L’Europa dei Franchi

9.1 L’ETÀ DEI CAVALIERI E CARLO MAGNO

IL RACCONTO DELLA STORIA

L’Europa dei Franchi

Tra i regni romano-germanici affermatisi in Europa dopo il crollo dell’impero romano d’Occidente, solo il regno dei Franchi era destinato a sopravvivere e a esercitare un ruolo egemone nel continente, arrivando a occupare, nel VII secolo, una vasta area che si estendeva dai Pirenei alla valle del Reno.
I Franchi, inizialmente divisi in tribù, si erano stabiliti nella Gallia settentrionale fin dal III secolo d.C. Dopo l’unificazione, avvenuta a opera del re Clodoveo nel 481, avevano dato vita a uno Stato in cui si era realizzata una progressiva integrazione tra la popolazione germanica e quella di origine romana. Questo elemento, insieme a un apparato militare efficiente e a nuove forme di organizzazione politica, contribuì a garantire la continuità e la potenza dello Stato franco.

Espansione e divisione del regno franco

Le basi della solidità del regno franco risalgono proprio al sovrano Clodoveo, che convertendosi al cattolicesimo (anziché all’eresia ariana, come la maggior parte degli altri sovrani dei popoli germanici) aveva ottenuto l’appoggio dei vescovi. Il sostegno del clero e delle strutture ecclesiastiche, che nel vuoto di potere seguito alla crisi dell’impero romano avevano acquisito grande influenza nella società (in particolare sull’aristocrazia fondiaria gallica), costituì un elemento di unificazione di una popolazione altrimenti molto disomogenea per etnia e costumi.
Sotto la dinastia dei Merovingi, di cui Clodoveo era membro, i Franchi estesero i propri domini su gran parte dell’Europa, conquistando i territori dell’antica Gallia romana e sconfiggendo Alemanni, Burgundi e Visigoti. Alla morte di Clodoveo, tuttavia, le lotte dinastiche provocarono la frammentazione del regno. I conflitti tra le famiglie della nobiltà franca proseguirono nel VI e nel VII secolo e favorirono le ribellioni dei Bavari, dei Turingi e degli Alemanni, che approfittarono della debolezza del potere centrale per rendersi nuovamente indipendenti. Nella Gallia meridionale nacquero dei ducati indipendenti, mentre nel Nord sorsero i regni autonomi di Neustria (a occidente) e di Austrasia (a oriente). L’autorità dei sovrani era così compromessa da procurare ai Merovingi, l’epiteto di “re fannulloni”.

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Il potere dalla terra

I re merovingi che si succedettero sul trono riuscirono in alcuni casi a ricomporre temporaneamente la divisione tra i due principali regni, ma il loro potere rimase sottoposto all’influenza dei grandi proprietari terrieri – ai quali appartenevano anche le gerarchie ecclesiastiche –, in grado di intervenire nelle scelte politiche dei re e di deporli nel caso non garantissero i loro interessi. Questa influenza era una diretta conseguenza delle caratteristiche della società franca: nell’assenza quasi totale di scambi commerciali, la ricchezza dei nobili dipendeva esclusivamente dal possesso della terra, che assicurava la produzione delle risorse alimentari e la disponibilità di uomini da impiegare come soldati in guerra.
Il potere della stessa monarchia era fondato sull’espansione dei patrimoni terrieri attuata con la conquista di nuovi territori, poiché per ottenere il sostegno politico e la fedeltà della nobiltà guerriera i re erano costretti a continue donazioni di terre. Questa consuetudine determinò però un grave indebolimento del potere regio, dal momento che i proprietari terrieri finirono per accumulare una ricchezza fondiaria superiore a quella dei sovrani.

L’ascesa dei Pipinidi

Il riconoscimento politico del ruolo della nobiltà avvenne alla fine del VII secolo. I re divennero sempre più figure di rappresentanza, prive di autorità politica effettiva, e il potere passò gradualmente nelle mani dei “maestri di palazzo”, ossia di nobili che esercitavano direttamente le attività di governo nella veste di ministri del re.
Nel regno orientale di Austrasia, durante la seconda metà del VII secolo, la carica di maestro di palazzo fu sempre assegnata a membri della dinastia dei Pipinidi, il cui capostipite era stato un ricco proprietario terriero, Pipino il Vecchio. Il loro ruolo crebbe progressivamente di importanza e, tra il 680 e il 714, Pipino di Héristal assunse praticamente pieni poteri, così da esautorare di fatto il sovrano.
Per assicurarsi la fedeltà degli altri nobili, egli intraprese una politica di espansione territoriale che gli garantì la disponibilità di nuove terre da distribuire senza intaccare il proprio patrimonio fondiario. In questo modo, inoltre, egli impegnò le forze militari dei nobili franchi in una guerra contro un nemico esterno, evitando così l’insorgere di conflitti locali per il predominio all’interno del regno. Con le sue vittoriose campagne militari, Pipino di Héristal conquistò i territori dei Frisoni e dei Sassoni, nelle zone del basso corso del fiume Reno, dopo aver sottomesso nel 687 anche il regno di Neustria.

Carlo Martello

Alla morte di Pipino di Héristal ascese alla carica di maestro di palazzo il figlio illegittimo Carlo Martello. Egli dovette difendere i territori dei Franchi dalla minaccia degli Àvari, autori di violente incursioni presso i confini orientali, e degli Arabi, che compivano frequenti saccheggi nelle aree meridionali della Gallia e, dalla penisola Iberica, miravano a espandersi verso nord attraverso i Pirenei. Carlo Martello riuscì a fermare entrambi gli invasori grazie alla forza di un esercito fondato sulla cavalleria, la cui potenza bellica trasse notevole beneficio dall’introduzione delle staffe e delle corazze di ferro, che conferivano ai cavalieri maggiore stabilità e protezione.
La solidità dell’esercito fu garantita anche da importanti provvedimenti in ambito agrario: per assicurare ai cavalieri le risorse economiche necessarie al mantenimento dei cavalli, all’acquisto dell’armatura e al costante addestramento militare, il sovrano franco cedette loro temporaneamente terre appartenenti al patrimonio fondiario della Chiesa e degli ordini monastici.
Sotto Carlo Martello, l’esercito franco raggiunse una forza d’urto temibile, che gli consentì la vittoria sugli Arabi a Poitiers (avvenuta nel 732 o nel 733). I Franchi acquisirono così il controllo dell’Aquitania, premessa per l’espansione nella Gallia meridionale e in particolare in Provenza, regione che aveva raggiunto una certa prosperità grazie ai traffici commerciali del porto di Marsiglia.

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La fine della dinastia merovingia

Alla morte di Carlo Martello, nel 741, gli succedettero al potere i figli Carlomanno e Pipino il Breve. Nonostante i successi militari, il regno dei Franchi era indebolito dall’instabilità politica – dovuta ai contrasti con le gerarchie ecclesiastiche, colpite dalle requisizioni di terre attuate da Carlo Martello per finanziare la cavalleria – e dalla mancanza di un forte potere regio, dal momento che i Merovingi continuavano a mantenere il titolo di sovrani anche se erano stati di fatto esautorati dai Pipinidi.
I legami con la Chiesa furono riannodati da Carlomanno, che sostenne materialmente e politicamente il monaco inglese Bonifacio, al quale il papa aveva affidato il compito di evangelizzare le popolazioni germaniche dell’Europa centrale. Dopo il ritiro di Carlomanno in un monastero in Italia (747), il potere passò interamente nelle mani di Pipino il Breve, che nel 751, con il sostegno dei vescovi della Gallia, depose il re ponendo fine alla dinastia merovingia.

Le conquiste di Pipino il Breve

Sotto il regno di Pipino i cavalieri franchi conquistarono anche tutta la Gallia sudoccidentale ( CARTA). Il potere dei Pipinidi fu intanto legittimato da papa Stefano II, che nel 754 consacrò il nuovo sovrano e i suoi due figli, Carlo e Carlomanno, con il titolo di “patrizi dei Romani”. La mossa del pontefice rafforzava l’alleanza del papato con il regno dei Franchi, essenziale nei conflitti che in quel periodo caratterizzavano il quadro politico in Italia. La Chiesa di Roma cercava infatti un appoggio sia per far fronte all’aggressività dell’imperatore d’Oriente, che attraverso le dispute dottrinali sull’iconoclastia tentava di estendere la propria autorità anche sul pontefice romano, sia per respingere la minaccia dei Longobardi, che stavano tentando in quegli anni di unificare sotto il proprio dominio tutta la penisola.
Dopo che nel 728 il re longobardo Liutprando aveva donato a papa Gregorio II i territori che circondavano la roccaforte di Sutri, nel Lazio (il cosiddetto Patrimonio di San Pietro), l’alleanza tra Longobardi e papato contro i comuni nemici bizantini si era infatti incrinata, in particolare in seguito all’attacco condotto da re Astolfo, nel 753, contro i possedimenti papali. Per fermare l’espansione longobarda papa Stefano II chiese l’intervento del sovrano franco, che con due spedizioni (la prima nel 754, la seconda nel 756) strappò ai Longobardi i territori dell’Italia centrale un tempo appartenuti all’impero bizantino e li donò al papato. Dal punto di vista formale, tali territori avrebbero dovuto essere restituiti non al pontefice romano, ma ai Bizantini, che prima dell’espansione territoriale di Liutprando controllavano l’esarcato. Sulla base dell’alleanza tra i Franchi e il papato, invece, questi possedimenti si aggiunsero al Patrimonio di San Pietro, che si estendeva ormai su gran parte dell’Italia centrale – dal Lazio all’Umbria, alle Marche e alla Romagna – e che costituiva il nucleo dello Stato della Chiesa su cui i papi avrebbero esercitato il loro potere temporale ( FOCUS).
L’intervento di Pipino e la sconfitta di Astolfo riportarono una situazione di equilibrio in Italia e consentirono l’instaurarsi di relazioni diplomatiche pacifiche tra i Franchi e i Longobardi. Alla morte di Pipino, nel 768, esse furono consolidate dal matrimonio del figlio Carlo con la figlia del re longobardo Desiderio.

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FOCUS • IERIOGGI
POTERE TEMPORALE

Questa espressione, derivata dal latino tempus in riferimento al “tempo” della vita terrena degli individui, indica la sovranità esercitata dal papa sui territori appartenenti alla Chiesa, che dall’VIII secolo, dal nucleo originario del Patrimonio di San Pietro, si estesero fino a formare il vasto Stato della Chiesa. Essa si affianca e si contrappone all’espressione “potere spirituale”, che indica l’autorità propriamente religiosa della Chiesa di Roma su tutti i cristiani cattolici.
All’VIII secolo risale probabilmente anche l’elaborazione di un documento, la cosiddetta Donazione di Costantino (Constitutum Costantini), che le gerarchie ecclesiastiche misero in circolazione per confermare la legittimità del loro potere temporale. In tale documento, che riportava la data del 315 d.C., si affermava che l’imperatore romano Costantino avesse affidato a papa Silvestro I e ai suoi successori il dominio politico non solo sull’Italia, ma su tutto l’impero d’Occidente, mantenendo per sé solo il controllo dell’Oriente e trasferendo per questo motivo la capitale a Costantinopoli.
La veridicità dell’editto fu confutata solo nel XV secolo, quando, sulla base di incongruenze lessicali e di evidenti anacronismi, l’umanista Lorenzo Valla dimostrò l’impossibilità che risalisse al IV secolo. Per tutto il Medioevo, tuttavia, le gerarchie ecclesiastiche sfruttarono questo documento falso per rivendicare il diritto di governare vasti possedimenti territoriali.
Nel corso dei secoli l’estensione dei territori della Chiesa ha subito vari cambiamenti, intrecciandosi con le vicende politiche degli Stati e degli imperi affermatisi nel continente europeo, finché, durante il Risorgimento italiano, lo Stato pontificio fu annesso al Regno d’Italia. Nel 1870 ebbe dunque fine il potere temporale del papato; con i Patti Lateranensi del 1929, tuttavia, lo Stato italiano ha riconosciuto la sovranità del papa sulla Città del Vaticano, compresa entro l’area urbana di Roma.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Chi erano i “re fannulloni”?
  • Chi erano i maestri di palazzo e quale ruolo svolsero nell’evoluzione del regno franco?
  • Su quale reparto si basava la forza dell’esercito franco?
  • Che cosa avvenne a Poitiers nel 732 (o 733) d.C.? Quale significato fu attribuito all’episodio?
  • Su quali interessi si fondò l’alleanza tra regno dei Franchi e papato?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
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Da Roma imperiale all’anno Mille