Per l’alternanza scuola-lavoro

La professione del restauratore

Che cos’è il restauro?

Il restauro è una disciplina che studia le tecniche e i metodi di intervento per la conservazione o la riparazione di manufatti artistici e storici, non solo considerando il manufatto dal punto di vista estetico, ma anche riconoscendo e valorizzando la sua evoluzione storica. Per fare ciò è necessario effettuare una ricerca filologica sul bene culturale oggetto di restauro.

Cenni di storia del restauro

Antichità e Medioevo 

Il concetto di restauro, nella sua accezione contemporanea, nasce nel XVIII secolo. Tuttavia, sono giunte fino ai giorni nostri testimonianze scritte di interventi sulle opere d’arte effettuati nell’antichità, la maggior parte dei quali consistevano nel ripristino o nella sostituzione di parti danneggiate di statue o nelle integrazioni pittoriche di affreschi e tavole dipinte. Tutte queste modifiche erano spesso influenzate dall’estetica del periodo in cui venivano apportate.

Il Rinascimento 

A partire da questo periodo, caratterizzato dalla riscoperta delle arti antiche, iniziarono a farsi strada teorie di tutela dell’opera nella sua originalità, nonostante continuassero le pratiche “integrative” (soprattutto in campo scultoreo, dove le statue antiche subivano spesso aggiunte di parti mancanti) eseguite per rispondere a canoni estetici di chi commissionava il restauro e senza rispettare le forme originali dell’opera.

Il Seicento 

Questo secolo vide un incremento del mercato delle opere d’arte: i restauri furono spesso volti a rendere più “appetibile” l’opera per i compratori, che quindi veniva adattata all’ambiente in cui sarebbe stata esposta. In questo contesto, tuttavia, bisogna riconoscere l’importanza dell’operato di alcuni artisti, come Carlo Maratta: abile restauratore di intonaci, egli eseguì i suoi interventi rispettando principi che sarebbero diventati i cardini del restauro moderno, lasciando traccia scritta dalle operazioni da lui svolte, in modo da permettere di distinguere l’opera originale dal suo restauro.

Il Settecento 

È durante la seconda metà del Settecento che avviene il riconoscimento professionale della figura del restauratore, fino ad allora accomunata a quella del pittore. Fondamentale a questo proposito fu l’attività di Pietro Edwards come Direttore del restauro delle pubbliche pitture di Venezia. Ricoprendo questo ruolo, infatti, Edwards stese importanti relazioni sullo stato delle pitture e sulle procedure e i criteri da adottare nel restauro. Tra questi ultimi, vi era quello della reversibilità del restauro, che offriva la possibilità di rimuovere facilmente l’aggiunta all’opera originale. Il suo lavoro contribuì a definire il restauro come disciplina indipendente, anche grazie alla creazione di scuole specializzate nella formazione professionale dei restauratori.

L’Ottocento 

Fu un secolo caratterizzato dalla nascita di diverse scuole di pensiero riguardo le tecniche di restauro. All’interno di questo dibattito emersero le posizioni contrastanti di Eugène Viollet-le-Duc e John Ruskin. Il francese, architetto eclettico, fu sostenitore del “restauro di ripristino”, procedendo spesso al completamento delle parti mancanti di un’opera ricreandole “in stile” con l’originale. L’inglese Ruskin, invece, criticò fortemente queste procedure, che dal suo punto di vista non rispettavano lo spirito e l’integrità dell’opera, accusando chi le praticava. In questi anni furono pubblicati i primi manuali italiani di restauro di Ulisse Forni e di Giovanni Secco Suardo, in concomitanza con l’apertura del corso per restauratori all’interno degli Uffizi di Firenze. Con la fine del secolo, ormai, il restauro veniva ufficialmente riconosciuto come disciplina autonoma e rigorosa.

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La teoria moderna del restauro

Una questione filologica 

Il processo di trasformazione del restauro da procedura tecnica a disciplina vera e propria raggiunge il suo apice nel corso del Novecento. In questo periodo andò delineandosi un dibattito teoretico sulla metodologia del restauro che permise di individuare dei principi che prescindessero dalla tecnica utilizzata o dall’ambito di azione.
L’Italia fu uno dei centri più attivi; figure come Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi favorirono la fondazione a Roma nel 1939 dell’Istituto centrale del restauro. A Brandi, in particolare, si deve anche una revisione filosofica della teoria del restauro, secondo cui la funzione conservativa del restauro non deve esclusivamente essere subordinata all’esigenza estetica di ripristinare un’opera d’arte danneggiata, ma anche preservare la sua storicità, salvaguardando le qualità acquisite dall’oggetto nel corso della sua esistenza. Per poter fare ciò è necessario effettuare un’analisi “filologica” dell’opera, che permetta il riconoscimento e la distinzione della parte originaria dalle aggiunte successive, in modo tale da poter valorizzare la prima come le seconde. Questo tipo di analisi è volto a studiare il bene da restaurare non solo dal punto di vista artistico, ma anche materiale, per capire quali metodi e tecniche debbano essere utilizzati per permetterne la conservazione e garantirne, quindi, la migliore trasmissione nel futuro. La materia dell’opera d’arte diventa l’unico oggetto dell’azione di restauro, mentre vengono rifiutate tutte le tecniche simulanti l’azione dell’artista che l’ha creata.
Il restauro è inevitabilmente un’azione che modifica l’opera, e sarà quindi responsabilità del restauratore decidere in quale modo e in quale misura trasformarla al fine esclusivo di una sua migliore conservazione. Secondo questo nuovo approccio, inoltre, il restauro viene inteso come un continuo monitoraggio e manutenzione dell’oggetto d’arte (non più come intervento da effettuare solo in caso di riscontro di un danno), e ciò consente di preservarne ulteriormente l’integrità.

I principi del restauro moderno 

  • La riconoscibilità Pur volendo raggiungere una visione esteticamente armonica dell’opera, ogni intervento di restauro deve essere distinguibile, affinché sia consentita una corretta lettura e venga scongiurato il pericolo di assimilare le aggiunte con l’opera originale.
  • La reversibilità Ogni intervento di restauro deve poter essere rimosso senza danneggiare l’opera originale, per permettere eventuali sostituzioni in seguito alla scoperta di nuovi materiali più adatti. 
  • La compatibilità I materiali usati per gli interventi di restauro non devono recare danno fisico (chimico o meccanico) né estetico, ma devono essere compatibili con la materia di cui è formata l’opera d’arte. 
  • L’intervento minimo L’intervento di restauro comporta sempre dei rischi, in quanto sottopone a stress fisici l’opera d’arte e sono rari i materiali sufficientemente reversibili e inalterabili nel tempo. Per questo motivo, è fondamentale limitare gli interventi. 
  • Documentazione Vista la selezione che il restauratore è costretto a effettuare quando interviene sull’opera d’arte, è fondamentale produrre una buona documentazione che ne attesti lo stato prima, durante e dopo il restauro, elencando tutte le operazioni e i materiali usati durante il lavoro. In questo modo un restauratore fornisce le chiavi di lettura per decifrare il suo intervento e favorisce la reversibilità del suo restauro.
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La scienza e la tecnica del restauro

Interdisciplinarietà del restauro 

Il restauro è oggi una scienza interdisciplinare che coinvolge contemporaneamente il restauratore e lo scienziato. A partire dalla seconda metà del XX secolo, in particolare, l’interesse delle scienze nell’ambito del restauro e dei beni culturali è aumentato notevolmente.
Le scienze forniscono sistemi per analisi fisiche e chimiche che permettono lo studio dei materiali di un’opera d’arte e ne determinano, al contempo, anche lo stato di conservazione: dai risultati di questo tipo di analisi è possibile capire quale sia l’ambiente migliore in cui esporre le opere e in quali condizioni conservarle. Inoltre, la scienza mette a disposizione diversi sistemi di datazione applicabili alle opere d’arte e consente di creare nuovi materiali e ideare nuove tecniche per effettuare il restauro, basti pensare all’utilizzo di modelli e calchi prodotti da stampanti tridimensionali nel restauro delle decorazioni architettoniche.
È compito del restauratore sapere quali dati può ricavare dagli scienziati, in modo tale da scegliere l’analisi migliore cui sottoporre l’opera da restaurare.

Sistemi d’indagine 

Per valutare in quale modo operare su un’opera d’arte, il restauratore deve prima sottoporla a delle indagini, che possono essere svolte con oppure senza prelevamento di campioni. 

  • Sistemi di indagine senza prelevamento di campioni Questi procedimenti sono numerosi e si possono distinguere in radiazioni visibili (luce artificiale, luce monocromatica di sodio, microscopio) e lontane dalla nostra percezione visibile, dette remote sensing analysis (raggi ultravioletti, infrarossi, X, gamma, ultrasuoni). Permettono di ricavare informazioni su opere bidimensionali e tridimensionali in modo non invasivo, come evidenziare sollevamenti della pellicola pittorica, difetti della tela o del supporto, ritocchi o scritte nascoste da vernici che si sono scurite; ricavare informazioni sulla tecnica pittorica (utilizzo della spatola, entità delle pennellate…); stabilire l’autenticità di un’opera; in contesto urbano, rivelare eventuali strutture architettoniche sottostanti a quelle visibili. Questi sistemi sono anche fondamentali per la tutela dell’opera, in quanto rendono possibili operazioni di controllo dell’attività di pulitura, di rilevamento del microclima di un ambiente (fondamentale per la conservazione degli affreschi) o di eventuali differenze termiche che possono causare il degrado dei dipinti mobili. 
  • Sistemi di indagine con prelevamento di campioni Il prelevamento di una porzione di campione infinitesimale da un’opera d’arte, che non deve anzitutto causarle alcun danno, permette di visualizzare in modo preciso i vari strati che costituiscono l’oggetto del restauro e di ricavare informazioni sui materiali utilizzati dall’artista. I metodi più utilizzati sono le analisi chimiche e fisiche e la stratigrafia.

Il restauro dei dipinti su tela 

Il campo di intervento del restauro comprende tutti gli oggetti materiali che hanno interesse artistico e storico: edifici, decorazioni scultoree, dipinti, gioielli, pergamene, libri, pellicole di film, fotografie… ognuno dei quali prevede tecniche e procedure specifiche d’intervento. Analizzarle tutte richiederebbe tempo e spazio notevoli, quindi si è scelto di procedere in questa sede con una breve presentazione delle tecniche specifiche del restauro dei dipinti su tela. Per comprendere il lavoro svolto da un restauratore su un dipinto, bisogna tenere presente che non esiste un modo univoco di operare, poiché ogni scelta deve essere fatta in base alle caratteristiche specifiche dell’oggetto da restaurare. Inoltre, una condizione indispensabile per poter effettuare il restauro è la conoscenza delle tecniche e delle materie utilizzate per produrre materialmente l’opera d’arte: dalla composizione chimica dei colori (a olio, ad acqua, naturali o sintetici...) alle caratteristiche della tela (tipo di fibra, struttura di trama e ordito) passando per le tecniche di preparazione e di verniciatura, ovvero la stesura sulla tela dello strato precedente alla pittura, che modifica le proprietà assorbenti della tela, e dello strato trasparente (oli, resine, cere diluenti) che copre e protegge la pellicola pittorica una volta terminato il dipinto.

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Scheda di restauro 

Prima di iniziare i suoi interventi, il restauratore redige una scheda in cui indica le informazioni riguardanti il dipinto, così suddivise: 

  • dati identificativi: oggetto, tecnica, luogo di collocazione, soggetto, epoca, autore, descrizione, fotografie allegate; 
  • stato di conservazione: analisi del telaio, analisi della tela; 
  • incidenza di restauri precedenti: applicazione di toppe, interventi di rintelaiatura, di trasporto su un nuovo supporto o di pulitura, ritocco pittorico, ridipintura, verniciatura; 
  • interventi di restauro previsti.

Interventi di restauro 

  • Riparazione della tela In caso di tagli nella tela si procede con la congiunzione della tela utilizzando del nastro adesivo o una garza incollata sul retro della tela; in caso di buchi si creano delle toppe, di dimensioni leggermente inferiori rispetto al buco, che vengono fatte aderire al retro della tela con una garza adesiva. 
  • Velinatura Rappresenta l’operazione preliminare del restauro e al contempo assolve il compito di proteggere la pellicola pittorica e lo strato di preparazione: si adagia un foglio di carta velina alla tela e lo si spalma con un collante che indurisce e imbraca il dipinto. 
  • Foderatura Questo intervento conservativo, chiamato anche rintelaiatura, rigenera il supporto tessile del dipinto: incollando una tela nuova sul retro della tela originale, si restituisce maggiore elasticità e forza alla struttura del dipinto. 
  • Pulitura Al centro di grandi discussioni nell’Ottocento, la pulitura rappresenta uno degli interventi più delicati e rischiosi, in quanto intacca gli strati superficiali del dipinto, rischiando di modificarne in maniera irreversibile l’aspetto. Il suo obiettivo è quello di restituire l’armonia cromatica del dipinto, rimuovendo lo sporco o l’ossidazione delle vernici attraverso l’uso di solventi. Questi ultimi devono essere scelti oculatamente in base alla composizione delle superfici con cui devono reagire.
  • Stuccatura In caso di caduta della preparazione del dipinto e del conseguente distaccamento del colore, le lacune vengono riempite con lo stucco che diventa la base su cui poter effettuare la reintegrazione pittorica della parte mancante. 
  • Reintegrazione pittorica Storicamente, è la fase fondamentale del restauro; oggi viene effettuata seguendo un’etica completamente diversa rispetto a quanto non avvenisse in passato, quando il restauratore cercava di mimetizzare all’interno dell’opera il suo intervento. Le tecniche utilizzate oggi sono prevalentemente tre:
    – la selezione cromatica;
    – l’astrazione cromatica;
    – l’imitativo sottotono. 
  • Verniciatura La stesura della vernice avviene sia prima dell’intervento di reintegrazione pittorica sia dopo, isolandola e favorendone la reversibilità.
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Il restauratore professionista

La formazione 

In Italia sono stati istituiti dei percorsi di alta formazione che permettono l’acquisizione del titolo professionalizzante di restauratore. A partire dal 2009, il conseguimento del diploma di restauratore è stato equiparato a una laurea magistrale. Il rilascio del diploma abilitante alla professione di restauratore è consentito solo a tre istituti, al cui interno sono state create scuole di alta formazione professionale: 

  • l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ex Istituto centrale del restauro) con sede a Roma e a Matera; 
  • l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze; 
  • il Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale. 

I percorsi formativi professionalizzanti hanno durata quinquennale e sono così suddivisi: 

  • Materiali lapidei e derivati. Superfici decorate dell’architettura. 
  • Manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile. Manufatti scolpiti in legno. Arredi e strutture lignee. Manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti. 
  • Materiali e manufatti tessili e in pelle. 
  • Materiali e manufatti ceramici, vitrei e organici. Materiali e manufatti in metallo e leghe. 
  • Materiale librario e archivistico. Manufatti cartacei e pergamenacei. Materiale fotografico, cinematografico e digitale. 
  • Strumenti musicali. Strumentazioni e strumenti scientifici e tecnici.

Il lavoro 

Come disposto dall’articolo 29 del Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004, solo i restauratori con il diploma professionalizzante sono abilitati a effettuare interventi di manutenzione e restauro di beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici.
Gli sbocchi lavorativi per i restauratori dipendono dalla specializzazione del loro percorso formativo. L’accesso al mondo del lavoro può avvenire da dipendente presso ditte di restauro, da socio di cooperative o di studi associati oppure da libero professionista.
La committenza può essere privata o pubblica; in questo secondo caso solo chi ha i requisiti per poter operare sui beni culturali può partecipare alle gare di appalto proposte dagli Enti pubblici.

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Il restauro entra a scuola

La legge 110 del 2014 recita: 


«Art. 9-bis. Professionisti competenti ad eseguire interventi sui beni culturali. 1. […] Gli interventi operativi di tutela, protezione e conservazione dei beni culturali nonché quelli relativi alla valorizzazione e alla fruizione dei beni stessi, […] sono affidati alla responsabilità e all’attuazione, secondo le rispettive competenze, di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi fisici, restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori di beni culturali, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e storici dell’arte, in possesso di adeguata formazione ed esperienza professionale.» 


La possibilità di sviluppare progetti di alternanza scuola-lavoro in ambito di restauro è quindi vincolata alla presenza di personale qualificato che abbia le competenze e l’esperienza professionale per poter operare sui beni culturali. Molti istituti, università o associazioni oggi danno la possibilità agli studenti di vivere delle esperienze che li mettano a contatto diretto con le attività legate al restauro. 


Di seguito viene proposta un’attività cooperativa che, senza intervenire su beni tutelati, consente di mettere in pratica le metodologie e le tecniche del restauro, costituendo una base di partenza per un eventuale progetto nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro.

COMPITO DI REALTÀ

IL RESTAURO DI UN DIPINTO SU TELAIO

Luogo in cui svolgere l’attività La propria classe.

Strumenti necessari 1 scatola di cartone ogni 4 ragazzi, 1 poster di un famoso dipinto in formato 70x50 (o di altre misure) ogni due ragazzi, colla vinilica, 1 rotolo di carta velina, matite o pennarelli colorati, una matita, gomma, un foglio di cartoncino bianco della stessa dimensione del poster, graffettatrice, forbici, una riga, smartphone con fotocamera.

Fasi di lavoro – Lavorare in gruppo

Fase 1 In classe, anche utilizzando gli strumenti informatici, predisponete una “Scheda di restauro” che contenga i seguenti aspetti: 

  • Dati identificativi
    – oggetto
    – soggetto
    – epoca
    – autore
    – descrizione
    – fotografie allegate 
  • Stato di conservazione
    – analisi del telaio
    – analisi della “tela” 
  • Incidenza di restauri precedenti
    – applicazione di toppe
    – interventi di rintelaiatura
    – intervento di pulitura
    – ritocco pittorico
    – verniciatura 
  • Interventi di restauro previsti 

Fase 2 La classe si suddivide in coppie e ciascuna coppia dovrà creare, danneggiare e modificare un “quadro”:

  • si ritagliano quattro strisce di cartone larghe 3-4 cm e lunghe quanto i lati del poster; 
  • si forma un telaio con le strisce di cartone ritagliando le parti che si sovrappongono, e graffettando i quattro lati del telaio fra di loro; 
  • con le puntine e/o con la colla si attacca il poster al telaio appena creato; 
  • si danneggia o si modifica il poster e/o il telaio a piacimento (squarciare, bucare, colorare, disegnare, consumare ecc.). 

Fase 3 Le coppie si scambiano i dipinti. Ciascuna coppia procede con un’analisi preliminare del dipinto da restaurare, inizia a compilare i campi delle prime tre sezioni nella “Scheda di restauro”, laddove possibile, e fotografa il dipinto prima di iniziare il restauro.


Fase 4 In base all’analisi effettuata e alle nozioni acquisite nelle pagine precedenti, le coppie procedono con le operazioni di restauro utilizzando il cartoncino come base sia per la foderatura sia per il ritocco pittorico.


Fase 5 Le coppie compilano l’ultima sezione della “Scheda di restauro” e scattano fotografie al quadro restaurato.


Fase 6 Ciascuna coppia, utilizzando eventualmente strumenti digitali, prepara una relazione riportando le fasi di lavoro, i tempi impiegati ed elabora un’analisi dell’opera restaurata. La relazione dovrà essere completata con la scheda, le fotografie e il quadro restaurato.


Fase 7 Ciascuno studente elabora una scheda di autovalutazione dell’attività svolta.

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò