ANALISI D'OPERA - Francisco Goya, Il sonno della ragione genera mostri

Analisi D'opera

Francisco Goya

Il sonno della ragione genera mostri

  • 1797
  • acquaforte e acquatinta, 21,5x15 cm
  • New York, Metropolitan Museum of Art

Nel febbraio del 1799 Goya pubblica una raccolta di incisioni dal titolo Caprichos (Capricci) di cui Il sonno della ragione genera mostri costituisce il frontespizio; nelle ottanta scene grottesche, popolate da esseri mostruosi e animali che interagiscono con uomini e donne deformi, talvolta ridotti a scheletri, il pittore denuncia con lugubre e feroce sarcasmo i peggiori vizi dell’umanità: invidia, avarizia, accidia, ignoranza, superstizione, gola, lussuria. Sebbene l’uscita dei Capricci fosse stata accompagnata da un articolo pubblicato sul giornale Diario de Madrid, nel quale Goya avvertiva come nessuna delle sue incisioni alludesse a persone realmente esistenti (cosa per altro non vera dal momento che vi si riconoscono illustri personalità del mondo politico e della corte), il tribunale dell’Inquisizione fece immediatamente ritirare l’opera dal commercio.

Descrizione

Negli anni che precedono le crudeltà dell’occupazione napoleonica, Goya nutre grande speranza negli ideali rivoluzionari, libertari e riformistici ed è apertamente filofrancese. Il sonno della ragione genera mostri è infatti un vero e proprio manifesto nel quale il pittore dichiara la sua fiducia nella razionalità come antidoto alle false credenze e alla superstizione, cause di sofferenza e asservimento. È importante notare come il sostegno di questi ideali di natura sostanzialmente illuminista non passi attraverso l’adozione di uno stile classico: i Capricci segnano infatti il passaggio della pittura di Goya da un linguaggio evidentemente ancora legato ai modi rococò a uno stile decisamente simbolico e allucinato, cioè romantico. In questa tavola emerge come l’unità spazio-temporale, tipica della pittura d’orientamento neoclassico, sia superata dall’irrompere nella scena di esseri mostruosi, quasi fossero personaggi effettivamente esistenti, che sono l’incarnazione diretta degli incubi generati dall’irrazionalità e dalla suggestione.

Forma, funzioni e idee

Quanto scritto da Goya nell’articolo pubblicato sul Diario de Madrid è utile anche per comprendere la concezione profonda che muove la sua arte. «Se l’imitazione della natura [ci dice Goya] è già abbastanza difficile e ammirevole quando riesce, guadagnerà certo un po’ di stima anche colui che, allontanandosi del tutto da essa, fu costretto ad esibire forme che fino a quel momento esistevano solo nello spirito umano». Ecco dunque esplicitata la volontà tipicamente romantica di penetrare direttamente l’oscurità della psiche umana. Naturalmente non è pensabile che un artista possa fare totalmente a meno dell’osservazione del vero e dell’insegnamento di altri maestri: un modello fondamentale per questa e per molte altre tavole della raccolta è infatti la pittura di Caravaggio, che Goya ha potuto osservare durante il suo soggiorno romano nel 1769. Non è dunque l’Antico che ha colpito Goya in quell’occasione, ma la crudezza e la drammaticità spesso riscontrabili nelle opere caravaggesche, come anche la teatrale messa in scena, che mira a concentrare la tensione: il personaggio in primo piano spicca, colpito da un intenso chiarore, da un fondale di tenebra. La luce non rappresenta più l’intervento divino, ma simboleggia la ragione (i “lumi” appunto) che l’uomo “assopito” non riesce a opporre ai mostri generati dal proprio inconscio.

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi