ANALISI D'OPERA - Andrea Palladio, Teatro Olimpico

Analisi D'opera

Andrea Palladio

Teatro Olimpico

  • dal 1580
  • Vicenza
Scenae frons e palcoscenico.

Il Teatro Olimpico è l'ultima opera di Andrea Palladio, da lui progettata nel 1580 pochi mesi prima di morire e terminata nel 1585 dal figlio Silla con il decisivo contributo di Vincenzo Scamozzi (1548-1616). L'edificio viene commissionato dall'Accademia Olimpica di Vicenza (istituzione culturale di cui lo stesso Palladio faceva parte) e rappresenta senz'altro un capolavoro di sintesi classicista, oltre che il coronamento dell'attività teorica e pratica dell'architetto veneto. Fu costruito sul sito di un preesistente complesso medievale anticamente adibito a prigione e polveriera. La sua concezione si ispira ai modelli greco-romani che Palladio ben conosceva in seguito allo studio del De architectura di Vitruvio e ai suoi viaggi a Roma, dove aveva potuto ammirare di persona le rovine e gli esempi della classicità. Già Raffaello nel complesso di Villa Madama aveva dato un'interpretazione al tema del teatro romano; quello di Vicenza, primo teatro stabile coperto di epoca moderna (prima di allora le rappresentazioni teatrali non avevano una sede fissa), costituisce il vertice e il superamento degli studi dei suoi predecessori.

Descrizione

Il teatro si compone con rigore archeologico “romano” di uno spazio per il pubblico e di uno spazio per lo spettacolo; il primo si articola in due parti: una cavea ellittica gradonata (1), conclusa in alto da una teoria di colonne corinzie trabeate (2) sormontate da statue, e un’orchestra (3) contigua al palcoscenico (4), primi elementi dello spazio per lo spettacolo. Dietro al palcoscenico si sviluppa la grande quinta architettonica fissa (scenae frons) (5) con le consuete tre porte principali (di cui la centrale assimilabile a un arco trionfale), affiancate dalle due porte inserite lungo le ali laterali.

La scenae frons si sviluppa su due ordini corinzi sovrapposti sormontati da un piano attico; la trabeazione “dentata” dell’ordine inferiore aggetta su colonne libere poggianti su piedistalli, mentre l’ordine superiore si concretizza in semicolonne trabeate addossate alla parete. Entrambi gli ordini sono scanditi da nicchie ospitanti statue. Le specchiature del piano attico, separate da semplici paraste doriche, ospitano bassorilievi rappresentanti scene del mito di Ercole, eroe e protettore dell’Accademia. A differenza dei teatri greci e romani, il Teatro Olimpico ha una struttura coperta, tuttavia il soffitto piano è dipinto a simulare un cielo con delle nuvole.

Forma, funzioni e idee

La vera eccezionalità del teatro palladiano è l’illusionismo prospettico che coinvolge lo spettatore nella vista delle strade che si dipartono dalle porte della scenae frons; benché Palladio avesse sicuramente previsto l’inserimento di una prospettiva lungo l’asse della porta centrale, le altre vengono però disegnate e realizzate da Vincenzo Scamozzi nel 1584, a teatro quasi ultimato e solo in seguito alla decisione dell’Accademia di rappresentare l’Edipo Re di Sofocle per l’esibizione inaugurale. Scamozzi progetta infatti sette strade, quante quelle della città di Tebe ove si ambienta la tragedia sofoclea: cinque che partono dalla scenae frons (7, 8, 9) e due dalle quinte laterali, (6).

A causa delle dimensioni molto ridotte del luogo, per il retroscena era disponibile uno spazio limitato che avrebbe compromesso l’impatto di grande spazialità previsto dall’architetto: l’invenzione perciò è quella di realizzare le strade in pendenza e che si restringono man mano che si allontanano dal palcoscenico, scorciando moltissimo i modelli degli edifici lignei realizzati. In questo modo, il perfetto illusionismo prospettico crea l’effetto di una grande profondità mentre lo spazio reale consta solo di pochi metri.

Contesti d’arte - volume 2
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