I rapporti con la Chiesa e l’arrivo dei Franchi

7.3 I LONGOBARDI IN ITALIA

I rapporti con la Chiesa e l’arrivo dei Franchi

A partire dalla fine del VII secolo, con la conclusione delle guerre di conquista e la relativa stabilità politica che ne derivò, anche la situazione economica e sociale dell’Italia cominciò a migliorare. Nelle trasformazioni che si verificarono in questo periodo ebbe un ruolo da protagonista la Chiesa di Roma, che pose le basi del proprio dominio territoriale e si avviò a diventare una delle entità politiche e statali più importanti della penisola.

L’autorità della Chiesa

A differenza di quanto era accaduto in Oriente, la frammentazione territoriale dell’Italia aveva favorito l’autonomia della Chiesa dal potere politico. In questo contesto, le gerarchie ecclesiastiche svolsero un fondamentale ruolo di ricomposizione sociale e di mediazione tra popoli, dopo i contrasti e le violenze che avevano accompagnato l’invasione longobarda. La strategia seguita dalla Chiesa fu volta a promuovere una progressiva fusione tra gli invasori e la popolazione preesistente, soprattutto attraverso la conversione dei Longobardi dall’arianesimo alla fede cattolica.
Anche i sovrani longobardi, del resto, avevano interesse a perseguire questa prospettiva. Come nell’ultima fase dell’impero e poi durante il dominio ostrogoto, il sostegno delle gerarchie ecclesiastiche era infatti fondamentale per legittimare il potere e assicurare una certa stabilità sociale nel regno. Il rapporto con l’organizzazione capillare e diffusa della Chiesa, oltre che il parziale recupero delle modalità amministrative tipiche della tradizione romana, supplirono infatti alle carenze dello Stato longobardo nel controllo del territorio, derivanti da una tradizione insediativa, quella delle fare, più adatta agli stanziamenti provvisori tipici delle fasi di conquista militare che al governo di un regno.

La conversione dei Longobardi

Un ruolo decisivo nel processo di stabilizzazione del dominio longobardo in Italia fu appunto giocato dalla loro conversione, promossa dalla regina Teodolinda (584-616), moglie del re Autari e poi del suo successore Agilulfo. Quest’ultimo, in particolare, sfruttò il sostegno della Chiesa per rafforzare la monarchia e ridurre l’autonomia dei duchi.
L’azione di Teodolinda fu sostenuta da papa Gregorio Magno (cioè “il Grande”, 590-604 d.C.), figura fondamentale della Chiesa di questo periodo. Erede dell’aristocrazia fondiaria di origine romana, egli era impegnato intensamente nell’opera di evangelizzazione dei Germani.
Anche in questo caso, d’altra parte, l’accordo con la monarchia era sostenuto sia da ragioni economiche, sia da considerazioni politiche: raggiungendo un’intesa con i Longobardi, il papa intendeva infatti recuperare gli antichi privilegi assicurati in passato agli ecclesiastici dagli imperatori romani e dai sovrani ostrogoti.
La conversione rappresentò il primo passo verso una vera integrazione tra Longobardi e discendenti dei Romani, che sarebbe culminata nell’adozione della lingua latina come idioma ufficiale dello Stato alla fine del VII secolo.

La guerra contro i Bizantini

A favorire l’integrazione tra Chiesa e regno longobardo, infine, vi fu il cambiamento che si verificò nei rapporti tra il papato e l’impero d’Oriente. Tra il VI e il VII secolo la Chiesa di Roma aveva considerato l’impero bizantino come un alleato e un fondamentale argine alle distruzioni attuate dagli invasori germanici. La presenza militare dei Bizantini in Italia, in effetti, aveva salvato molti centri di culto dalle devastazioni dei Longobardi.
Le buone relazioni diplomatiche con Bisanzio erano state inoltre favorite dalla fine dei dissidi dottrinali che avevano segnato i secoli precedenti. Il concilio di Costantinopoli (680-681) aveva addirittura consolidato questa concordia, stabilendo la fine dei contrasti tra il papa e il patriarca bizantino.
I rapporti tra Roma e Costantinopoli iniziarono però a deteriorarsi agli inizi dell’VIII secolo, in seguito all’appoggio dato dai patriarchi orientali alla corrente teologica che combatteva l’uso e la venerazione delle immagini religiose, la cosiddetta “iconoclastìa” (di cui parleremo più approfonditamente nella prossima Unità). La frattura tra le due Chiese fu sfruttata dal re longobardo Liutprando (713-744) per invadere i territori bizantini nell’Italia centrale, in particolare nel Lazio; qui il sovrano confidava nell’appoggio dei cattolici, in rotta con la Chiesa orientale. In effetti la popolazione di origine romana non aveva particolari motivi per sostenere i Bizantini contro i Longobardi: l’illusione di tornare a far parte dell’impero era svanita dopo la guerra greco-gotica. A questi aspetti si aggiungeva anche la decisa opposizione del nuovo papa Gregorio II (715-731) alla lotta contro le immagini sacre che la Chiesa orientale stava conducendo.
Quando le popolazioni di Ravenna e di Roma si ribellarono al dominio bizantino, tra il 727 e il 733, Liutprando ne approfittò per occupare militarmente l’esarcato. Tuttavia, sebbene l’esercito imperiale fosse molto indebolito e sostanzialmente incapace di opporsi all’avanzata longobarda, Liutprando non riuscì a completare la conquista del Lazio, anche perché questa mossa avrebbe determinato uno scontro con il papato che egli voleva evitare.
Il sovrano longobardo, invece, donò al papa alcuni territori strappati ai Bizantini: con la donazione di Sutri (728 d.C.) si costituì il cosiddetto Patrimonio di San Pietro, il primo embrione del futuro Stato della Chiesa e del potere temporale dei papi.

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DOSSIER ARTE  La corona ferrea

La corona ferrea che contiene una lamina in metallo ricavata, secondo la tradizione, da uno dei chiodi della croce di Cristo.

La regina Teodolinda abbellì con splendidi monumenti la città di Monza (Lombardia), che durante il regno di Agilulfo divenne capitale estiva del regno longobardo. Qui risiedeva la corte nelle stagioni in cui il clima, a Pavia, era eccessivamente afoso. Oltre alle basiliche e al palazzo reale, Teo­dolinda fece edificare anche il celebre duomo, che arricchì di splendide opere d’arte, di preziose reliquie e raffinati manufatti.
In particolare, il duomo di Monza conserva ancora oggi la cosiddetta corona ferrea, che, a partire dall’epoca longobarda, fu usata per incoronare tutti i re d’Italia fino al XIX secolo. Secondo la tradizione, il ferro contenuto nella lamina circolare che si trova all’interno della corona apparteneva a uno dei chiodi della croce di Cristo, recuperato da sant’Elena, la madre dell’imperatore Costantino, a Gerusalemme, nei luoghi in cui Gesù era stato crocifisso. La reliquia sarebbe poi giunta nelle mani della regina Teo­dolinda attraverso Gregorio Magno.
La tradizione che legava l’origine della corona alla passione di Cristo e, allo stesso tempo, al primo imperatore cristiano, la rese un oggetto di straordinario valore simbolico, che legittimava il potere di chi la portava ricollegandolo a un’origine divina e affermando una continuità con l’impero romano.

L’arrivo dei Franchi

Il successore di Liutprando, Astolfo (749-756), riprese i progetti del predecessore, cacciando definitivamente i Bizantini (che intanto avevano ripreso Ravenna) dall’esarcato e proseguendo la conquista del Lazio. Sembrava che tutta la penisola fosse a un passo dall’essere unificata sotto il dominio longobardo.
A cambiare i rapporti di forza, tuttavia, intervenne l’accordo diplomatico tra il nuovo papa Stefano II (752-757), che temeva per le sorti della Chiesa, e il sovrano dei Franchi, Pipino III. Come vedremo, questi era salito al trono nel 751 destituendo l’ultimo re merovingio e dando inizio alla dinastia carolingia. In base agli accordi, Pipino guidò i Franchi in due spedizioni in Italia, nel 754 e nel 756, grazie alle quali sconfisse Astolfo e sottrasse ai Longobardi l’esarcato di Ravenna, donato al papa ( CARTA). I possedimenti territoriali della Chiesa si ingrandivano: il papato non esercitava più soltanto un’autorità spirituale sui fedeli, ma rivendicava ormai compiutamente la propria sovranità territoriale.

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La fine del regno longobardo

Con l’intervento dei Franchi, il papa ottenne dunque la garanzia della propria autonomia, sventando la minaccia della sottomissione ai Longobardi. La pace tra Longobardi e Franchi fu invece sancita da un’alleanza matrimoniale: il figlio di Pipino, Carlo, sposò infatti la figlia del nuovo re longobardo Desiderio (756-774).
La pace, tuttavia, durò poco. Dopo la morte di Pipino (768) e del fratello Carlomanno (771), Carlo ruppe il matrimonio con Ermengarda e mosse guerra a Desiderio, che, dopo il ritorno dei Franchi in patria, aveva ripreso Ravenna e nuovamente minacciato i territori di Roma. L’intervento di Carlo fu richiesto dal nuovo papa Adriano (772-795): i Franchi scesero nella penisola nel 774 d.C. e, al comando del loro sovrano, espugnarono Pavia sconfiggendo definitivamente i Longobardi. Il loro regno passò dunque nelle mani dei Franchi, che estesero la propria influenza anche sui territori assegnati al papa e al ducato di Spoleto.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Chi furono i promotori della conversione dei Longobardi al cattolicesimo? Per quali motivi?
  • Quali progetti avevano Liutprando e Astolfo? Quali conseguenze derivarono dalla loro attuazione?
  • Quali eventi posero fine al dominio longobardo in Italia?

Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Il nuovo Storia&Geo - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille