GENERI E FORME: I codici miniati

GENERI E FORME

I codici miniati

La redazione di testi illustrati era già diffusa in Egitto e nel mondo tardo-romano. Nel corso del IV secolo al papiro, conservato in rotoli, si sostituisce la pergamena (pelle animale ammorbidita e sbiancata) rilegata nella forma del codice (come nei libri moderni). Il termine miniatura, con il quale si indica la realizzazione di decorazioni dipinte nei manoscritti, deriva dal minio (minium), il pigmento rosso usato per scrivere le iniziali. Ai colori, generalmente stemperati in gomma arabica o albume d’uovo, si accompagna talvolta la doratura a foglia, consistente nel far aderire sottilissime lamine d’oro alla pagina. Gli scriptoria dei monasteri sono i centri di produzione dei codici miniati, i quali costituiscono, oltre che il più importante strumento di diffusione della cultura durante il Medioevo, anche un luogo straordinario per la sperimentazione formale in ambito pittorico. Dal naturalismo della tarda antichità si vanno infatti progressivamente differenziando diverse scuole a seconda dell’area geografica. Nell’Europa occidentale del V e del VI secolo, per esempio, si diffondono le tradizioni celtiche e germaniche con il loro repertorio ornamentale di fitti intrecci fitomorfici, l’aggiunta di animali stilizzati e la quasi totale assenza di figure umane, come nel caso dell’incipit (frontespizio) dell’Evangeliario di Durrow, realizzato nell’omonimo monastero irlandese intorno al 680.
Con la nascita del Sacro romano impero prende avvio una vasta campagna culturale che investe tutte le arti: la produzione libraria viene intensificata mediante la creazione di scriptoria anche presso le sedi vescovili, che affiancano quelli già esistenti all’interno dei monasteri nella redazione di splendidi codici miniati. In questo periodo, noto come rinascenza carolingia ( p. 329), la riproposizione dei modelli classici viene sostenuta dal potere imperiale che cerca la propria legittimazione ricollegandosi alle gloriose radici romane. Nell’Evangeliario dell’Incoronazione (noto anche come Evangeliario di Carlo Magno perché rinvenuto nella tomba dell’imperatore al momento della sua apertura voluta da Ottone III nell’anno Mille) la figura di san Giovanni Evangelista riprende a pieno l’iconografia ellenistica del filosofo. Nell’illustrazione il fondo d’oro è sostituito da un paesaggio naturale. Le gambe del santo, assiso su una ricca cattedra, occupano in modo convincente lo spazio, poggiando su un piano disegnato prospetticamente, mentre la toga crea panneggi che ne evidenziano i volumi anatomici.

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Contesti d’arte - volume 1
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico