La pittura: i quattro stili

10.4 La pittura: i quattro stili

Le dimore imperiali – come si è visto a proposito della Domus Aurea di Nerone – erano ornate da pitture e affreschi. Ma l’usanza di dipingere le pareti di case ed edifici era in realtà molto diffusa, fin dall’età repubblicana. Modi e stili variano in base all’epoca di esecuzione, all’abilità del pittore e alle possibilità e alle intenzioni del committente. Oggi possiamo contare su esempi di pitture provenienti da tutto il mondo romano, spesso ricostruiti a partire da migliaia di frammenti.
Le prime conoscenze risalgono al Settecento, quando, con i rinvenimenti di Pompei e dell’area vesuviana, furono portati alla luce cicli pittorici splendidamente conservati, in base ai quali vennero operate le prime classificazioni. Si deve invece al tedesco August Mau la distinzione dei reperti in quattro "stili", basata anche sul testo di Vitruvio. Elaborata alla fine dell’Ottocento, è ancora ritenuta valida, e da allora, per convenzione, si continua a usare l’espressione "stili pompeiani", sebbene in realtà ci si riferisca a tendenze stilistiche presenti in tutto il mondo romano. Anzi, i pittori che lavoravano a Pompei si limitavano spesso a recepire modi e innovazioni impiegati nelle grandi città, tra cui principalmente Roma.

I stile (200 a.C.-100 a.C. circa)

Le ricche case repubblicane erano dipinte esattamente come i loro modelli greci, con pareti suddivise in tre fasce orizzontali contraddistinte da diverse decorazioni: in basso c’era uno zoccolo, spesso di colore giallo; poi una zona mediana che imitava i marmi delle regge ellenistiche; quindi una fascia superiore, in genere decorata con cornici di stucco. È questo il I stile pompeiano, detto anche stile strutturale o a incrostazioni, in uso dalla fine del III secolo fino agli inizi del I secolo a.C. In questo stile furono decorate la grande Casa del Fauno, ampliata tra II e III secolo, la Casa di Sallustio (21), tra le più antiche di Pompei, e la Casa sannitica di Ercolano.

II stile (100 a.C.-30 a.C. circa)

Dall’evoluzione del I stile nasce il II stile pompeiano. Non vengono più dipinti solo finti marmi su pareti piatte, ma anche finte colonne che "muovono" le pareti, dando l’illusione di architetture prospettiche. I muri assumono l’aspetto di grandi scene teatrali, mosse da edicole e colonne, e con pareti che sembrano aprirsi all’esterno. Uno degli esempi più antichi è quello della Casa dei Grifi (22), sul Palatino, a Roma, datata attorno al 100 a.C., che conserva ancora finte lastre marmoree. Si afferma inoltre la moda di rappresentare grandi composizioni figurate su intere pareti, fingendo di lasciar vedere scene che si svolgono in ambienti adiacenti. Tra gli esempi più celebri vi è una delle stanze della Villa dei Misteri (23) a Pompei, che proprio da questa pittura prende il nome: la scena rappresenterebbe il rituale di iniziazione di una giovane sposa ai misteri dionisiaci, alla presenza di Dioniso e del suo seguito. La donna è raffigurata al centro della parete principale, seduta di spalle mentre si sta preparando alla toeletta, aiutata dalle inservienti. La scena è perfettamente inserita in finte architetture che danno il senso della prospettiva.

MATERIALI E TECNICHE

Le tecniche pittoriche

La tecnica dell'affresco

Nel mondo romano le pitture parietali erano realizzate con la tecnica dell'affresco, cioè applicando il colore direttamente sull'intonaco ancora fresco. Sulla parete, preparata con un primo intonaco grossolano, veniva steso l'arriccio, uno strato misto di sabbia e calce dello spessore di circa un centimetro. Su questo strato, quando era ancora umido, si tracciava il disegno preliminare, la sinopia. A questo punto si stendeva un sottilissimo tonachino, composto di sabbia molto fine, polvere di marmo o pozzolana setacciata, amalgamate con acqua. Quindi, prima che l'intonaco si asciugasse, si procedeva con la stesura del colore, in modo da favorire il processo di carbonatazione della calce, che consiste nella reazione chimica tra l'anidride carbonica presente nell'aria e la calce contenuta nell'Intonaco; il processo permetteva il fissaggio dei colori. Un'importante fase di levigazione finale rendeva lo strato pittorico compatto, mentre con l'inceramento si cercava di proteggere i colori più delicati, come per esempio il cinabro il celebre rosso pompeiano – che tendeva a scurirsi se esposto al sole.

I colori

I colori impiegati avevano origine animale, minerale e vegetale. Il nero si otteneva dalla triturazione e dalla calcinazione di ossa e avorio. Il cinabro era ricavato dal solfuro di mercurio, importato dall'Asia Minore e dalla Spagna. Il ceruleo – detto "fritta" – era ottenuto da rame, fior di nitro e sabbia macinati, inumiditi e poi cotti. I gialli erano ottenuti dalle varie ocre. Molti dei colori rossi trovati nelle pitture di Pompei non sono altro che gialli, la cui colorazione è mutata a causa delle elevate temperature raggiunte durante l'eruzione del Vesuvio.

La pittura da cavalletto
Come ricorda Plinio il Vecchio nella Naturalis historia, la pittura da cavalletto – cioè i dipinti su tela o tavola – poteva essere realizzata con il metodo a tempera o con quello a encausto. Con la tecnica a tempera i pigmenti, cioè i coloranti, venivano stemperati con un legante grasso (olio o tuorlo d'uovo), per farli aderire sul supporto. Con il metodo a encausto, invece, i pigmenti, stemperati nella cera calda (enkaío, in greco, significa "riscaldare"), erano stesi sul supporto, quindi, raffreddandosi, si fissavano, rimanendo molto brillanti. 
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III stile (30 a.C.-50 d.C. circa)

Tra il 30 e il 20 a.C. – come racconta anche Vitruvio, che in quegli anni stava scrivendo il suo De architectura – si assiste a una sorta di reazione: le pareti tornano a essere mostrate come realmente esistenti, suddivise in grandi campi a fondo unito; in genere, uno zoccolo nero è sormontato da una zona mediana rossa, mentre la fascia superiore è dipinta di bianco. Le due fasce superiori sono spesso impreziosite da una grande profusione di elementi decorativi (talvolta anche di motivi egizi) e di pannelli che sembrano quadri appesi al centro delle pareti. È uno stile estremamente raffinato, tipico dell’età augustea e dei primi decenni dell’Impero.
Nell’area vesuviana, esempi di case con pitture appartenenti a questo stile sono la Villa della Porta Marina, la Casa di Marco Lucrezio Frontone, la Villa imperiale e la Villa cosiddetta di Agrippa Postumo a Boscotrecase. In quest’ultima sono celebri soprattutto le rappresentazioni minute e accurate di paesaggi idilliaco-sacrali, tra cui quello con un pastore che fa pascolare le sue caprette sotto la protezione di un santuario campestre (24). Sono gli stessi motivi che si incontrano anche nella contemporanea poesia augustea.
In alcuni casi, come in una sala semi-sotterranea adibita a triclinio della Villa di Livia a Prima Porta, la parete viene trasformata in un finto giardino (25). Al di là della recinzione dipinta in primo piano, sono raffigurati arbusti e piante ricchi di fiori e di frutti, tra i quali vola o si posa una grande quantità di uccelli dai vivaci colori: un’evidente derivazione dell’ideale greco del giardino rigoglioso, detto, con termine di origine persiana, Paradeiso.

LE FONTI

Vitruvio, nel settimo libro del De architectura, riporta le sue conoscenze sulla pittura degli antichi indicandola come modello da seguire ai contemporanei che invece, a suo avviso, prediligono pitture bizzarre che si discostano dal vero. «Gli antichi, che dettero inizio alla decorazione parietale, imitarono dapprima la varietà e la disposizione dei rivestimenti marmorei. […] Più tardi, cominciarono anche a riprodurre in prospettiva edifici con colonne e frontoni; nei luoghi aperti, come le esedre, raffigurarono, grazie all’ampiezza delle pareti, scene di ispirazione tragica, o satirica, o comica; nelle passeggiate coperte invece, visto che lo spazio si estendeva nel senso della lunghezza, dipinsero una serie di paesaggi ispirati alle varie caratteristiche dei luoghi: porti, promontori, litorale, fiumi, fonti, canali, boschi sacri, monti […]. Vi sono poi alcune pareti in cui al posto delle statue troviamo grandi affreschi con immagini divine e sequenze di scene mitologiche.»

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IV stile (50 d.C. circa-79 d.C.)

Il IV stile, che può essere definito "delle architetture fantastiche", presenta sottili elementi architettonici, come colonne e architravi, tra le quali spesso si trovano dipinti tende e tappeti sospesi. Abbondano caratteristici elementi accessori, come candelabri, colonne, cornici, dipinti in giallo oro. I colori divengono di norma ancora più vivaci; alcune delle grandi campiture ospitano riproduzioni di quadri celebri, ma anche quadretti di genere.
Nato attorno al 50 d.C., questo stile fu molto usato nelle case pompeiane che, danneggiate dal terremoto del 62 d.C., furono restaurate e ridipinte negli anni immediatamente seguenti (prima della catastrofe del 79 d.C.). Nella Casa dei Vettii fu così ridipinto il celebre oecus, una sorta di soggiorno aperto sul peristilio, decorato con grandi pitture che lo fanno assomigliare alla sala di una pinacoteca (26).
Al IV stile appartengono anche gli affreschi della Domus Aurea di Nerone a Roma, con le sottili partizioni entro le quali trovava posto una moltitudine di bizzarri motivi ornamentali (27).
Nel 79 d.C., come è noto, la vita a Pompei ha termine. La pittura a schemi architettonici sopravvive però a lungo, anche se con partiture sempre più grandi e sempre meno elaborate. Ancora nel III e IV secolo d.C., le case saranno decorate da sottili linee che delimitano le campiture, spesso anche con un grande spazio centrale, ma senza più un disegno organico, come in un edificio scavato sotto la Basilica di San Sebastiano (28), del III secolo d.C. circa, dove i riquadri ricavati tra una linea e l’altra sono riempiti da elementi decorativi (uccelli, vasi, fiori e segni zodiacali) su fondo bianco e senza alcun senso di profondità (cosiddetto stile lineare).
GUIDA ALLO STUDIO
Gli stili pittorici pompeiani

I stile

  • 200 a.C.-100 a.C.
  • Pareti suddivise in tre fasce orizzontali
  • Stile a incrostazioni

II stile

  • 100 a.C.-30 a.C.
  • Finti marmi e colonne dipinte su parete
  • Finte architetture

III stile

  • 30 a.C.-50 d.C
  • Pareti a fondo unito
  • Raffinatezza e ricchezza decorativa

IV stile

  • 50 d.C.-79 d.C
  • Architetture fantastiche
  • Colori vivaci

Contesti d’arte - volume 1
Contesti d’arte - volume 1
Dalla Preistoria al Gotico