La riscoperta dell’Antico: Umanesimo e Rinascimento
Per definire il periodo che sarà trattato in questa unità, gli studiosi impiegano il termine “Rinascimento”, o "primo Rinascimento" per distinguerlo dalla successiva stagione, che si apre dalla seconda metà del secolo. “Rinascimento” suggerisce l’idea di una nuova nascita, di una rinnovata visione del mondo e dell’Uomo che si lega strettamente al fenomeno della riscoperta del mondo antico, in parte già avviata nel corso del Trecento, ma adesso sostanziale.
L’Uomo torna a sentire la propria centralità, riacquista fiducia nelle proprie capacità e, insieme, la consapevolezza di poter decidere del proprio destino, di cui egli è interamente responsabile: per questo si parla di Umanesimo. Sulla scorta di tale movimento si sviluppa lo studio filologico sulle fonti antiche, greche e latine, si riscoprono e si traducono i testi degli antichi filosofi, come Platone (il cui pensiero influenzerà notevolmente la cultura fiorentina della seconda metà del secolo), Seneca e Plinio il giovane, inaugurando una sorta di nuovo razionalismo, in contrapposizione al “misticismo” che aveva caratterizzato il pensiero medievale.
La mentalità medievale, fortemente condizionata dal pensiero religioso che svalutava l’esperienza terrena rispetto alla dimensione spirituale, considerando il mondo come il luogo del peccato in cui mettere alla prova la propria virtù, è dunque superata: la società tende a laicizzarsi e l’Uomo si sente incoraggiato a essere soggetto attivo del proprio tempo, come era stato nell’antichità. L’Antico inoltre, grazie al lavoro di ricerca e di studio portato avanti dagli umanisti, è reso più accessibile ed è compreso a pieno dagli artisti che, abbandonando le semplificazioni figurative medievali, recuperano la visione naturalistico-spaziale antica (proseguendo le ricerche già avviate da Nicola e Giovanni Pisano in scultura e da Giotto in pittura).
Firenze è il centro in cui ha luogo questa “rivoluzione”, operata dai cosiddetti padri del Rinascimento: Brunelleschi (1377-1446) in architettura, Donatello (1386-1466) in scultura e Masaccio (1401-1428) in pittura.
A Brunelleschi si deve uno dei principi cardine dello stile rinascimentale, la prospettiva centrale, ovvero la descrizione della profondità su una superficie bidimensionale. Insieme a Donatello, l’architetto darà inoltre avvio a un vero e proprio dialogo con l’Antico attraverso lo studio diretto sui monumenti e sui resti architettonici di Roma. Non si tratta più, o non soltanto, di inserire all’interno delle proprie opere citazioni o singoli elementi del repertorio antico, ma di recuperarne le forme e la sostanza, grazie a un metodo di studio e analisi che ricorda quello filologico adottato dagli umanisti per i testi classici. Questo mutato atteggiamento trova un interessante riscontro nel rifiorire, attorno alla metà del Quattrocento, del genere del trattato: un testo che intende organizzare in modo coerente e sistematico le conoscenze sulle arti, nei diversi generi e tecniche, segno di una nuova percezione dell’arte e dell’artista, il quale acquista una dignità e un ruolo pari a quello dell’intellettuale.