La diffusione della pittura senese

15.11 La diffusione della pittura senese

Un cronista del XVI secolo scrisse che dalla bottega di Duccio uscirono molti grandi pittori come dal cavallo di Troia. Questa curiosa immagine descrive in modo colorito un dato storico tuttora riconosciuto: i tre protagonisti della prima metà del Trecento, Simone Martini e i fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti, partirono dall’insegnamento di Duccio, che poi rielaborarono in modo originale.

Simone Martini

Con Simone Martini (Siena 1280/1285-Avignone 1344) la pittura senese si diffonde in tutto il territorio italiano, da Assisi a Napoli, da Pisa a Orvieto, fino alla sede papale di Avignone. Le sue prime opere dipendono da Duccio, ma lo stile di Simone si evolve rapidamente, fino a esaltare i caratteri più propriamente gotici della pittura, come l’eleganza della linea e gli effetti decorativi, affidati anche a un sapiente uso dell’oro.

Maestà del Palazzo Pubblico di Siena 

Fra il 1312 e il 1315 il pittore dipinge la Maestà (83) su una parete del Palazzo Pubblico di Siena, con la Madonna in trono fra angeli e santi, inquadrata da un’ampia cornice contenente raffigurazioni religiose e simboli del governo cittadino. Anche la Maestà dipinta pochi anni prima da Duccio di Buoninsegna aveva un doppio significato religioso e civile, ma in Simone prevale il messaggio dell’esaltazione della Vergine come protettrice del governo cittadino. Per questo, nella Maestà di Simone Martini, la schiera dei personaggi sacri si presenta come una corte che onora la sua regina. Rispetto alla visione frontale di Duccio, angeli e santi sono disposti lungo linee oblique convergenti verso il centro, in un modo che ricorda piuttosto la spazialità di Giotto (84).
Nel 1321 lo stesso Simone è chiamato a operare dei rifacimenti, più per aggiornare e migliorare il dipinto che per riparare dei danni. La composizione resta inalterata, ma le teste della Vergine, del Bambino e di alcuni santi assumono linee più delicate ed espressive, allontanandosi dai modelli di Duccio a cui si rifanno ancora le figure appartenenti alla prima stesura.
Quest’opera non può essere definita propriamente un affresco, non solo perché parte della pittura è stesa a secco, ma anche per gli inserti di vari materiali, come carta, pergamena, vetro, cristallo di rocca e lamine dorate. Inoltre il pittore sperimenta l’uso della  punzonatura per imprimere motivi ornamentali sull’intonaco. Questa tecnica così preziosa e inconsueta rivaleggia con quella dell’oreficeria, arte che a Siena raggiunge un grande sviluppo.

 › pagina 449 

Affreschi di Assisi 

La rapida evoluzione della pittura di Simone Martini in senso gotico avviene grazie a esperienze compiute fuori da Siena, come la decorazione ad affresco della Cappella di San Martino nella Basilica inferiore di Assisi, terminata verso il 1317. Nelle dieci scene che la compongono Simone mostra tutto il suo interesse per la realtà sensibile. Secondo le consuetudini del tempo, l’episodio di San Martino ordinato cavaliere (85), avvenuto in realtà nel IV secolo, viene attualizzato e i personaggi indossano abiti trecenteschi. Anche il gruppo dei musici e cantori sulla destra e quello dei falconieri sulla sinistra hanno un aspetto contemporaneo; solo la figura dell’imperatore, che cinge la spada sui fianchi del futuro santo e si presenta di profilo e incoronato di  alloro, si ispira forse a una moneta antica. Le architetture sono costruite in modo coerente e razionale; certamente, lavorando ad Assisi, il pittore poté compiere uno studio ravvicinato delle opere di Giotto.

Il soggiorno ad Avignone

Fu probabilmente verso il 1336 che Simone si spostò ad Avignone, allora sede del Papato. Oltre a lavorare per esponenti della curia, strinse un legame di amicizia con Francesco Petrarca, per il quale dipinse un ritratto dell’amata Laura, purtroppo perduto ma celebrato dal poeta in due sonetti. Nel 1338 il poeta, per celebrare il ritrovamento di un manoscritto rubatogli dodici anni prima, commissionò a Simone il frontespizio (86), dove si vede Virgilio intento a comporre versi, mentre Servio (autore del commento contenuto nel volume) scosta una tenda e lo mostra ai personaggi delle sue opere: il guerriero Enea, il contadino delle Georgiche e il pastore delle Bucoliche. L’attenta descrizione del paesaggio introduce un nuovo naturalismo, armoniosamente integrato con il tono colto della raffigurazione. Il sodalizio con Petrarca, che aveva sviluppato in alcune sue opere riflessioni sull’arte figurativa, produce un risultato di grande intensità. La tecnica è raffinata e sperimentale: alla consueta miniatura su pergamena (nella quale i colori erano temperati con albume d’uovo e gomma arabica) si affianca l’uso di penna, tempera e acquerello.
L’attività di Simone Martini presso la corte papale di Avignone consente all’arte senese di affacciarsi su una nuova ribalta, dalla quale il suo influsso si diffonde largamente e avrà una vasta eco nei successivi esiti del Gotico internazionale.

GUIDA ALLO STUDIO
Simone Martini
  • Originale rielaborazione dello stile di Duccio
  • Linea elegante ed espressiva
  • Uso dell’oro per gli effetti decorativi
  • Punti di contatto con lo stile giottesco

Contesti d’arte - volume 1
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico