Oltre la Metafisica: Savinio, Morandi e De Pisis

8.2 Oltre la Metafisica: Savinio, Morandi e De Pisis

Nella definizione della Metafisica come gruppo, oltre al sodalizio fra De Chirico e Carrà, dobbiamo ricordare le ricerche di Savinio, Morandi e De Pisis, che attraversano e oltrepassano questa corrente, seguendo indagini stilistiche del tutto personali che li rendono di fatto artisti isolati.

Alberto Savinio

Alberto Savinio (Atene 1891-Roma 1952), fratello di De Chirico, è un artista versatile la cui ricerca non è orientata esclusivamente alla pittura, ma anche alla letteratura e alla musica. Nel 1914, per esempio, tiene un concerto a Parigi, nella sede della rivista “Les Soirées de Paris”, in cui presenta le sue sperimentazioni di musique métaphysique, che restituiscono in musica il senso dello spaesamento della pittura dechirichiana, in una commistione di suoni e dissonanze. Il concerto è molto apprezzato e proprio in occasione di quella serata egli cambia il suo cognome in Savinio per non essere confuso, nell’ambiente parigino, con il fratello.
Le sue opere, sempre dense di riferimenti culturali, rappresentano visioni oniriche, in bilico tra ironia e tragedia.

L’isola dei giocattoli

Dal 1917 al 1930, Savinio realizza numerosi dipinti in cui il soggetto principale sono i giocattoli, disposti in uno scenario naturale, spesso giustapposti allo sfondo in maniera evocativa e surreale attraverso la scelta di colore e monocromia. Ne è un esempio L’isola dei giocattoli (10), in cui questi ultimi, che simboleggiano non solamente l’infanzia dell’uomo ma anche quella dell’universo, sono accatastati in composizioni coloratissime che galleggiano come un’isola nel mare, avvolti in un’atmosfera tenebrosa e inquietante, sempre a ricordare quel periodo creativo, ma allo stesso tempo un po’ misterioso e irrazionale, della storia dell’uomo che è l’infanzia.

Annunciazione

Partendo da premesse metafisiche, l’opera di Savinio approda a una dimensione molto vicina al Surrealismo ( p. 353), come dimostra una serie di dipinti che raffigurano esseri con il corpo umano e la testa di uccelli che l’artista dipinge a partire dagli anni Trenta del Novecento. Annunciazione (11), in cui Savinio rilegge un episodio chiave dell’iconografia mariana, mostra con chiarezza questo percorso. Vi è rappresentata una stanza dallo spazio ristretto, delimitato in basso da un pavimento costituito da assi sottili e affiancate che si ritrovano in numerosi quadri metafisici. La grande finestra irregolare, che occupa l’unica parete visibile, inquadra il volto di un uomo gigantesco dai capelli azzurrognoli e gli occhi gialli, i cui tratti ricordano quelli delle statue classiche: si tratta dell’arcangelo Gabriele, messaggero di Dio. Egli fissa intensamente la figura femminile con la testa di  pellicano (uno dei simboli cristiani per eccellenza), umile e assorta, seduta accanto alla finestra: sembra che le comunichi l’annuncio divino con la sola forza dello sguardo. Le proporzioni completamente deformate, lo spazio angusto e la metamorfosi della donna contribuiscono a creare un’atmosfera onirica. Attraverso questi elementi, Savinio intende rappresentare il rapporto tra l’uomo e il sacro, che si presenta nella sua immensità alla finestra delle nostre limitate possibilità.

 › pagina 341 

LE FONTI

Savinio spiega il binomio uomo-animale, presente in molti dei suoi dipinti. «Uomini con teste bestiali. È la ricerca del carattere, di là dagli eufemismi della natura, di là dalle correzioni della civiltà, dagli abbellimenti dell’arte […] è un metafisico darwinismo, nel quale si cela forse anche la cristianissima intenzione […] di umanizzare il mostro».

Giorgio Morandi

Anche Giorgio Morandi (Bologna 1890-1964), dopo una breve fase futurista, attraversa – fra il 1918 e il 1919 – una propria stagione metafisica, la cui parabola può dirsi conclusa già nel 1920.

Natura morta con manichino

In questo periodo realizza alcune nature morte concepite come scatole prospettiche in cui lo spirito metafisico non si definisce tanto in un’atmosfera enigmatica, quanto in un’illogica rappresentazione degli oggetti sospesi nel vuoto e proiettanti ombre innaturali. Natura morta con manichino (12), per esempio, lungi dall’approdare all’enigma, si risolve nella non plausibilità della composizione. Come spiega il critico Francesco Arcangeli «il manichino di Morandi […] non è mai personaggio, […] non allude e non simboleggia, non vive […]. È la sua forma perfetta, il suo volume, il suo teso contorno su cui lo spazio aderisce immobile, la sua luce». I soggetti dei dipinti “metafisici” di Morandi, levigati e caratterizzati da grigi, marroni e rosa chiari, rivelano il suo tentativo di conferire all’immagine l’immaterialità del pensiero.

Fiori

In un dipinto come Fiori (13) si evidenzia invece la svolta di Morandi oltre la Metafisica. L’artista ricerca in questa composizione un’armonia compositiva e una perfezione formale: guarda al mestiere e alla tradizione in una direzione che fa affiorare il suo amore per la pittura di Chardin e Corot. Basandosi su una seducente variazione cromatica tonale, Morandi colloca su uno sfondo neutro un vaso bianco contenente boccioli di roselline che danno vita a una sorta di canone geometrico, dalle forme nitide e perfette.

 › pagina 342 

Natura morta

Da allora in avanti, Morandi indaga, attraverso l’oggetto, le ragioni più profonde della pittura. La natura morta è al centro della sua ricerca: ne realizza numerose versioni utilizzando oggetti quotidiani – bottiglie, tazze, ampolle, caraffe, fruttiere, vasi di fiori – disposti sul piano di posa e collocati in uno spazio astratto, privo di elementi descrittivi. La spazialità è costruita unicamente da un  colore tonale che si articola attorno a una gamma ristretta di toni. Non a caso il critico Cesare Brandi lo denomina “di posizione”.
Come si può vedere in Natura morta (14) del 1929, conservata a Brera, Morandi definisce la collocazione dell’oggetto nello spazio senza ricorrere alla prospettiva e al chiaroscuro, bensì attraverso il colore. Le esili pennellate bianche sulle bottiglie costituiscono, infatti, gli unici elementi che scandiscono i diversi piani su cui sono collocati degli oggetti. Essi diventano presenze silenziose, immerse in un’atmosfera rarefatta, in bilico fra pieno e vuoto, fra l’esserci e il nulla.

CONFRONTI E INFLUENZE

La pittura di Morandi può essere accostata a quella di Jean-Baptiste-Siméon Chardin (1699-1779), famoso per le sue nature morte e per le scene tratte dal quotidiano (come gli interni domestici). Morandi sembra riprendere l’intonazione di quei quadri semplici e al tempo stesso estremamente raffinati grazie al sottile accordo cromatico.
Si tratta di una fonte insolita – Chardin non costituiva a quel tempo un nome di “richiamo” – che Morandi scopre negli anni Venti e da cui riprende l’attenzione per la resa degli oggetti attraverso la variazione delle tonalità di uno stesso colore. Esattamente come le nature morte di Chardin, gli oggetti di Morandi trascendono la loro dimensione d’uso, ossia smettono di essere tegami, bottiglie e vasi, per porsi all’attenzione dell’osservatore come qualcosa di diverso in un’atmosfera indefinita (aspetto che può essere ricollegato, per il pittore italiano, alla sensibilità metafisica, non completamente abbandonata).

 › pagina 343 

Filippo de Pisis

Filippo de Pisis (Ferrara 1896-Milano 1956) rimane profondamente colpito dall’incontro con l’opera di De Chirico. Il primo impatto con la Metafisica, tuttavia, si concretizza prima nella sua ricerca letteraria, riverberandosi in pittura solo in un secondo momento e in una maniera del tutto personale. Stabilitosi a Parigi, dove soggiorna dal 1925 al 1939, egli realizza una serie di nature morte metafisiche, in cui le algide atmosfere mentali dechirichiane si sciolgono in una rappresentazione sensuale e carnale delle cose.

La grande conchiglia

Ne è un esempio perfetto La grande conchiglia (15), basata su un modo di costruire la rappresentazione tipico di De Pisis, in cui gli oggetti giganteggiano in primo piano su sfondi paesaggistici sconfinati, senza che vi sia una relazione plausibile tra primo piano e sfondo.
In questo caso una conchiglia dai colori variopinti si erge maestosa davanti a un’architettura dipinta di rosa, generando uno spaesamento fantastico dell’oggetto, che assume le stesse dimensioni della costruzione. In primo piano è collocato un frutto verde; accanto alla conchiglia, che proietta una netta ombra innaturale sul terreno, è disposta una sorta di alga, anch’essa dalle dimensioni spropositate. Al fondo, un’esile silhouette nera si muove su una sconfinata spiaggia sabbiosa assolata, oltre la quale si intravede il mare color lavagna che si congiunge con il cielo all’orizzonte. L’atmosfera è contraddittoria: da una parte i colori conferiscono alla composizione una consistenza fisica diversa dalle cromie cerebrali di De Chirico, ma allo stesso tempo lo spaesamento spaziale evidenzia un’atmosfera che rimanda alla dimensione del sogno.

Rue des Volontaires

Negli anni del soggiorno parigino, De Pisis studia la pittura impressionista – soprattutto le opere di Monet, Sisley e Renoir –, ha occasione di conoscere e ammirare la ricerca di artisti a lui contemporanei, come Soutine ( p. 348) e inizia a elaborare un tocco rapido, intriso di luce, che percuote la tela, come si può vedere in Rue des Volontaires (16). In questi anni la pittura di De Pisis è pervasa da un intenso vitalismo e al contempo da una sottile malinconia determinata dal senso di fugacità dell’esistenza e dall’inesorabile scorrere del tempo. Questa dimensione di precarietà e di continuo divenire è restituita sulla tela attraverso una pennellata veloce, vibrante, “stenografica”, come la definisce il critico Cesare Brandi.
Successivamente, durante i viaggi a Londra e a Venezia, egli realizzerà paesaggi che nascono da un’immersione totale nell’atmosfera della città. De Pisis dipinge en plein air, collocando il proprio cavalletto di fronte al paesaggio che vuole raffigurare, per captare e restituire sulla tela i rumori, le sensazioni, le atmosfere della città.

Ne scaturiscono composizioni di intensa vibrazione atmosferica, in cui le forme sono sfaldate dal tocco rapido.

GUIDA ALLO STUDIO
Alberto Savinio
  • Artista versatile (dedito all’arte, alla letteratura e alla musica), fratello di Giorgio de Chirico
  • Rappresentazione in chiave ironica e tragica dei sogni e della dimensione dell’inconscio
  • Composizioni simboliche dai colori brillanti
Giorgio Morandi
  • Grande interesse per le nature morte
  • Assenza del chiaroscuro e della prospettiva
  • Composizioni armoniche con una limitata gamma cromatica
Filippo de Pisis
  • Autore di nature morte metafisiche
  • Assenza di relazione tra i piani prospettici
  • Pennellata veloce e vibrante e pittura en plein air su modello impressionista

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi