Rosso Fiorentino e Pontormo

5.2 Rosso Fiorentino e Pontormo

Iacopo Carrucci detto il Pontormo (Pontorme, Empoli 1494-Firenze 1557) e Giovanni Battista di Iacopo detto il Rosso (Firenze 1494-Parigi 1540) sono due figure di rilievo dell’arte italiana della prima metà del Cinquecento. I due pittori sono stati ritenuti a lungo due facce della stessa medaglia, cioè i campioni del primo "manierismo" fiorentino: quest’ultima espressione oggi non è più accettata dalla storiografia, in quanto non ritenuta adeguata a dar conto delle diverse anime e delle molteplici disposizioni intellettuali degli artisti che hanno operato nei primi decenni del Cinquecento. Più correttamente si può dire che Pontormo e Rosso siano protagonisti di una stagione della ricerca artistica che sviluppa peculiari forme di naturalismo: il classicismo raffaellesco e l’espressività dei maestri del Quattrocento costituiscono la base di partenza di un percorso che, grazie all’incontro con le dirompenti innovazioni del linguaggio michelangiolesco da un lato e con la pittura nordica e in particolare l’opera di Dürer dall’altro, approda a esiti del tutto originali. L’operosità dei due artisti, inoltre, è oggetto di variazioni nel tempo e una classificazione univoca rischia di essere eccessivamente banalizzante. L’osservazione e lo studio dei cartoni di Leonardo e di Michelangelo per le Battaglie destinate al Salone dei Cinquecento ( p. 209) costituiscono inoltre un momento formativo di grande rilievo per entrambi, la cui eco torna pure a molti anni di distanza. Anche l’idea che Rosso e Pontormo condividano intenti comuni è stata rivista: le più recenti ricerche hanno evidenziato, infatti, le specifiche peculiarità e gli orientamenti autonomi dei due artisti, di cui tuttavia si tende ancora, giustamente, a evidenziare la comune e fondamentale esperienza di collaborazione con Andrea del Sarto, loro maestro e mentore.
Le prime opere certe di Rosso e di Pontormo sono gli interventi al fianco del maestro nel Chiostro dei Voti nella Chiesa della Santissima Annunziata a Firenze.
Rosso, in particolare, nella scena del Viaggio dei Magi (2), delinea con piena sicurezza di tratto e di pennello una figura avvolta in un pesante mantello che si volta verso l’osservatore. In questa prima prova del giovanissimo Rosso, appena diciassettenne, si riconoscono alcuni tratti distintivi, che prefigurano la complessa evoluzione del suo linguaggio: accentuazione del gesto e stilizzazione della forma con lo scopo di esaltare l’espressività delle pose.
Più articolato appare il percorso di Pontormo che dal naturalismo aggraziato e dal profondo lirismo degli esordi, approda, grazie all’esempio fondamentale della pittura nordica, a composizioni innovative: il segno del tragico, del surreale, delle atmosfere rarefatte e sospese sono le cifre distintive di una produzione artistica animata da una profonda ricerca interiore che lo porta al superamento della restituzione del dato naturale e oggettivo, fatta di equilibrio e ricerca di un’ideale bellezza.

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Rosso Fiorentino

Deposizione 

La monumentale pala di Volterra (3) si colloca in un momento cruciale della biografia di Rosso, quando, negli anni fra il secondo e il terzo decennio del Cinquecento, l'artista è fuori Firenze e probabilmente è appena tornato da un viaggio a Napoli (1520). La pala volterrana segna una svolta decisiva nel linguaggio di Rosso che si può spiegare ipotizzando un evento culturalmente importante, come l'incontro con la schiera degli artisti spagnoli presenti nella città meridionale. Il dipinto, realizzato per la Chiesa di San Francesco, è caratterizzato da una spiccata teatralità. E rappresentata la scena della deposizione di Cristo dalla croce, secondo il racconto dell'evangelista Matteo. Sulla terra sopraggiungono le tenebre e i soccorritori sollevano a fatica il corpo di Gesù, mentre in basso si vedono gli altri protagonisti del racconto sacro: la madre, piegata dal dolore, la Maddalena che si allunga verso di lei, colta in una posa altamente drammatica e san Giovanni, ritratto in un gesto di profonda disperazione.
L'apostolo, in particolare, appare avvolto con un lenzuolo candido, quello comprato da Giuseppe da Arimatea per avvolgere il corpo di Cristo. La resa della tensione tragica del momento è affidata in prima istanza ai gesti esasperati e, in secondo luogo, ai colori che risaltano grazie a colpi di luce esaltanti le tonalità fredde e contrastanti. L'espressività nel suo complesso è enfatizzata dai profili secchi e taglienti delle figure.
La carriera di Rosso si conclude in Francia, dove arriva nel 1530 legando negli anni successivi il proprio nome a commissioni di grande rilievo, fra cui la galleria del Palazzo Reale di Fontainebleau.

Pontormo

Gli anni che precedono la seconda cacciata dei Medici (1527) e il ripristino del governo repubblicano (1527-1530) vedono il papa Clemente VII impegnato in una forte offensiva contro le Tesi di Martin Lutero, sia a Roma sia a Firenze: questa iniziale reazione cattolica alle proposte riformate ebbe ripercussioni oggettive sull’arte e i messaggi che essa veicolava, con particolare riferimento a come venivano trattati i temi dei Sacramenti e in particolare dell’Eucarestia, messi in discussione dal frate tedesco.

Deposizione 

È in questo contesto che il ricco fiorentino Ludovico Capponi nel 1525 acquista una cappella nella Chiesa di Santa Felicita da destinarsi a sepoltura per la propria famiglia. La decorazione del sacello è affidata interamente a Pontormo che per l'altare dipinge la Deposizione (4), tassello di un programma decorativo più ampio e complesso che coinvolgeva anche le pareti della piccola struttura e la cupoletta.
Si deve aver presente questo peculiare momento di dibattito interno alla Chiesa per comprendere la particolare composizione della scena e il suo significato religioso: il corpo di Cristo, senza vita e in piena luce sostenuto da due garzoni, è circondato da un gruppo di figure, quasi tutte donne; manca qualsiasi riferimento alla croce e al sepolcro, ma anche alla resurrezione. Secondo una recente interpretazione, i due giovani starebbero idealmente deponendo il corpo di Cristo sull’altare della stessa cappella, che sostituirebbe così il sepolcro di Cristo e insieme alluderebbe al mistero dell’Eucarestia: Gesù che s’incarna nel momento della celebrazione eucaristica.
L’evento sacro si trasforma quasi in una rappresentazione teatrale, attraversata da un senso pacato del tragico a cui l’osservatore è chiamato a essere partecipe protagonista. Il carattere scultoreo dei corpi mostra un primo avvicinamento di Pontormo a Michelangelo, che diventerà via via più spiccato dopo gli anni Trenta, mentre l’assetto delle figure e i reciproci rapporti fra Cristo e gli altri personaggi suggeriscono una riflessione dell’artista sulla Pala Baglioni di Raffaello ( p. 234).
L’equilibrio dei maestri del primo Cinquecento appare però qui rotto dalle posizioni delle figure che, pur sostenendo il peso del corpo morto di Cristo, non si appoggiano più saldamente al terreno, ma paiono sospese in posizioni precarie.
Irreali ma organizzati secondo eleganti simmetrie sono anche i colori, chiarissimi e freddi, nei toni acidi e quasi cangianti del violaceo, del rosa, del verde; profondamente inquiete e venate di tormento sono le espressioni angosciate dei personaggi che, con le bocche dischiuse, sembrano esprimere un sommesso pianto.

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Visitazione 

Il celebre dipinto (5) di Pontormo dall’icastica forza evocativa, riconosciuta anche da artisti contemporanei, è stato riscoperto e valorizzato solo all’inizio del XX secolo. L’opera è legata alla famiglia dei Pinadori, nobili fiorentini ostili ai Medici, proprietari di vasti possedimenti nei pressi di Carmignano e titolari di una cappella nella Pieve di San Michele e San Francesco.
I recenti restauri hanno restituito la vividezza dei colori ed evidenziato lo spiccato naturalismo della composizione, che permette all’artista una resa particolarmente efficace e realistica dei volti e dei corpi. Un’atmosfera misteriosa e sospesa domina la scena e merita attenzione l’effetto straniante che crea nell’osservatore il rapporto fra le figure e le architetture dello sfondo, arricchite da due piccole figure. Pontormo per il gruppo muliebre usa forme maestose e l’assetto dei corpi nello spazio è come dilatato, secondo una sensibilità tipica degli affreschi romani di Raffaello. La composizione si caratterizza per un netto contrasto fra le donne in primo piano e lo sfondo: le protagoniste sono infatti fuori scala rispetto agli edifici retrostanti, così che l’attenzione dell’osservatore è catturata dal gigantismo delle donne rispetto al brano di città che si intravede dietro di loro. È enfatizzato in questo modo il momento dell’incontro della Madonna con sant’Elisabetta, in primo piano, che ha come spettatrici due mute ancelle, rivolte verso lo spettatore, a creare un affascinante e misterioso incrocio di sguardi e di gesti la cui interpretazione non è ancora stata del tutto chiarita dagli studiosi. Anche i colori, vivi e a contrasto, colpiti da una luce fredda, contribuiscono a restituire all’osservatore l’atmosfera solenne del momento, attraversata da una sottile trepidazione che si coglie nell’espressione dei volti e nella posa delle braccia.

GUIDA ALLO STUDIO
Rosso Fiorentino
  • Allievo di Andrea del Sarto
  • Esaltazione dell’espressività delle forme
  • Composizioni innovative
  • Teatralità, tragicità e surrealismo spiccati
  • Uso di colori freddi e contrastanti
Pontormo
  • Allievo di Andrea del Sarto
  • Tragicità pacata
  • Colori chiarissimi e freddi
  • Atmosfere misteriose
  • Naturalismo

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò