Apollo del Belvedere
- 330-320 a.C.
- marmo, h 224 cm
- copia romana da originale in bronzo
- Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio-Clementino
L’Apollo del Belvedere
Nella sua Storia dell’Arte dell’Antichità, Winckelmann celebra quest’opera in un’appassionata descrizione, ricca d’ammirazione e trasporto emotivo, dalla quale possiamo trarre un’idea precisa del suo approccio all’Antico (approccio che per altro abbiamo visto essere il più accreditato e influente presso i suoi contemporanei). Secondo lo studioso tedesco, la grandezza dell’opera sta nel fatto che essa è il frutto della più rigorosa applicazione del processo di idealizzazione, il quale da un lato rifugge la riproduzione veristica dei particolari («non vi è vena né nervo che agitino e turbino questo corpo»), dall’altro opera una sintesi di quanto di più perfetto si possa trovare in natura: nell’Apollo, dice Winckelmann, «sono armoniosamente fusi i singoli attributi di bellezza delle molte divinità».