CONFRONTI E INFLUENZE - Antonello da Messina e Andrea Mantegna: San Sebastiano

CONFRONTI E INFLUENZE

Antonello da Messina e Andrea Mantegna, due diverse interpretazioni dell’Antico

Antonello da Messina

San Sebastiano

  • 1475-1476 ca.
  • olio su tavola trasportato su tela, 171x85 cm
  • Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister

Un’interpretazione ispirata 

Il dipinto, raffigurante il martirio di san Sebastiano, faceva originariamente parte di un trittico (comprendente anche un san Rocco e un san Cristoforo) per l’altare della confraternita di san Rocco nella chiesa veneziana di San Giuliano. L’opera venne realizzata durante il soggiorno veneziano, tra il 1475 e il 1476, e si presenta come una sintesi delle coeve esperienze della pittura italiana, ovvero dei dipinti di Piero della Francesca, Andrea Mantegna e Giovanni Bellini (a sua volta influenzato dal linguaggio del messinese), osservate durante il suo viaggio attraverso l’Italia, di cui non conosciamo con certezza le tappe ma che costituì senza dubbio un’occasione di crescita importante. All’impostazione spaziale prospettica, desunta dalla lezione di Piero, si uniscono la descrizione ambientale e architettonica cara a Mantegna (cui si rifà in modo evidente il forte scorcio con cui è descritta la figura del soldato sullo sfondo) e la luce diffusa, tipica dell’ambiente veneziano e di Bellini in particolare. Il santo, descritto secondo un punto di vista molto basso, si erge al centro di una piazza come asse mediano della composizione, un’impostazione che sembra rifarsi ancora una volta a Piero della Francesca, e al Battesimo di Cristo in particolare ( p. 108), come anche l’accostamento del corpo nudo ai solidi geometrici dell’albero e della colonna spezzata. Il santo ha un’espressione ispirata, da cui non traspare alcun dolore, non c’è sofferenza sul suo volto, e il suo corpo, reso in modo fluido e morbido, non mostra alcuna tensione muscolare.

Andrea Mantegna

San Sebastiano

  • 1480 ca.
  • tempera su tela, 255x140 cm
  • Parigi, Museo del Louvre

Un episodio calato nella storia 

Nel dipinto di Mantegna, il santo è legato a una colonna scanalata coronata da un capitello corinzio, resto di una grandiosa architettura classica. Il corpo, statuario nella resa plastica, è trafitto da frecce e il volto appare dolorosamente contratto, mentre lo sguardo si rivolge implorante al cielo. L’impostazione da sotto in su sottolinea la monumentalità della figura, che è presentata all’osservatore come una statua classica che si erge su un alto piedistallo. Anche le tonalità fredde, e piuttosto ridotte nella gamma, sembrano voler rafforzare quest’impressione statuaria. La scena è costellata di riferimenti al mondo antico: oltre ai frammenti in primo piano, sullo sfondo è rappresentato il Foro romano su cui si innesta una città medievale, una stratificazione che è indizio dell’implacabile scorrere del tempo. La fisionomia dei due carnefici è invece volutamente grottesca: la mancanza di una qualsiasi idealizzazione richiama in questo caso la brutale concretezza del presente.

Le ragioni del confronto

Le due opere, identiche nell’iconografia, mostrano sensibili differenze nell’approccio. Nell’opera di Mantegna si coglie soprattutto il nesso ideologico tra eroe classico e martire cristiano, evidente nel risalto che egli dà alla descrizione della città antica sullo sfondo e ai frammenti architettonici posti in primo piano (oltre allo stretto legame tra la figura e le rovine del tempio, una connessione che è anche simbolo dell’avvento del Cristianesimo). Questa insistenza epigrafica-archeologica tende a calare l’episodio nella Storia, a differenza di quanto fatto da Antonello che invece colloca il San Sebastiano al di fuori di essa. La sua estraneità è data dal fatto che il santo non sembra soffrire nel martirio, ma appare piuttosto assorto in una estatica assenza, e dall’atmosfera mistica in cui è immerso, quasi una visione, come sembrano confermare l’insolita presenza dell’albero che spunta dalla pavimentazione marmorea della piazza o la descrizione di molteplici fonti di luce (le ombre proiettate dal corpo e dalle frecce hanno un diverso orientamento). Il confronto consente dunque di cogliere due diverse letture dell’Antico: da un lato la passione archeologica del Mantegna, dall’altro una nuova vicinanza alla natura che condizionerà i futuri sviluppi della scuola veneta.

Contesti d’arte - volume 2
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