Melozzo da Forlì

3.12 Melozzo da Forlì

Nel contesto figurativo del secondo Quattrocento italiano, singolare è la sintesi pittorica e spaziale di un artista romagnolo, Melozzo di Giuliano degli Ambrosi, detto Melozzo da Forlì (Forlì 1438-1494), capace di combinare, nella sua produzione, l’illusionismo prospettico di Andrea Mantegna con la pittura limpida e quasi astratta di Piero della Francesca e il disegno chiaro dei fiorentini, da Beato Angelico all’ultimo Domenico Veneziano: la sua produzione fuori dalla città natale, tra Roma e le Marche, sarà di fondamentale insegnamento per i maestri del Cinquecento. Dopo un soggiorno a Urbino, tra il 1469 e il 1475, si stabilisce a Roma. Il suo ruolo nel vivace panorama culturale romano del secondo Quattrocento dovette essere significativo più di quanto le poche opere rimaste lascino percepire: l’artista è nominato pictor papalis, ovvero pittore ufficiale di Sisto IV, e nel 1478 è tra i fondatori dell’Università dei Pittori, Miniatori e Ricamatori, che sarebbe poi diventata la prestigiosa Accademia di San Luca, associazione degli artisti cittadini. Nel corso della sua carriera si sposta di frequente, dalla città natale, a Roma, dove soggiorna tre volte e poi a Loreto e Ancona.

Abside dei Santissimi Apostoli

In questi anni, intorno al 1480, esegue nell’abside della chiesa romana dei Santissimi Apostoli un vasto affresco con la raffigurazione dell’Ascensione di Cristo tra angeli musicanti. L’opera, celebrata dai contemporanei per l’uso ardito e nel contempo rigoroso della prospettiva, soprattutto nella figura del Cristo, che pareva "balzare attraverso la volta", è oggi impossibile da studiare nella sua interezza: l’affresco fu infatti rimosso nel 1711 per i lavori di ammodernamento della chiesa e fu diviso in sedici frammenti, conservati oggi tra Roma (Pinacoteca Vaticana e Palazzo del Quirinale) e Madrid (Museo del Prado). L’Angelo musicante (69) si staglia luminoso e solenne contro il cielo blu, modellato grazie a luci e ombre che derivano dall’insegnamento di Piero della Francesca: diverse, però, rispetto alle figure del pittore di Sansepolcro, sono la dolcezza dello sguardo intenso e la morbida capigliatura bionda.

Gli affreschi di Loreto

È sempre legato a una committenza romana il trasferimento di Melozzo a Loreto alla fine degli anni Settanta del Quattrocento: qui il pittore affresca la cupola (70) della sacrestia di San Marco nella Basilica della Santa Casa, secondo la volontà del cardinale Girolamo Basso della Rovere. A Loreto, nelle Marche, si venerava dal 1291 la Santa Casa, ossia l'abitazione della Vergine a Nazaret, che una tradizione locale raccontava essere stata miracolosamente trasportata dagli angeli dalla Palestina controllata dai Turchi selgiuchidi. Nel 1468 fu costruita una basilica sia per proteggere la sacra reliquia sia per accogliere le vaste folle di pellegrini che visitavano la capanna.
La cupola di Melozzo è uno dei primi esempi di decorazione che combina figure dipinte a elementi architettonici, con una serie di personaggi scorciati per una corretta visione dal basso, inseriti in cornici con rilievi in finto stucco, in modo che l'architettura dipinta sembri la continuazione dell'architettura reale, secondo il fondamentale insegnamento di Mantegna nella Camera degli Sposi (► pp.142-143). La cupola si compone così di una sorta di scheletro architettonico dipinto, formato da costoloni e cornici che inquadrano finestre aperte su un finto cielo, entro le quali si trovano figure di angeli, che sembrano sospesi illusionisticamente nel vuoto (71). Al centro vi è lo stemma del committente: la scelta è probabilmente legata al fatto che una figura, in questa posizione, sarebbe risultata completamente deformata. La cupola di Loreto, pur con le sue imprecisioni, diventerà uno dei brani fondamentali su cui studieranno i maestri del Cinquecento per realizzare illusioni e prospettive sempre più ardite. 

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GUIDA ALLO STUDIO

Pietro Perugino, Vincenzo Foppa e Melozzo da Forlì

I saperi fondamentali
  • Pietro Perugino (1448 ca.-1523) è uno degli artisti più famosi nell’Italia della fine del Quattrocento. Nato in Umbria e formatosi presso la bottega del Verrocchio, il suo stile si caratterizza per una straordinaria grazia ed eleganza, per le figure pacate e i colori brillanti ed è così riconoscibile da diffondersi in Italia con il nome di “peruginismo”. Le sue opere sono caratterizzate dalla simmetria e dalla misura, tipiche della tradizione classica e particolarmente evidenti nel SAN SEBASTIANO.
  • Al bresciano Vincenzo Foppa (1430 ca.-1515 ca.) va il merito di avere rinnovato la pittura lombarda, attraverso il superamento della tradizione tardogotica. Il suo stile è profondamente influenzato dalla pittura fiorentina (Mantegna, in particolare) e da quella fiamminga: gli effetti prospettici e l’abile uso della luce sono caratteristici della sua opera più famosa, gli affreschi della CAPPELLA PORTINARI.
  • Melozzo da Forlì (1438-1494) riveste un ruolo fondamentale nella pittura romana del Quattrocento, tanto da diventare il pittore ufficiale di Sisto IV. La CUPOLA DELLA SACRESTIA DEL SANTUARIO DI LORETO da lui affrescata è un esempio della continuità tra pittura e architettura, tratto caratteristico dello stile di Melozzo insieme all’uso audace della prospettiva.
Le domande guida 
  • Che cosa caratterizza il “peruginismo”?
  • Quali sono le differenze tra la raffigurazione di San Sebastiano di Perugino e quelle di Piero della Francesca e Mantegna?
  • Quali soggetti sono rappresentati negli affreschi della Cappella Portinari?
  • Quali affreschi rivelano l’influsso della Camera degli Sposi di Mantegna?

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò