ANALISI D'OPERA - Ambrogio Lorenzetti, Allegoria ed Effetti del Buon Governo e del Cattivo Governo

Analisi D'opera

Ambrogio Lorenzetti

Allegoria ed Effetti del Buon Governo e del Cattivo Governo

  • 1338-1339
  • affresco
  • Siena, Palazzo Pubblico, Sala dei Nove
A Allegoria del Buon Governo
B Effetti del Buon Governo in città e in campagna
C Allegoria del Cattivo Governo

L’affresco, realizzato da Ambrogio Lorenzetti tra il 1338 e il 1339, fa parte del ciclo che decora la cosiddetta  Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena ed è uno dei primi grandi esempi di pittura civile. Il Lorenzetti descrive le conseguenze di una buona e di una cattiva amministrazione, attraverso immagini allegoriche e personificazioni.

Descrizione

La parete nord (A) ospita l’Allegoria del Buon Governo: Giustizia, maestosa, siede su un trono soppesando i piatti della bilancia che Sapienza, sua consigliera, regge.
Dai piatti partono due corde, che Concordia, seduta sotto, consegna ai 24 magistrati comunali, fino a diventare il bastone del giudice impugnato dal Bene Comune (il motivo iconografico della corda deriva dall’erronea credenza che i due termini, corda e concordia, fossero etimologicamente legati).
Il vecchio, vestito dei colori dello stemma senese, è circondato dalle Virtù teologali e cardinali insieme a Pace, la donna vestita di bianco e semisdraiata sulla destra, e Magnanimità.
I due bambini allattati dalla lupa rimandano invece alle mitiche origini romane della città: si tratta dei due gemelli fondatori, Ascanio e Senio. Alla loro destra i soldati conducono dei prigionieri, quale monito delle conseguenze di una condotta contro Giustizia.
Sulla parete est (B) è la raffigurazione di una vivace veduta cittadina e di un paesaggio agricolo che, con il loro ordine e la fervente attività dei suoi abitanti, mostrano i benefici effetti di una corretta amministrazione.
Sulla parete ovest (C) sono invece descritti gli effetti disastrosi del Cattivo Governo, attraverso le personificazioni del tiranno-demone, sottomesso alla triade di Avarizia, Superbia e Vanagloria. Giustizia giace ai loro piedi incatenata, mentre la città e la campagna sono in uno stato di degrado e abbandono, preda di violenze e ruberie.

Forma, funzioni e idee 

Il Governo dei Nove volle per la sala del Consiglio, luogo di riunioni e di rappresentanza, un ciclo che fosse manifesto politico della propria amministrazione, con un ammonimento: soltanto mettendo avanti all’interesse particolare il bene comune, è possibile scongiurare la pericolosa deriva della tirannide. Il ciclo, ispirandosi a testi di Aristotele e Tommaso d’Aquino, riconosce alla Giustizia un ruolo centrale che, in un rapporto di collaborazione tra le diverse forze politiche (Siena stava al tempo attraversando un felice momento di pacificazione tra le fazioni guelfa e ghibellina), consente una retta amministrazione.
L’attenzione con cui Ambrogio descrive la città e il suo arredo trova ragione non solo nel gusto che i pittori senesi hanno per la narrazione, ma anche nell’importanza che i governanti attribuivano al decoro urbano; nella Costituzione del comune di Siena (1309-1310) si legge che è compito di chi governa avere a cuore «massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini».
Alcuni elementi richiamano Siena stessa con le sue torri, il campanile e la cupola del Duomo, per far leva sul senso di appartenenza della comunità. Gli studiosi sono tuttavia concordi nel ritenere che l’intenzione non fosse quella di eseguire un “ritratto” puntuale della città, quanto piuttosto di descrivere un centro urbano generico e idealizzato, esattamente come generali e universali sono i princìpi espressi.

Contesti d’arte - volume 1
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico