GENERI E FORME: L’evoluzione della pala d’altare

GENERI E FORME

L’evoluzione della pala d’altare

Dal polittico gotico alla pala rinascimentale

Tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento si assiste a una graduale evoluzione del modello della  pala d'altare: in Toscana prima che in altre zone della Penisola gli artisti, che spesso ancora usano carpenterie medievali, divise a scomparti come gli antichi polittici, iniziano a superare la divisione tra i diversi pannelli con una progressiva unificazione pittorica.
Si tratta di un'evoluzione figurativa che procede di pari passo con l'invenzione e il perfezionamento della prospettiva, in vista di una raffigurazione sempre più convincente e vicina al vero dello spazio e della terza dimensione.
È soprattutto a Firenze che si inizia a sviluppare una predilezione per le tavole uniche di forma quadrata o rettangolare:  la transizione dal polittico gotico alla pala rinascimentale fu graduale, fino ad arrivare, intorno al 1440 circa, a preferire tavole rettangolari, piuttosto che complessi polittici, che permettevano una migliore organizzazione prospettica dello spazio.
Un passo fondamentale in questo senso fu l'Incoronazione della Vergine di Lorenzo Monaco (Siena? 1370 ca.- Firenze 1423/1424), pittore ancora tardogotico, alquanto estraneo alle novità rinascimentali, ma che fu in grado, tuttavia, di inserire la sua grandiosa composizione negli affreschi della cappella a cui la tavola era destinata, riprendendo le proporzioni e la gamma cromatica delle scene parietali.
Nel dipinto di Lorenzo Monaco scompaiono per la prima volta le colonnette divisorie fra gli scomparti, anche se le tre cuspidi mantengono un'ideale tripartizione del campo pittorico.
Una scelta analoga, di compromesso tra il polittico gotico e la pala rinascimentale, compare nella Deposizione di Santa Trinità eseguita intorno al 1440 da Beato Angelico: il grande pannello centrale è organizzato come uno spazio continuo, alla cui unificazione contribuisce anche la fascia orizzontale del paesaggio, che si dispiega ai due lati della croce centrale con una medesima linea dell'orizzonte e con una rappresentazione di città a sinistra, e di un paesaggio collinare a destra.
La cornice della tavola però è ancora gotica: nei pilastrini laterali ci sono figure di santi, come nel secolo precedente; la grossa novità riguarda piuttosto il modo di raffigurarli. I santi infatti poggiano su basamenti dorati che hanno un'inclinazione diversa a seconda dell'altezza su cui si trovano: quelli in basso mostrano la faccia della base su cui poggiano, quelli in alto sono invece scorciati di sotto in su, con un convincente e razionale accorgimento prospettico.

La pala quadra

In questi stessi anni Beato Angelico inizia a studiare la composizione delle cosiddette "pale quadre", in cui la carpenteria gotica tripartita è del tutto abbandonata in vista di una forma quadrangolare unitaria: ne è un precoce esempio, come abbiamo visto, la Pala di San Marco. Abbandonando il formato tradizionale, che divideva la Madonna e i santi in compartimenti separati, come è ancora, spesso per precise richieste della committenza, nelle composizioni di Masaccio (per esempio nel Trittico di San Giovenale o nel Polittico di Pisa), l'Angelico porta le figure insieme, in uno spazio unitario, sullo sfondo naturalistico di un paesaggio continuo.
Negli stessi anni Domenico Veneziano, nella Pala di Santa Lucia dei Màgnoli, sviluppa ulteriormente il modello della sacra conversazione, trasformando il trittico medievale in una moderna pala quadrata in cui è una perfetta architettura brunelleschiana a suggerire la tripartizione dello spazio. L'edificio è infatti composto con tre punti di fuga dove convergono tutte le linee orizzontali, comprese quelle del complesso pavimento intarsiato di marmi, in perfetto equilibrio tra modernità e tradizione: tutta la scena è unificata da una luce tenue che entra dall'alto, dal cortile scoperchiato dietro il quale si apre un giardino, secondo un'invenzione che tornerà spesso nella pittura quattrocentesca.

Il quadro: "una finestra aperta sul mondo"

Queste invenzioni furono riprese e approfondite da Filippo Lippi: la grande Incoronazione della Vergine e santi, dipinta per il procuratore fiorentino della Chiesa di Sant'Ambrogio Francesco Maringhi (14411447), è composta da un unico grande pannello diviso però in alto da tre archi che  riprendono ancora la forma tradizionale del trittico. I bordi della pedana su cui poggiano i santi in primo piano creano un triangolo prospettico che ha il vertice sulla testa della Vergine e tutti i personaggi appaiono oggi quasi schiacciati, perché Lippi sapeva che la sua opera sarebbe stata vista dall'alto, dai coretti dove le monache di Sant'Ambrogio assistevano alla messa senza essere  viste dal pubblico sottostante. La novità maggiore sono però due figure, un angelo e un monaco, tagliate dal bordo pala, a indicare uno spazio reale che prosegue oltre ciò che la cornice inquadra, secondo un'applicazione precoce delle idee albertiane, per cui il quadro è come una finestra, oltre la quale si apre un mondo prospetticamente ordinato.

Contesti d’arte - volume 2
Contesti d’arte - volume 2
Dal Gotico internazionale al Rococò