La dinastia Flavia

5.1 LA NASCITA DELL’IMPERO

La dinastia Flavia

Circa un secolo dopo la fine delle guerre civili, gli eserciti tornarono a essere decisivi per determinare gli equilibri politici di Roma. La successione a Nerone, morto senza eredi diretti, fu contesa dai comandanti militari delle province, che, sfruttando la forza delle legioni a loro affidate, si scontrarono per imporsi sul trono imperiale.

Dai quattro imperatori ai Flavi

Nel 69 d.C. – che è stato definito “l’anno dei quattro imperatori” – Galba fu acclamato imperatore dalle sue truppe in Spagna. Una volta insediatosi – anche grazie al consenso del senato – egli non mantenne tuttavia le promesse di ricompensare i suoi legionari. Otone, che fino ad allora lo aveva sostenuto, ne approfittò per corrompere i pretoriani e organizzare una congiura. Divenuto imperatore, Otone fu a sua volta sconfitto da Vitellio, che era stato acclamato dalle sue legioni in Gallia.
La fine della guerra civile fu decretata dall’arrivo in Italia di Tito Flavio Vespasiano, proclamato imperatore dalle sue truppe nel Vicino Oriente, dove era stato inviato da Nerone a reprimere la rivolta di Gerusalemme. Sconfitto Vitellio in battaglia, fu riconosciuto nuova guida dell’impero anche dal senato, atto che pose fine all’instabilità seguita alla morte di Nerone.
Con Vespasiano (69-79 d.C.) ebbe dunque inizio la dinastia Flavia, che governò Roma per quasi tre decenni. Vespasiano fu il primo imperatore non proveniente dal ceto aristocratico: suo padre apparteneva infatti all’ordine equestre, ed egli riuscì a raggiungere i vertici dello Stato esclusivamente grazie alla carriera militare, a dimostrazione dell’importanza dell’esercito nella lotta per il potere.

L’impero di Vespasiano e di Tito

Nel 71 d.C. Vespasiano associò al potere il figlio Tito, che l’anno prima aveva domato la rivolta degli Ebrei, distruggendo il tempio di Gerusalemme (70 d.C.) e deportandone in schiavitù la popolazione. Le enormi ricchezze prelevate ai Giudei come bottino di guerra – oltre che le risorse ottenute dall’imposizione di nuove tasse – furono utilizzate dai Flavi per ripianare il bilancio statale, fortemente squilibrato dopo le follie di Nerone, e per realizzare grandi opere pubbliche nella capitale, come l’anfiteatro Flavio (il Colosseo), inaugurato nell’80 d.C.
Per attuare le sue politiche, Vespasiano non esitò a imporre un potere autoritario e a reprimere nel sangue l’opposizione della nobiltà senatoria. Egli consentì inoltre l’accesso al senato dei cavalieri, degli ufficiali dell’esercito e degli abitanti delle province occidentali. Nel 79 d.C. a Vespasiano succedette Tito, che sarebbe però morto di malattia solo due anni dopo. Anch’egli riuscì a garantirsi un ampio consenso popolare, attraverso l’organizzazione di grandi manifestazioni pubbliche ( FOCUS, p. 31) e l’allargamento agli abitanti delle province dell’accesso agli incarichi della burocrazia statale. In politica estera egli continuò l’azione del padre, consolidando i confini imperiali in Britannia e lungo i fiumi Reno e Danubio, minacciati dalle popolazioni germaniche.

L’epoca di Domiziano

Dopo la morte di Tito, l’impero fu affidato a suo fratello minore, Domiziano (81-96 d.C.). Egli accentuò il carattere dispotico del dominio imperiale, concentrando ogni potere nelle proprie mani e imponendo la sua divinizzazione. I membri del senato che si opposero a questo atteggiamento furono accusati di lesa maestà e sottoposti a processi che si concludevano con la confisca dei beni.
Le ricchezze ottenute dall’espropriazione degli oppositori furono in parte impiegate per risanare il bilancio statale. Questo sistema diede luogo a evidenti soprusi e malversazioni, con la proliferazione di accuse infondate a cittadini innocenti, volte unicamente a reperire risorse per le politiche statali. Gli sforzi per una gestione più oculata delle finanze statali, attuati combattendo la corruzione e controllando in modo più efficiente i funzionari imperiali, furono vanificati dalle enormi spese che Domiziano sostenne per assicurarsi il consenso della popolazione (attraverso l’organizzazione di spettacoli pubblici) e dell’esercito, la cui fedeltà era indispensabile per rimanere al potere. Gli squilibri finanziari costrinsero Domiziano a imporre un notevole aumento delle tasse.
I senatori, già colpiti economicamente dalle confische e dal rigido controllo sui funzionari provinciali, sfruttarono l’impopolarità di questo provvedimento per organizzare una congiura che, nel 96 d.C., culminò con l’assassinio di Domiziano.

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Laboratorio DELLE FONTI I TESTI

«Dicono pace, dove fanno il deserto»

In questo brano dello storico Tacito è riportato il discorso che Calgaco, capo di una popolazione della Scozia, rivolse ai suoi guerrieri per spingerli a combattere i Romani, facendo leva sulle loro ingiustizie e atrocità.

Quelli che con varia fortuna combatterono prima di noi contro i romani potevano sperare nell’aiuto del nostro braccio, perché noi, i più nobili di tutta la Britannia, e perciò situati nelle sue parti più interne, lontani da ogni lido di popoli schiavi, non eravamo neppure contaminati dalla vista della servitù. […]
Ma più in là della nostra terra non vi sono che flutti e scogli e, ancor più pericolosi, i romani, contro i quali a nulla varrebbero la sottomissione e l’obbedienza. Predatori del mondo, non avendo più terre da devastare, frugano il mare: avidi, se il nemico è ricco, arroganti, se povero, né l’Oriente né l’Occidente potrebbero saziarli. Furti, assas­sinii, rapine con falso nome essi chiamano impero e dicono pace, dove fanno il deserto. […] I figli e i parenti sono per natura quanto ciascuno ha di più caro: gli uni ci sono strappati con gli arruolamenti per servire altrove; le spose e le sorelle, anche se poterono sottrarsi alla violenza dei nemici, sono oltraggiate sotto la veste dell’amicizia e dell’ospitalità. Gli averi e i beni di fortuna ci sono consumati con i tributi, i raccolti annuali con le contribuzioni di frumento, le forze stesse e le mani ci sono logorate tra percosse e offese nella costruzione di strade attraverso foreste e paludi. Chi nasce schiavo è venduto una sola volta ed è inoltre nutrito dal padrone stesso: la Britannia ogni giorno compra la sua schiavitù, ogni giorno l’alimenta. E come tra gli schiavi di una casa l’ultimo arrivato è schernito anche dai compagni, così noi, disprezzati e ultimi venuti in questa grande e vecchia famiglia di servi, siamo assaliti per essere sterminati, non avendo campi, miniere, porti, dove essere serbati a lavorare.
” 


Publio Cornelio Tacito, Agricola, XXX, 31, trad. di A. Resta Barrile, Zanichelli, Bologna 1964.


  • Come vengono definiti i Romani nel discorso di Calgaco? Perché? 
  • Confronta l’idea di “pace” esaltata dalla propaganda di Augusto con quella presentata da Calgaco. 
  • Come vivevano i Britanni sotto il dominio romano?

I segni della crisi

I Flavi erano riusciti a mantenere una relativa stabilità politica grazie a un’apparente pacificazione interna, ottenuta sia attraverso il consenso interessato del proletariato urbano e dei legionari (entrambi di fatto mantenuti dalle elargizioni pubbliche di cereali), sia tramite la repressione delle opposizioni. Molto più duro era l’atteggiamento del potere imperiale nelle province, dove l’esercito non esitava a commettere atrocità per sedare qualsiasi tentativo di rivolta e dove i funzionari locali sfruttavano spesso pesantemente le popolazioni sottomesse. Le operazioni militari condotte dai legionari in Britannia, per esempio, furono accompagnate da numerosi episodi di crudeltà gratuita ( LABORATORIO DELLE FONTI).
Verso la fine del I secolo d.C., tra i motivi di preoccupazione per il futuro dell’impero si aggiungeva alle difficoltà dei rapporti con le province il problema del declino economico della penisola Italica.
Durante il loro principato, Tito e Domiziano avevano dovuto tra l’altro far fronte alle conseguenze provocate da una violenta eruzione del Vesuvio, che nel 79 d.C. distrusse le città di Pompei, Ercolano e Stabia, causando gravissimi danni in una regione economicamente molto ricca e dinamica. Le ragioni delle difficoltà dell’Italia erano comunque legate alla concorrenza produttiva delle province e ai cambiamenti che avevano caratterizzato l’organizzazione delle attività agricole. I proprietari terrieri tornarono ad affittare parte delle loro terre a coloni liberi, ai quali chiedevano in cambio una parte del raccolto. I coloni, a differenza degli schiavi, non dovevano essere mantenuti e lavoravano con maggiore impegno, spinti dall’incentivo del guadagno personale. La diffusione del colonato, con la conseguente frammentazione delle estensioni dei campi, contribuì però a rendere ancora meno competitiva la produzione agricola italica, esponendola ulteriormente alla concorrenza delle merci importate dalle province.

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FOCUS • IERIOGGI
PANEM ET CIRCENSES

La costruzione degli anfiteatri da parte degli imperatori romani rispondeva alla necessità di grandi strutture in cui riunire le folle per manifestazioni e spettacoli pubblici.
Fin dall’epoca repubblicana questi eventi erano organizzati per ottenere il consenso della popolazione, affascinata dall’esaltazione della magnificenza di Roma. Attraverso i giochi, inoltre, gli imperatori riuscivano a distrarre il proletariato dai problemi sociali più cogenti, come la mancanza di lavoro a Roma e nelle altre grandi città dell’impero. Gli spettacoli, che prevedevano lo scontro cruento tra gladiatori o il combattimento con animali feroci, erano coinvolgenti per il pubblico dell’epoca, che partecipava in massa agli eventi organizzati dalle autorità. Da soli, però, essi non avrebbero garantito agli imperatori il mantenimento dell’ordine sociale, né la soluzione alla miseria del proletariato. Accanto a questi espedienti, quindi, lo Stato allestì un sistema di approvvigionamento e di distribuzione di cereali alla popolazione indigente. Come scrisse nelle sue Satire (X, 81) il poeta Giovenale, vissuto tra il I e il II secolo d.C., «[il popolo] due sole cose ansiosamente desidera: il pane e i giochi circensi (panem et circenses)». L’espressione usata da Giovenale, panem et circenses, è diventata proverbiale per indicare un atteggiamento politico (e i provvedimenti a esso ispirati) volto a imbonire la popolazione, distraendola dai reali problemi, potenzialmente pericolosi per la stabilità del potere. Se a Roma l’organizzazione degli spettacoli gratuiti aveva dunque una funzione sociale importante, ciò non toglie che essi potessero creare problemi di ordine pubblico. Come avviene nei moderni stadi calcistici, negli anfiteatri romani erano frequenti gli episodi di violenza. Lo testimonia l’affresco di Pompei del 59 d.C. (immagine in basso), che raffigura i disordini scoppiati tra gli spettatori locali e quelli ospiti, provenienti dalla vicina città di Nocera, in occasione di uno scontro di gladiatori. In seguito a questo episodio, i giochi a Pompei furono sospesi per dieci anni.

L’affresco che raffigura gli scontri avvenuti a Pompei.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali eventi condussero alla fine della dinastia Giulio-Claudia e all’avvento dei Flavi? 
  • Quale ruolo ebbero gli eserciti nell’ascesa al trono degli imperatori e nel mantenimento del potere? 
  • Quali segnali di crisi emersero alla fine del I secolo d.C.?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille