Gioco e ironia oltre la funzione
Nel corso degli anni Sessanta una nuova generazione di architetti e designer italiani, che opera per lo più in gruppi di lavoro e intesse una fitta rete di rapporti internazionali, sviluppa una decisa revisione
delle convenzioni razionaliste e funzionaliste. Combinando coscienza politica e vocazione avanguardista, tali progettisti si confrontano con vari media e immaginano il futuro attraverso provocazioni ironiche, prefigurazioni utopiche o vere e proprie contestazioni. Si tratta di una pulsione che supera la modernità svelando i limiti e le contraddizioni della produzione in serie e demistificando il progetto; è una proiezione estrema, irrefrenabile e totalizzante, e per questo viene definita “radicale”. Meditando innanzitutto sulle origini dell’individuo essa critica l’ideologia del consumo e si esprime attraverso colori vivaci, raffigurazioni pop e metafore visive di notevole impatto.
Nascono così oggetti trasgressivi che irrompono nella vita quotidiana non per soddisfare le esigenze di un consumatore ideale, o per manifestare l’adesione a uno stile, ma per esprimere una volontà di adattamento a una società complessa. Il design si fa giocoso
e iconoclastico e supera la sola logica dei bisogni dell’utente per praticare una nuova cultura delle immagini, finalizzata a soddisfare desideri, ad attivare suggestioni e a comunicare concetti.
Ciò è evidente per esempio in arredi come la Lampada Passiflora
(60) e la Seduta Pratone (61). Nel primo caso, un materiale plastico traslucido è impiegato per realizzare una nuvoletta fumettistica che potrebbe aver preso corpo da un dettaglio di un quadro di Lichtenstein. Nel caso del Pratone la schiuma di poliuretano materializza un frammento di tappeto erboso soffice e gigante, assimilabile a una scultura di Claes Oldenburg.