ARCHITETTURA E URBANISTICA: La Fabbrica di San Pietro

ARCHITETTURA E URBANISTICA

La Fabbrica di San Pietro

Alla morte dell'architetto fiorentino Antonio da Sangallo nel 1546, Michelangelo diviene responsabile unico del cantiere della nuova Basilica di San Pietro che andava profondamente rinnovandosi a partire dalla metà del secolo precedente. 
L'edificio del 349 d.C. era a cinque navate, precedute da un quadriportico, e terminante con un transetto a T, ma almeno dal XIII secolo la chiesa aveva problemi statici e Niccolò V, alla metà del Quattrocento, intraprese la costruzione di una nuova tribuna, rimasta interrotta all'altezza di quasi 2 metri fuori terra.

Il progetto bramantesco a pianta centrale

È con Giulio II della Rovere che il progetto di una nuova basilica riprende forza, anche perché il papa coltiva l'ambizione di farne la grandiosa cornice della propria sepoltura.
Le due imprese, l'architettura della nuova basilica e la monumentale composizione scultorea del sepolcro di Giulio II, sono affidate rispettivamente a Bramante e a Michelangelo, questione fondamentale per capire le vicende iniziali della nuova fabbrica. Prima di giungere alla posa della prima pietra, sono infatti documentate riflessioni sulla planimetria della basilica che tengono conto della collocazione dell'altare maggiore, del trono papale, ma soprattutto della grande tomba isolata che Michelangelo aveva inizialmente ipotizzato. S'inserisce in questa fase il celebre disegno di presentazione noto come "piano di pergamena", che avrebbe permesso di collocare la tomba michelangiolesca nella campata creata davanti al coro, visivamente in asse con l'altare maggiore; quest'ultimo con il sottostante sepolcro di san Pietro, si sarebbe trovato quasi in corrispondenza con il centro della cupola.

Dalla pianta centrale alla pianta longitudinale

Bramante rinuncia presto al progetto a pianta centrale in favore di una struttura longitudinale impostata nella zona del centro croce a partire dai "pilastri smussati" per sostenere la grande cupola: prende così forma un progetto diverso dal "piano di pergamena", con ampi deambulatori nei bracci del transetto. Durante gli ultimi anni del pontificato di Giulio II, Bramante si dedica anche alla progettazione delle cinque navate, con quelle esterne dotate di ampie e articolate cappelle laterali, e della facciata-atrio, cioè un monumentale fronte aperto in ampi porticati.

I progetti di Raffaello e Antonio da Sangallo il Giovane

Alla morte di Bramante nel 1514 i lavori proseguono con la direzione di Raffaello, affiancato per qualche tempo dall'architetto e scultore fiorentino Giuliano da Sangallo (Firenze 1445-1516). Il nuovo papa Leone X si interessa in particolare alla questione della smisurata facciata e Raffaello, insieme al nipote di Giuliano, Antonio da Sangallo il Giovane (Firenze 1484-Terni 1546, p. 283), elabora nuove proposte per questa parte della basilica. Durante il pontificato leonino il cantiere non si ferma, ma continuano i cambiamenti di progetto, elaborati soprattutto da Antonio da Sangallo il Giovane. La seconda metà degli anni Venti e i primi anni Trenta, con la cesura della tragedia del Sacco di Roma (1527), vedono un nuovo dibattito sulla configurazione da dare alla fabbrica, in cui ha un ruolo anche l'architetto e pittore Baldassarre Peruzzi (Ancaiano, Siena 1481-Roma 1536): questa fase è segnata dall'affastellarsi di nuovi progetti, tutti accomunati dalla necessità di semplificare l'edificio e ridurne così radicalmente i costi, con un ritorno alla pianta centrale. Una nuova pagina si apre con il pontificato di Paolo III Farnese (1534-1549) che nomina nuovamente Antonio da Sangallo il Giovane primo architetto della basilica. Questi si dedica soprattutto alla costruzione di un gigantesco modello ligneo (9 metri di lunghezza), costato quanto un edificio reale, che è stato definito "forse il progetto più criticato dell'architettura rinascimentale", a partire dalle osservazioni di Michelangelo e Vasari. Sangallo sperava di lasciare con questo modello un'eredità concettuale immodificabile, intenzione del tutto vanificata dai suoi successori. Analizzando il progetto, non è facile dire se si tratti di un edificio a pianta centrale o a pianta longitudinale, a causa della conformazione particolare dell'atrio e dell'attacco di questo con il braccio del centro croce. Tutti i fronti sono improntati da un'eccessiva esuberanza decorativa, aspetto che inficiava l'organicità e la coerenza interna al progetto.

L'intervento michelangiolesco

Quando nel 1546 gli subentra Michelangelo, il progetto torna almeno in parte all'idea di Bramante di una pianta centrale, segnata però da una grandiosa cupola, molto diversa da quella immaginata dai suoi predecessori. Nei diciassette anni in cui dirige la fabbrica Buonarroti si dedica alla costruzione di vari settori dell'edificio, in modo da lasciare un indirizzo effettivo e immutabile, accorgimento che sortì sostanzialmente l'effetto voluto, a eccezione della facciata realizzata da Carlo Maderno all'inizio del Seicento.
Nel progetto di Michelangelo la grande cupola, ideata fra il 1558 e il 1561, aveva un ruolo fondamentale: rafforzava la centralità della pianta, ma insieme presentava elementi di spiccata originalità e autonomia rispetto al progetto bramantesco. L'anziano artista realizza un grande modello ligneo, poi modificato, ma giunto fino a noi e segue personalmente la costruzione del tamburo, iniziata intorno al 1554. Il tamburo presenta massicci anelli di base che hanno una funzione strutturale fondamentale, oltre a caratterizzare in senso plastico il manufatto. Da questo "basamento" si innalzano dei setti murari (o pilastri) in travertino disposti radialmente, secondo una studiata e complessa conformazione. Questi elementi sono qualificati all'esterno da colonne ioniche binate, che accentuano le qualità scultoree del tamburo, creando profonde ombre sulla superficie retrostante. La particolare morfologia di questi setti murari ha permesso di realizzare ampie aperture a edicola nel tamburo, così da inondare di luce la grande cupola.
Michelangelo muore nel 1564: la cupola verrà realizzata solo nel 1588 da Giacomo della Porta che modifica il progetto michelangiolesco, trasformando il profilo della calotta da emisferico a ogivale, sia nel modello ligneo già citato, sia nella struttura effettivamente realizzata.

I progetti per la Fabbrica di San Pietro

Il progetto di Bramante (1505-1506).
Il progetto a pianta longitudinale previsto durante il periodo in cui Raffaello fu alla guida del cantiere (1514-1520).

Il progetto a pianta centrale di Baldassarre Peruzzi (1525-1530 ca).

Il progetto di Antonio da Sangallo il Giovane, che riprende il tema della pianta longitudinale (1536-1546).

Il progetto di Michelangelo, dal 1546 a capo dei lavori, che segna il ritorno alle geometrie bramantesche.

Pianta della Basilica di San Pietro in cui si evidenziano gli apporti dei vari architetti al risultato finale.

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò