gottlob von Quandt affida la realizzazione di due paesaggi a due differenti artisti: commissiona a Johann Martin von Rohden (Kassel 1778-Roma 1868) l’incarico di dipingere gli assolati paesaggi del Sud, a Friedrich il freddo Nord. Nel 1821 quest’ultimo è ancora in attesa dell’ispirazione che viene «di tanto in tanto in un sogno». Nel frattempo però realizza numerosi studi dei banchi di ghiaccio che si formano sul fiume Elba, nei pressi di Dresda. Una volta ingrandite, queste stesse lastre ghiacciate saranno l’elemento più spettacolare del Naufragio della Speranza (35).

Il pubblico del tempo riconosce immediatamente nel dipinto il rimando al naufragio della nave HMS Griper – ipotesi confermata dall’iscrizione sul relitto – che l’ammiraglio inglese William Edward Parry aveva guidato alla scoperta del Polo Nord, tra il 1819 e il 1820.
Il dipinto mostra effettivamente un mare di ghiaccio nel quale, solo in un secondo momento, si scorge il relitto di una nave incagliata fra i lastroni: se ne riconosce la poppa, l’albero inclinato nella stessa direzione delle lastre di ghiaccio e un brandello di vela. I ghiacci sono resi con grande virtuosismo pittorico, frutto dello studio dal vero. Il dipinto è costruito secondo un preciso ed estenuante incrocio di diagonali che si sovrappongono sino a formare una piramide, allo stesso modo di un altro celebre naufragio, quello della Medusa di Géricault. A differenza del pittore francese, Friedrich non è interessato alla narrazione del fatto drammatico; non vi sono personaggi che lottano per la sopravvivenza: qui, ormai, la morte incombe su tutto. 

Il tema della navigazione è ricorrente nella poetica romantica perché rappresenta l’ossessiva peregrinazione dell’uomo verso l’ignoto, consapevole di correre un terribile pericolo ma al tempo stesso inevitabilmente attratto dalla sfida con la natura. Il naufragio dunque diviene la metafora stessa della fragilità umana che si trova in balia degli elementi. Friedrich immagina i giorni successivi alla tragedia sulla quale è calato un silenzio di ghiaccio. L’evidente somiglianza dei banchi di ghiaccio a pietre tombali trasforma il mare in una sorta d’immenso cimitero per i naufraghi scomparsi. Tutto è sospeso, come sospeso è il succedersi delle stagioni al Polo Nord; il paesaggio, immutato e immutabile, rende tangibile il concetto di eternità e di Dio stesso. E la nave, imprigionata tra quei ghiacci, al pari della vita, non può sfuggire all’eternità della morte e al mistero divino. Friedrich lancia un monito: ogni tentativo umano di penetrare il mistero del divino è destinato a fallire.

CONFRONTI E INFLUENZE

Il dipinto di Friedrich, che non poteva essere compreso a pieno negli anni Venti dell’Ottocento, oltre a divenire una delle icone del Romanticismo, segnerà l’elaborazione del linguaggio surrealista di Max Ernst: un dipinto come Totem e tabù, al di là dell’evidente ripresa di forme geometriche quadrangolari, ha un impianto compositivo netto e il paesaggio è avvolto da un silenzio immobile.

GUIDA ALLO STUDIO
Il paesaggio romantico
  • Sviluppo e diffusione del genere del paesaggio quale soggetto autonomo
  • Rappresentazione delle manifestazioni più estreme della natura e di rovine, resti e luoghi abbandonati

Caspar David Friedrich

  • Massimo esponente del paesaggismo tedesco
  • Attento studio dell’Antico e dei paesaggi
  • Soggetti dal forte impatto malinconico
  • Rara presenza di figure umane nei paesaggi
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La Scuola di Posillipo: il vedutismo romantico italiano

Attorno agli anni Venti dell’Ottocento, a Napoli, un gruppo di artisti sviluppa una pittura unicamente di paesaggio che ha per soggetto il golfo e i dintorni della città partenopea e che prende infatti il nome di Scuola di Posillipo. Il termine è coniato, con intento dispregiativo, dagli artisti incardinati nell’Accademia napoletana, i quali deprecavano la produzione di paesaggio destinata a soddisfare la richiesta dei turisti a caccia di souvenir. Posillipo quindi, tappa immancabile dell’itinerario partenopeo, diviene sinonimo di una pittura “facile” destinata al mercato dell’arte. Anche se in verità i dipinti della Scuola di Posillipo erano destinati a un pubblico poco esigente, il loro modo di rappresentare la veduta – fresca, vivida e immediata – fu una rivoluzione nella maniera d’intendere la pittura di paesaggio.
Fattore scatenante nello sviluppo della Scuola di Posillipo fu la presenza in città di Anton Sminck van Pitloo (Arnhem 1790-Napoli 1837), un vedutista olandese che nel 1816 ottenne la cattedra di paesaggio all’Accademia di Napoli: egli aprì il proprio atelier agli artisti più giovani e invitò gli allievi a dipingere all’aria aperta (36)

La Scuola vera e propria nacque attorno al 1820 e tra il 1825 e il 1835 vi aderirono anche numerosi artisti campani come Achille Vianelli (Porto Maurizio 1803-Benevento 1894), Gabriele Smargiassi (Vasto 1798-Napoli 1882), Teodoro Duclère (Napoli 1816- 1867) e, il più celebre, Giacinto Gigante (Napoli 1806-1876). Sulla spinta di Van Pitloo gli artisti di Posillipo misero a punto una pittura che doveva rendere con immediatezza la bellezza e anche l’impetuosità del paesaggio. Soprattutto tra gli anni Venti e i Trenta i pittori aderenti alla Scuola svilupparono l’elemento del pittoresco, capace di riflettere umori romantici. In realtà, la rapidità di produzione di questi dipinti – per lo più di piccole e medie dimensioni proprio per la facilità del trasporto – permise un’ampia ricerca sul tema del paesaggio, nonché un più rapido aggiornamento alle novità europee, al di là di ogni convenzione accademica.

Amalfi con mare in tempesta

La Scuola di Posillipo poteva dunque dialogare con maggiore scioltezza con gli esiti pittorici di William Turner ( p. 86), che dimorò in città tra il 1819 e il 1828, o di altri artisti stranieri che soggiornarono a Napoli, attirati dalla magnifica luce napoletana. Per dipingere Amalfi con mare in tempesta (37), Gigante siede in cima alla scogliera cercando di catturare ogni possibile effetto luministico del paesaggio durante un temporale: si vedono le nuvole cariche di pioggia all’orizzonte, il golfo ancora riscaldato dai raggi solari e un’imbarcazione a vela che velocemente cerca di riparare in porto. Gigante recupera la tecnica compositiva dei grandi vedutisti settecenteschi: crea, cioè, una piccola zona d’ombra in primo piano che fa da cornice, permettendo all’osservatore di muovere lo sguardo scivolando dolcemente verso la luce e soffermandosi di nuovo sul blu dello sfondo. Rispetto ai terribili e sublimi paesaggi del Nord, la natura proposta da Gigante dispiega le sue forze, ma non valica la dimensione della spettacolarità, distante da drammi interiori o profondi simbolismi.

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Constable: la resa atmosferica del paesaggio

Al Salon del 1824, da sempre ritenuto il momento del confronto tra il Romanticismo di Delacroix e il Classicismo di Ingres, il pittore inglese John Constable (East Bergholt 1776-Londra 1837) presenta alcuni dipinti che avranno un peso fondamentale sulla formazione della scuola di paesaggio francese, in particolare della successiva Scuola di Barbizon (1830-1870).
Figlio di un facoltoso mercante di grano, Constable si avvicina alla pittura in maniera spontanea e autodidatta guardando alla tradizione della pittura di paesaggio seicentesca, in particolare quella di Claude Lorrain (Chamagne 1600-Roma 1682). Si perfeziona poi nello studio di John Thomas Smith (Londra 1766-1833), colto pittore e collezionista di antichità, che però gli consiglia di restare in affari col padre. Nel 1799 finalmente Constable riesce a imporre la sua iscrizione alla Royal Academy, dove espone i primi dipinti a partire dal 1802. La sua pittura, libera da schemi convenzionali, ottiene riconoscimenti prima in Francia che in patria. Il paesaggio è pressoché l’unico soggetto della pittura di Constable, in particolare quello del natio Suffolk, fatto di ampie pianure, alberi frondosi, aria carica d’umidità, riflessi dei corsi d’acqua, cieli immensi e qualche rara incursione di vita contadina.

Flatford Mill

D’abitudine Constable realizza i dipinti in atelier, ma dopo aver realizzato alcuni bozzetti all’aria aperta: studi in cui appunta indicazioni sulla luce e sugli effetti atmosferici nei diversi momenti della giornata. Flatford Mill (38), capolavoro del paesaggismo romantico inglese, fa eccezione rispetto all’abituale procedimento di Constable. Nonostante le sue grandi dimensioni, il dipinto è stato realizzato per buona parte all’aria aperta; in seguito, nello studio, l’artista ha aggiunto la figura del ragazzo, del cavallo e della struttura in legno in primo piano. La scena si svolge sul fiume Stour, nei pressi del villaggio di Flatford appunto, dove un cavallo da tiro sta trainando un’imbarcazione. Il dipinto viene esposto la prima volta alla mostra della Royal Academy del 1817 col titolo Scene on a Navigable River (Scena su un fiume navigabile) e poi ripresentato l’anno successivo con l’attuale titolo, dopo aver completamente ridipinto il cielo e reso più frondose le cime degli alberi. L’infaticabile osservazione dal vero nel tentativo di restituire l’elemento atmosferico del paesaggio fa di Constable uno dei punti di riferimento per i paesaggisti francesi che, già a partire dalla metà degli anni Venti, si danno appuntamento durante l’estate, per dipingere all’aperto nella regione di Sèvres e di Saint-Cloud, della Manica e nella foresta di Fontainebleau.

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Turner: la dissoluzione della visione della natura

Se Constable non ebbe grandi riconoscimenti in vita, tanto da essere ammesso tra i membri della Royal Academy solo cinquantaduenne, William Turner (Londra 1775-Chelsea 1851) incanta i suoi contemporanei con la qualità spettacolare dei suoi dipinti. Dopo una seria formazione accademica, egli rivolge la sua attenzione al paesaggio con una particolare inclinazione verso le condizioni atmosferiche come temporali, tempeste, nebbie, rese con una pittura sfumata, capace di vibrare come la luce nei suoi mille riflessi. Turner è anche un abile acquarellista, tecnica che gli permette di cogliere con immediatezza i mutamenti del paesaggio e che può esercitare anche in viaggio: nel 1819 intraprende il primo di una lunga serie di viaggi in Italia, passando per Venezia, Roma e Napoli e realizzando centinaia di vivide testimonianze grafiche. In particolare a Venezia, la presenza dell’acqua ispira a Turner una serie di acquerelli in cui abbandona la rappresentazione oggettiva del paesaggio che si scioglie in una pura variazione di colore.

Il Tamigi sotto il ponte di Waterloo

Le vedute di Turner sono slegate dal soggetto, sono sfumature di luce: per questo gli storici dell’arte lo considerano un fondamentale anello di passaggio verso l’Impressionismo. Il Tamigi sotto il ponte di Waterloo (39) è un dipinto che, nonostante i numerosi disegni preparatori, Turner lascia non finito. La materia pittorica non è più imbrigliata dal disegno e a malapena si possono distinguere gli elementi del paesaggio; tuttavia riesce a emozionare profondamente. La tela, cominciata negli anni Trenta, è forse nelle intenzioni di Turner la risposta a una veduta di soggetto similare, L’apertura del Waterloo Bridge che Constable espose alla Royal Accademy nel 1832.

Negrieri buttano in mare morti e moribondi – Tifone in arrivo

Al pari dei romantici francesi, in quest’opera (40) Turner si interessa a un fatto di storia accaduto pochi anni prima: nel 1781 una nave inglese aveva gettato in mare alcuni schiavi malati per poter riscuotere l’assicurazione sulla loro vita. Nonostante la premessa cronachistica del soggetto, Turner confonde la scena in una terribile mareggiata in cui navi, naufraghi e onde si mescolano e i contorni si dissolvono nella luce. La drammaticità dell’evento si manifesta per via indiretta, attraverso l’assenza di una prospettiva canonica e la scelta di limitare la gamma cromatica alle tinte infuocate. Esposto alla mostra della Royal Academy nel 1840, il dipinto è accolto dal critico inglese John Ruskin come «il mare più nobile mai dipinto». L’incresparsi delle onde e l’arrivo del tifone sono il vero soggetto del dipinto e il sottotitolo, così enfatico e descrittivo, rivela piuttosto la posizione politica di Turner, contrario al commercio degli schiavi. Approfondendo l’interpretazione, l’antico veliero che soccombe alla furia della tempesta e il sole calante sono simboli della fine di un’epoca e dell’avanzare della modernità. Le vecchie imbarcazioni a vela saranno infatti presto sostituite da navi a vapore, che diverranno poi un soggetto ricorrente nella pittura di Turner.

GUIDA ALLO STUDIO
Il paesaggio romantico

John Constable

  • Pittore e paesaggista inglese
  • Rappresentazione della campagna inglese
  • Accurato studio della luce e dei fenomeni atmosferici
  • Attenta osservazione del vero

William Turner

  • Pittore londinese di formazione accademica
  • Raffigurazione di condizioni atmosferiche estreme
  • Uso della tecnica ad acquerello
  • Assenza della prospettiva
  • Scelta accurata delle sfumature cromatiche

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi