Sebastiano del Piombo

5.3 Sebastiano del Piombo

Sebastiano Luciani (Venezia 1485 ca.-Roma 1547) è conosciuto con lo pseudonimo di Sebastiano del Piombo, dal ruolo di "piombatore", ossia guardasigilli dei brevi (documenti pontifici). Si suppone che il suo accostamento alla pittura sia tardo e che, almeno inizialmente, il suo interesse si sia focalizzato sulla musica. Nel 1511 giunge a Roma su invito del ricco banchiere Agostino Chigi che ha conosciuto a Venezia, e partecipa all’impresa decorativa della sua villa sul Tevere, progettata da Peruzzi ( p. 286). Gli anni successivi sono ricchi di prestigiose committenze e sono contraddistinti da un forte legame di amicizia con Michelangelo e da una spiccata rivalità con Raffaello. I dissidi con il maestro urbinate nascono da una simultanea committenza da parte del cardinale Giulio de’ Medici, poi papa Clemente VII: un dipinto raffigurante la Trasfigurazione a Raffaello ( p. 239), e un altro con la Resurrezione di Lazzaro a Luciani. Il timore di Raffaello è che i due quadri siano esposti contemporaneamente e che si stabiliscano dei confronti tra le due opere. La disputa termina con l’esposizione della Resurrezione di Lazzaro nel 1519 e, soprattutto, con la scomparsa di Sanzio l’anno successivo. In occasione del Sacco di Roma, Sebastiano si rifugia in Castel Sant’Angelo presso Clemente VII, a testimoniare un particolare legame con il pontefice. Il ventennio successivo è segnato da altri importanti incarichi, ma anche dalla rottura del rapporto di amicizia con Michelangelo.

Pietà 

Secondo quanto racconta Vasari, Sebastiano raggiunge la fama con la Pietà (6), dipinto oggi conservato a Viterbo. Spesso considerata il capolavoro del pittore veneziano, l’opera è richiesta da monsignor Giovanni Botonti per la sua cappella nella chiesa viterbese di San Francesco. La datazione del quadro intorno al 1515 è pressoché concordemente accettata dalla critica, mentre è stata spesso respinta l’affermazione vasariana che il dipinto si basi su un disegno di Michelangelo. Sebastiano trae comunque da Buonarroti un particolare senso della monumentalità e il trattamento scultoreo delle figure. La consueta iconografia della Pietà, con la Madonna che tiene in braccio il Cristo morto, è qui abbandonata: la Vergine, vestita con abiti semplici, ma di foggia cinquecentesca, rivolge lo sguardo verso il cielo con le mani giunte in preghiera e il corpo del figlio è appoggiato a terra, sopra un lenzuolo bianco. Lo sfondo è diversissimo dalle pacate visioni di campagna che caratterizzavano la pittura veneta di ascendenza giorgionesca. Un paesaggio arido e cupo è tratteggiato alle spalle della Madonna: pochissima vegetazione, ma soprattutto i segni di una tempesta sulla sinistra e i bagliori rosseggianti sulla destra creano un’atmosfera funerea caratterizzata da nubi scure, con l’apertura di uno squarcio al centro, da dove si vede il disco lunare. Tutti questi elementi contribuiscono a trasmettere il senso della tragedia appena avvenuta.

Cristo nel Limbo 

Negli anni Trenta Sebastiano del Piombo realizza il Cristo nel Limbo (7), una delle opere su cui la critica più si è interrogata relativamente alla derivazione da un disegno michelangiolesco, citato da Luciani in una lettera a Buonarroti del luglio 1532. Il dipinto, oggi al Prado di Madrid, era pervenuto in Spagna già nel Seicento, dal momento che nel 1657 è documentato nella sacrestia del monastero dell’Escorial. Probabilmente faceva parte di un trittico, composto dalla Deposizione ora all’Ermitage e da un Cristo che appare agli apostoli, oggi perduto. La figura del Cristo che si manifesta ad Adamo ed Eva è illuminata da un fascio di luce.
Gesù si rivolge ai progenitori, sofferenti, con un gesto benevolo e misericordioso. Sulla sinistra, la scena è serrata da una porzione di colonna con il fusto, la base e il piedistallo, mentre alle spalle del Cristo si scorge in penombra il Buon Ladrone che sorregge la croce. 
La sensibilità per le atmosfere e il cromatismo tonale, di ascendenza giorgionesca, si combinano con il trattamento plastico dei corpi, mentre il senso narrativo della scena è potenziato dal sapiente uso della resa prospettica dello spazio, che ne amplifica il realismo.
GUIDA ALLO STUDIO
Sebastiano del Piombo
  • Influenze michelangiolesche
  • Monumentalità delle figure
  • Studio dei colori e del cromatismo tonale
  • Tragicità accentuata

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò