CONFRONTI E INFLUENZE - Andrea Mantegna e Giovanni Bellini: Orazione nell’orto

CONFRONTI E INFLUENZE

Orazione nell’orto: due interpretazioni dello stesso soggetto

Andrea Mantegna

Orazione nell’orto

  • 1460 ca.
  • tempera su tavola, 63x80 cm
  • Londra, National Gallery

Andrea Mantegna

Nel dipinto di Andrea Mantegna Gesù sta pregando in ginocchio nell’arido paesaggio roccioso del Getsemani, mentre davanti a lui appaiono alcuni angeli che gli preannunciano il suo destino mostrandogli gli strumenti della Passione. In basso stanno i tre apostoli addormentati in un sonno profondo, ignari del dramma che sta per compiersi. Fondamentale è il carattere "storico" della raffigurazione: sullo sfondo è la veduta di Gerusalemme, immaginata come una città turrita medievale, che tuttavia include con colta citazione alcuni dei più famosi monumenti della Roma antica. La concentrazione drammatica della scena è altissima e tutto appare deciso in maniera ineluttabile: il gruppo dei soldati che stanno arrivando a catturare Cristo è ormai vicino e il paesaggio aspro e pietroso contribuisce ad aumentare la tensione del momento. Il presagio della tragedia è richiamato dall’albero inaridito in primo piano con l’avvoltoio sul ramo; sul fiume sta, come un ponte, un tronco, allusione all’albero di Adamo che servirà per costruire la croce di Gesù. Gli scorci arditi – il Cristo in preghiera visto di spalle e di sottinsù, i putti che sembrano sculture e recano i simboli della Passione – rinviano al piglio plastico e prospettico già sperimentato negli affreschi della Cappella Ovetari agli Eremitani ( p. 138). I contrasti cromatici, con Cristo vestito di scuro, isolato e chiuso nel suo dramma rispetto agli apostoli vestiti di colori sgargianti, contribuiscono a creare l'atmosfera cupa e crepuscolare.

Giovanni Bellini

Orazione nell’orto

  • 1465-1470 ca.
  • tempera su tavola, 81,3x127 cm
  • Londra, National Gallery

Giovanni Bellini

La tavola realizzata probabilmente nel 1465-1470, poco dopo quella dipinta dal cognato, è sensibilmente diversa, pur raffigurando lo stesso soggetto e gli stessi personaggi. Gesù è inginocchiato in preghiera su uno sperone rialzato che ricorda sì la roccia di Mantegna, ma è più dolce e morbido. Un solo angelo, quasi una nuvola evanescente, appare in cielo reggendo il calice eucaristico, prefigurazione della Passione. I tre apostoli giacciono addormentati: solo uno è visto con un ardito scorcio mantegnesco, mentre gli altri due riposano in pose meno complesse.
Maggiori sono le dimensioni e differente il formato: in questo modo l’azione non è più tesa e concentrata, ma più ampia e dilatata. Diversa è anche la luce, che s’impone quasi come l’elemento principale della raffigurazione: non un cupo crepuscolo, ma una luminosa aurora, che riveste di colori tenui il morbido paesaggio. Un’altra fonte luminosa rischiara Cristo: non cupo e in ombra come nella scena di Mantegna, ma lumeggiato e quasi sereno nell’accettazione di quanto sta per accadere. Tutta la scena non è ambientata sullo sfondo simbolico delle irreali rocce scheggiate del Mantegna, ma in un paesaggio reale: non è difficile riconoscervi i colli Euganei, già interessati in maniera evidente dall’attività estrattiva nelle cave, come si vede nella montagna squarciata sulla sinistra. La luce e la visione della natura appaiono molto vicine a quelle fiamminghe, in particolare di Rogier van der Weyden.

Le ragioni del confronto

Le due opere, che rappresentano lo stesso episodio biblico, ci offrono l’occasione per comprendere le somiglianze e le differenze tra questi due grandi maestri del Quattrocento. La preghiera nell’orto del Getsemani precede immediatamente l’arresto di Cristo: è un momento carico di tensione spirituale e drammatica, in cui si prefigura il dramma della Passione.
Rispetto a quello di Mantegna, il dipinto di Bellini ha dimensioni maggiori: ne consegue che qui l’azione è più ampia e dilatata, là più tesa e concentrata.
Diversa è anche la luce, elemento principale di entrambe le raffigurazioni. Un tetro crepuscolo in Mantegna, che lascia in ombra la figura di Cristo, segno forse di un triste presagio: una luminosa aurora in Bellini, che riveste di colori tenui il morbido paesaggio, e rischiara la figura di Gesù, quasi sereno nell’accettazione di quanto sta per accadere. Inoltre, qui la scena non è ambientata sullo sfondo simbolico delle irreali rocce scheggiate del Mantegna, ma in un paesaggio reale, dove mancano la drammatica teatralità e l’enfasi narrativa: tutto appare intimamente naturale, i sentimenti e le emozioni sembrano consumarsi soprattutto a livello interiore.

Contesti d’arte - volume 2
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