CONFRONTI E INFLUENZE - L’Olympia di Manet e la Venere di Cabanel

CONFRONTI E INFLUENZE

Due interpretazioni del nudo femminile

Édouard Manet

Olympia

  • 1863
  • olio su tela, 130x190 cm
  • Parigi, Musée d’Orsay

L’Olympia di Manet 

L’opera venne realizzata poco dopo La colazione sull’erba e, contro ogni previsione, venne accolta dalla giuria del Salon del 1865. Il dipinto suscitò molto scalpore, tanto per la scelta del soggetto quanto per la tecnica pittorica che subito apparve “trascurata”. Victorine Meurent, la modella scelta da Manet, è distesa con disinvoltura su un letto disfatto e ci guarda senza timidezza o impaccio. La donna è descritta senza alcun intento idealizzante, le sue proporzioni e il suo volto ci sono restituiti in modo “onesto”, privi di correzioni o aggiustamenti tesi a ingentilirne la figura.
Tutto nel dipinto rimanda al mondo della prostituzione: la disinvoltura della donna, il suo nome (Olympia era piuttosto diffuso tra le ragazze di quell’ambiente), il letto disfatto e il particolare della domestica di colore che reca il dono di un ammiratore. Anche la posa – la mano poggiata sul pube – ha un riferimento preciso: rimanda ad alcune fotografie pornografiche che clandestinamente circolavano sul mercato parigino.

Alexandre Cabanel

La nascita di Venere

  • 1863
  • olio su tela, 130x225 cm
  • Parigi, Musée d’Orsay

La Venere di Cabanel 

Alexandre Cabanel ( p. 97) è stato un pittore celebrato e pluripremiato, che ha esercitato un ruolo di notevole rilievo tanto all’interno dell’Accademia, per l’insegnamento delle Belle Arti, quanto nella direzione dei Salon. La Nascita di Venere è una delle sue opere più famose, che riscosse un enorme successo presso il pubblico e la critica ufficiale (la tela venne immediatamente acquistata da Napoleone III per la sua collezione) quando fu presentata al Salon del 1863. In questo dipinto si riconosce il riferimento sia alla pittura di Ingrès sia a quella del XVIII secolo.
Il soggetto mitologico consente di affrontare il tema del nudo nobilitandolo attraverso il filtro dell’Antico, ovvero il richiamo alla cultura classica, che lo rende accettabile e rassicurante per il pubblico. La mitologia è in realtà solo un pretesto, la Venere di Cabanel è sensuale e languida, e la sua ambiguità e la sua carica erotica sono perfettamente colte dallo scrittore Émile Zola che dichiara: «La dea, annegata in un fiume di latte, ha l’aria di una deliziosa cortigiana, non in carne e ossa – sarebbe indecente – ma in una sorta di pasta di mandorle bianca e rosa».

Le ragioni del confronto

Il pubblico, come si è detto, apprezzò molto la tela di Cabanel e disapprovò il dipinto di Manet. Il soggetto, a ben guardare, è lo stesso: una donna nuda distesa. Tuttavia, la tranquilla ed evidente sicurezza con la quale la modella guarda lo spettatore apparve intollerabile, decisamente più provocatoria rispetto alla dea di Cabanel.
In realtà, c’è molta più malizia nella Venere che di nascosto ci guarda, sapendosi osservata nella sua posa languida, che non nella franca ed esibita nudità della donna di Manet.
Anche la pittura costituì una discriminante per il pubblico: la tecnica pittorica di Cabanel è impeccabile, una stesura ricca di estrema finezza, giocata sui toni chiari perfettamente in accordo tra loro; Manet con le sue sfocature, la stesura “approssimativa”, i contrasti tonali del bianco e del nero, insieme all’individuazione dei personaggi e alla dimensione concreta e attuale dell’episodio descritto mise a dura prova il pubblico del Salon.
Le parole di Zola ancora una volta ci aiutano a fare chiarezza: «Abbiamo da una parte successi di moda, successi di salotti e di combriccole; abbiamo artisti che si creano una piccola specialità, che sfruttano i gusti passeggeri del pubblico; abbiamo signori sognanti ed eleganti che, con la punta dei loro pennelli, dipingono immagini labili, che qualche goccia di pioggia basterebbe a cancellare. Da un’altra parte, al contrario, abbiamo un uomo che affronta direttamente la natura, che ha rimesso in discussione l’arte intera, che cerca di creare da sé e di non nascondere nulla della sua personalità [...]. Ho rivisto altresì l’Olympia, che ha il grave difetto di assomigliare a molte signorine che conoscete [...]. Se, almeno, Manet avesse preso in prestito da Cabanel il piumino da cipria, e se avesse un po’ imbellettato le guance e il seno di Olympia, la ragazza sarebbe stata presentabile [...]».
Oggi l’Olympia, insieme alla Colazione sull’erba, costituisce uno dei dipinti fondamentali della storia dell’arte, un’opera che ha segnato la nascita della pittura moderna.

Contesti d’arte - volume 3
Contesti d’arte - volume 3
Dal Neoclassicismo a oggi