Lo sviluppo economico e tecnologico che ha interessato gran parte del mondo negli ultimi due secoli ha portato a un generale miglioramento dello stato di salute nella maggioranza della popolazione mondiale. In particolare, i progressi della medicina e l’estensione delle cure mediche hanno determinato un crollo del tasso di mortalità di molti Paesi. Le innovazioni che hanno salvato più vite sono due: i vaccini, la cui diffusione ha permesso di combattere (e in molti casi debellare) molte malattie infettive, e gli antibiotici, che hanno ridotto le morti causate da infezioni.
Uno degli indicatori più validi dello stato di salute di una popolazione è la speranza di vita.
Nel 1850 la speranza di vita della popolazione mondiale era inferiore ai 40 anni, mentre oggi si aggira intorno ai 68 anni. Tuttavia esistono ancora importanti differenze tra i Paesi avanzati e quelli in via di sviluppo, dovute alle disparità nell’accesso a risorse e servizi: qualità e quantità dell’alimentazione, disponibilità di acqua potabile, accesso alle cure mediche. Tali differenze si riflettono nei dati della speranza di vita media dei vari Paesi: 84,5 anni nel Principato di Monaco, 83,5 in Giappone, 82,5 in Italia, mentre si scende fino ai 60,5 anni in Afghanistan e a 51 nella Repubblica Centrafricana.
Anche i dati sulle principali cause di morte nei vari Paesi rivelano grandi disparità nei livelli e stili di vita.
Nei Paesi in via di sviluppo si muore soprattutto per malattie legate alla denutrizione e alle scarse condizioni igienico-sanitarie, oppure per la mancanza di cure mediche di base: infezioni polmonari, Aids, dissenteria, malaria, complicazioni del parto. Nei Paesi avanzati, invece, le principali cause di morte sono le malattie cardiovascolari (come infarti e ictus), i tumori e il diabete, cioè malattie causate da “fattori di rischio” come l’eccesso di alimentazione, la mancanza di attività fisica, il fumo e l’abuso di alcol, che riflettono lo stile di vita dei Paesi avanzati.