T8 - L’ira di Giunone e la furia Alletto

T8

L’ira di Giunone e la furia Alletto

  • Tratto da Eneide, libro VII, vv. 286-340

Reduce dalla discesa agli Inferi, Enea riprende il mare, supera il lido di Circe e risale il Tevere. Resosi conto di essere finalmente arrivato al termine del suo viaggio e desideroso di fondare la sua nuova città, manda ambasciatori al re Latino, che si mostra subito così ben disposto da offrire persino in sposa a Enea sua figlia Lavinia. Ma Giunone non può tollerare la prosperità di Enea e dei Troiani.

Ma dall’inachia Argo, ecco, veniva

la fiera sposa di Giove, le vie dell’aria teneva:

e lieto Enea fin dal cielo lontano, dal siculo

capo Pachino la dardana flotta scoperse.

290 Alzar già case li vede, fidarsi ormai della terra,

lasciar da parte le navi. Si fermò, con acuto dolore,

poi scuotendo la testa così sfogò il cuore in parole:

«Ah la razza odiosa e contrari ai miei fati

i fati dei Frigi! Perirono forse nelle pianure Sigèe?

295 Vinti, forse si arresero? O Troia, ardendo, i suoi uomini

arse? In mezzo alle schiere, in mezzo alle fiamme

hanno trovato la via. Ma, credo, la mia potenza alla fine

giacque esausta o, sazia d’odio, io volli fermarmi!

Anzi, privi di patria, anche fra l’onde, implacabile

300 volli inseguirli, ai fuggiaschi per tutto il mare mi opposi.

Consunte contro i Troiani del cielo e del mare ho le forze.

Ma o Sirti, o Scilla, o la spaventosa Cariddi,

a che mi servirono? Eccoli nel letto bramato del Tevere

senza paura del mare, senza paura di me. Poté Marte

305 distrugger la razza feroce dei Làpiti, all’irata Diana

donò Calidone vetusta il padre stesso in balìa:

e che gran colpa, infine, i Làpiti o Calidone commisero?

Io, grande sposa di Giove, io che ho potuto, infelice,

non lasciar nulla intentato, che a tutto mi sono rivolta,

310 son vinta da Enea… Ma se non è grande abbastanza

la mia potenza, non voglio esitare a implorar checchessia.

Se non piego i Superi, moverò l’Acheronte.

Non potrò, lo so bene, privarlo dei campi latini,

immobile il fato gli dona Lavinia in isposa: ma trarre

315 in lungo, ma posso inceppare una cosa sì grande,

posso di entrambi i re massacrare la gente.

Con questo guadagno dei loro siano genero e suocero!

Sangue rutulo e teucro sarà tua dote, fanciulla,

Bellona tua prònuba. Non solo Ecuba Cisseide

320 d’una fiaccola incinta partorì fuoco nuziale:

Venere s’è partorita il suo Paride, ancora funeste

son fiaccole e nozze per Ilio due volte atterrata!»

Come questo ebbe detto, in terra calò spaventosa.

Alletto, madre di lutti, delle dee Dire dal luogo,

325 dalle tenebre inferne, evoca: a cui miserevoli guerre

e ire e insidie e delitti efferati son cari.

L’odia il padre stesso Plutone, le sorelle tartaree

odiano il mostro, in tanti aspetti si cambia,

tante ha orride forme, di tante serpi, nera, essa pullula.

330 Con queste parole Giunone la stimola, le dice così:

«Questo compito tuo, quest’opera, vergine figlia

della Notte, tu fammi, perché non vadano infranti

il mio nome e l’onore: che gli Eneadi non possano

attrarre alle nozze Latino e possedere l’Italia.

335 Tu armare a guerra fratelli unanimi, tu sai rovinare

le famiglie con l’odio, e colpi e fuochi mortali

lanciar contro le case: mille nomi tu hai,

mille arti per nuocere. Muovi la fertile mente,

la pace già fatta discàrdina, semina cause di guerra:

340 armi e vogliano, e chiedano, e a un tratto prendano i giovani!».


Publio Virgilio Marone, Eneide, libro VII, vv. 286-340, trad. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino 2014

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a TU per TU con il testo

Che cosa fare contro l’ira di una divinità? Fino a che punto possono spingersi l’invidia e il desiderio del male e dell’insuccesso altrui? La mitologia romana ha un nome anche per la causa dell’odio e, inevitabilmente in una civiltà misogina, si tratta di una donna: la furia Alletto. Come immaginare allora la personificazione della lotta, capace di seminare ovunque divisioni e discordia? Virgilio dà corpo in questi versi a un istinto primordiale, che vorremmo idealmente ignorare o superare, ma con il quale non possiamo non fare i conti.

In realtà, anche noi tendiamo ad attribuire a una causa esterna le nostre peggiori azioni, i litigi o gli accessi di rabbia, probabilmente perché è difficile accettare un’origine interna di sentimenti poco nobili. Espressioni colloquiali come «Mi è salita la rabbia», oppure «Che cosa ti è preso?» sono spie della convinzione diffusa che alcune emozioni forti siano identificabili in precise forze che ci assalgono e si impossessano di noi, annullando le nostre facoltà razionali. Nella religione cristiana si tratta di Satana, termine di origine ebraica che significa “avversario”, perché complotta contro l’uomo.

Analisi

Invidia e rassegnazione intridono lo sfogo di Giunone, che non sa accettare l’idea che Enea e i Troiani possano finalmente trovare riposo e costruire una nuova patria nel Lazio. La forza del suo monologo è resa ancora più efficace dallo sguardo dall’alto che segna l’attacco della scena: giunta da Argo, una delle città greche più care alla dea, la moglie di Giove scorge dal cielo la flotta troiana sin dal capo siciliano di Pachino (vv. 286-291). Delusa dalla constatazione della propria impotenza a impedire la realizzazione dei disegni del Fato, la dea ripercorre insoddisfatta tutti gli ostacoli creati sino a questo momento sulla strada dell’eroe: la distruzione di Troia, il pericolo della Sirte, Scilla, Cariddi (vv. 293-311).

La rassegna delle insidie tese invano nel passato si conclude con l’impegno a sollecitare nel futuro l’intervento delle potenze infernali (Se non piego i Superi, moverò l’Acheronte, v. 312). Nonostante la rinnovata dichiarazione di odio, permane tuttavia al fondo delle sue parole la consapevolezza che le sarà impossibile impedire il successo troiano: può solo ambire a una dilazione dei tempi e a un costo altissimo in termini di sofferenze e di morti (vv. 313-322).

Oltre alla dimensione poetica, che ne fa un capolavoro intramontabile, l’Eneide è anche un prezioso documento dell’immaginario della civiltà romana, ricca di un repertorio mitologico, che non si limita al mondo civile e raffinato degli dèi olimpici. La furia Alletto evocata da Giunone per turbare la quiete della famiglia di Latino e guastare i rapporti con Enea, aspirante sposo della figlia Lavinia, è una di quelle figure orrorose che incarnano la potenza primordiale dell’odio (vv. 323-329). Giunone scende agli Inferi per chiedere il suo intervento, convinta che possa presto e facilmente scardinare la pace e impedire le nozze tra Enea e Lavinia.

L’evocazione della furia riprende un motivo degli inni di invocazione degli dèi, caratterizzati dall’enumerazione dei poteri del dio e dei suoi molti nomi (Tu armare a guerra fratelli unanimi, tu sai rovinare / le famiglie con l’odio, e colpi e fuochi mortali / lanciar contro le case: mille nomi tu hai, / mille arti per nuocere, vv. 335-338). La molteplicità di forme e di nomi di Alletto corrisponde, del resto, alla capacità dell’odio di insinuarsi in ogni situazione, scatenando litigi e lutti.

Secondo il critico svizzero Jean Starobinski (n. 1920), nel poema l’opera vendicatrice di Giunone agisce attraverso una serie di azioni e pressioni che incarnano il suo furore: nel libro I la dea si rivolge all’acqua e alla tempesta, in questo brano invece alle potenze della terra profonda e del fuoco. Il risultato finale sarà la manifestazione di violenza esteriore che caratterizzerà il seguito del poema: la guerra.

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Laboratorio sul testo

COMPRENDERE

1. Perché Giunone è adirata contro Enea e i Troiani?


2. Che cosa acuisce la rabbia di Giunone?

  •     Il senso di impotenza. 
  •     L’odio verso Latino. 
  •     L’arroganza di Enea. 
  •     L’irreligiosità dei Troiani. 


3. A chi decide di rivolgersi la dea per ostacolare i piani di Enea e dei Troiani?


4. Fai la parafrasi del brano dal v. 324 al v. 340.

ANALIZZARE E INTERPRETARE

5. A che cosa mira in realtà Giunone? In che rapporto è la sua sete di vendetta con i disegni del Fato?


6. Trascrivi gli aggettivi e i sostantivi che contribuiscono alla caratterizzazione di Giunone e Alletto.


Giunone

 


Alletto

 


7. Secondo te, perché Alletto in tanti aspetti si cambia, tante ha orride forme (vv. 328-329)?

COMPETENZE LINGUISTICHE

8. Il linguaggio figurato. Al v. 316 si legge: posso di entrambi i re massacrare la gente. Quale sarebbe l’ordine naturale degli elementi della frase? Di che figura sintattica si tratta?

  •     Similitudine. 
  •     Iperbato. 
  •     Anastrofe. 
  •     Enjambement.

LETTERATURA E NON SOLO: SPUNTI DI RICERCA INTERDISCIPLINARE

Storia

L’appello di Giunone alla furia Alletto rappresenta un tentativo di spiegazione in chiave mitologica dello scoppio delle ostilità che preludono a una guerra. Il mondo romano conosceva una procedura religiosa piuttosto complessa, necessaria alla dichiarazione di un conflitto. Con l’aiuto dell’insegnante di Storia ricerca la funzione svolta in proposito dal collegio sacerdotale dei Feziali.

SPUNTI PER DISCUTERE IN CLASSE

È comune a varie civiltà personificare entità astratte o moti dell’animo in demoni, creature a metà tra l’umano e il divino che incidono sulla nostra vita emotiva e non solo. Un esempio è rappresentato dalla figura del munaciello nel folklore napoletano. Fai una ricerca su questo argomento e discutine in classe con i compagni.

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LA VOCE DEI MODERNI

Virgilio, Freud e un verso fortunato

L’influenza esercitata dall’Eneide nella storia della cultura europea non si è limitata al mondo delle arti e della letteratura. Il verso 312 del libro VII (flectere si nequeo Superos, Acheronta movebo, «Se non posso piegare gli dèi, muoverò l’Acheronte»), per esempio, deve la sua enorme fortuna novecentesca alla suggestione che esercitò sul grande medico viennese Sigmund Freud (1856-1939), fondatore della psicanalisi, che lo volle sul frontespizio del celebre libro L’interpretazione dei sogni.

Probabilmente l’editore stesso intuì che si trattava di un testo rivoluzionario e volle che il libro recasse la data del 1900, sebbene fosse uscito il 4 novembre 1899. Freud vedeva nel rifiuto degli dèi tradizionali e nell’appello alle potenze infere pronunciato da Giunone una critica della religione e un richiamo al mondo sepolto dell’inconscio, che rappresentava la grande scoperta della scienza psicanalitica.

L’interpretazione dei sogni, infatti, voleva proprio investigare l’Acheronte dell’anima, cioè l’inferno della psiche e delle sue pulsioni nascoste, una realtà antitetica alla razionalità che caratterizza le divinità celesti del pantheon greco-romano. È come se Freud avesse voluto avvertire il lettore sin dall’inizio che il ricorso agli dèi celesti, nel latino di Virgilio Superi, non fosse sufficiente a comprendere la complessità della vita umana, che è caratterizzata anche da componenti oscure e irrazionali. Non a caso, il seguito dell’episodio virgiliano vede il coinvolgimento di una potenza infernale, la furia Alletto, che suscita un furore incontenibile in Amata, moglie di Latino, e uno sfrenato desiderio di guerra nel popolo: anche la psicanalisi, in fondo, ambiva a provocare disordine e a mettere in discussione certezze precostituite.

È da dire che probabilmente Virgilio non aveva messo in conto questa possibilità interpretativa: la citazione voleva essere solo una dotta rievocazione di poesia latina da parte di un medico, quale era Freud, molto appassionato di cultura classica. In una lettera allo scrittore austriaco Stefan Zweig, per esempio, Freud confessava, probabilmente esagerando, di avere letto più di archeologia che di psicologia. È noto anche il suo gusto di collezionare reperti di civiltà antiche – Greci, Etruschi, Egizi, Romani, Indiani – che adorava tenere anche sulla sua scrivania, come si può osservare nel Sigmund Freud Museum di Vienna e nel Freud Museum di Londra, città dove lo studioso morì in esilio nel 1939. Scelto a introduzione di un libro così fortunato, il verso Se non posso piegare gli dèi, muoverò l’Acheronte non sarebbe passato affatto inosservato, tanto da diventare uno dei motti della psicanalisi.

L’emozione della lettura - volume C
L’emozione della lettura - volume C
Epica