L’espansione di Roma e le guerre sannitiche

4.2 LE ORIGINI DI ROMA

L’espansione di Roma e le guerre sannitiche

Nel corso del V e del IV secolo a.C., la riorganizzazione delle istituzioni statali interne si accompagnò al consolidamento dei possedimenti territoriali di Roma, che si estesero ben oltre i confini originari della città. Alla fine di questo processo di espansione politica e militare, Roma diventò la potenza egemone nella penisola Italica.

La conquista del Lazio 

Subito dopo l’istituzione della repubblica, gli Etruschi, entrati in una fase di inarrestabile decadenza, persero il controllo di gran parte dei loro territori. Liberi dall’influenza etrusca, i popoli dell’Italia centrale poterono così organizzarsi in una lega delle città latine per combattere la nascente potenza romana. La coalizione fu però sconfitta nel 496 a.C. presso il lago Regillo, e nel 493 a.C. fu convinta a stipulare un trattato di alleanza con i Romani.
Questo patto, denominato foedus cassianum (dal nome del console romano che guidò le trattative, Spurio Cassio Vecellino), riunì tutti gli eserciti delle città latine della valle del Tevere contro i popoli insediati sui rilievi appenninici del Lazio: i Sabini, i Volsci, gli Equi e gli Èrnici.
Queste popolazioni, dedite prevalentemente alla pastorizia ed escluse dai traffici commerciali, compivano frequenti scorrerie nella pianura del Tevere, attratte dalle ricchezze di Roma. Dopo anni di scontri armati, verso la fine del V secolo a.C. i Romani e gli alleati latini conquistarono definitivamente i loro territori, fondandovi numerose colonie. Spartendosi le nuove terre con gli alleati latini, Roma si garantì di fatto il predominio politico sul Lazio.

Le guerre contro gli Etruschi e i Galli

L’egemonia romana nel Lazio giunse presto a minacciare le città etrusche situate più a nord. Nel 396 a.C. la città di Veio, che fin dal V secolo a.C. aveva conteso a Roma il controllo dei commerci lungo il Tevere, venne rasa al suolo dopo un lungo assedio guidato dal dittatore Furio Camillo, e i suoi territori furono distribuiti ai cittadini romani.
La crescente potenza romana fu però messa seriamente in pericolo pochi anni dopo. Nel 390 a.C. Roma subì l’invasione dei Celti (chiamati Galli dai Romani) che, approfittando della debolezza etrusca, scesero dalla pianura Padana per compiere scorrerie nell’Italia centrale. Sconfitti i Romani presso il fiume Allia, i Galli entrarono in Roma e la saccheggiarono. La tradizione romana narra che Furio Camillo guidò la rivolta armata dei Romani contro gli invasori; in realtà, questi ultimi abbandonarono la città solo dopo aver imposto ai Romani il pagamento di ingenti tributi in oro.

I Sanniti 

Cogliendo il momento di difficoltà di Roma, Volsci, Ernici, Etruschi e Latini si allearono per impedirle di riconquistare la supremazia nel Lazio; dopo alcuni decenni di guerra, tuttavia, furono sconfitti nel 358 a.C.
Ben più temibile, per i Romani, si rivelò invece la minaccia dei Sanniti, un insieme di tribù autonome e indipendenti riunite in una confederazione militare. Mentre Roma consolidava il proprio predominio sul Lazio, i Sanniti, stanziati sui rilievi appenninici dell’Italia centromeridionale, avevano conquistato alcune colonie etrusche e greche della Campania, attirati dalle terre fertili della pianura. Fino ad allora dediti alla pastorizia e a un’agricoltura di sussistenza, grazie all’espansione territoriale essi riuscirono a ottenere il controllo dei traffici commerciali che avevano sbocco sul Tirreno, giungendo a costituire un ostacolo all’espansione di Roma verso il Sud e a minacciare gli intensi scambi che essa aveva stabilito con le città della Magna Grecia.

La prima guerra sannitica 

Per evitare uno scontro diretto, nel 354 a.C. i Romani stipularono un accordo, in base al quale i Sanniti erano liberi di espandersi nelle regioni interne ma non dovevano minacciare le città costiere, poste sotto la protezione di Roma. Il patto venne meno nel 343 a.C., quando i Romani approfittarono delle minacce sannitiche alla città di Capua per invadere i loro territori. Furono queste le premesse del primo conflitto che contrappose i Romani ai Sanniti (343-341 a.C.). I Sanniti disponevano di un esercito più numeroso ed erano favoriti dalla posizione geografica: i loro insediamenti, posti sui rilievi appenninici, erano difficili da attaccare. La guerra si risolse così senza vincitori, con la firma di un nuovo patto. I Romani furono indotti a stringere un nuovo trattato di pace con i Sanniti anche per la necessità di combattere congiuntamente i popoli latini, che si erano nuovamente alleati con i Volsci e i Campani in funzione antiromana. La guerra contro questa coalizione durò dal 340 al 338 a.C., quando i ribelli furono definitivamente sconfitti e Roma estese il proprio controllo sulla Campania.

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La seconda guerra sannitica 

La conquista romana dei territori campani riaccese lo scontro con i Sanniti, che impegnarono duramente l’esercito romano in una seconda guerra tra il 326 e il 304 a.C. Nel 321 a.C. i Romani furono sconfitti presso una gola tra le montagne, le Forche Caudine, lungo i sentieri che collegavano Capua e Benevento. I Sanniti tesero loro un’imboscata e catturarono numerosi prigionieri, sottoponendoli poi a pesanti umiliazioni (tra cui quella di passare disarmati sotto un giogo formato da aste piantate nel terreno mentre i nemici li insultavano).
Una serie di sconfitte spinse i Romani ad abbandonare la strategia degli attacchi frontali, che non aveva alcuna possibilità di successo in un territorio impervio e inadatto alle battaglie campali; essi optarono invece per la divisione delle legioni in reparti formati da un numero inferiore di soldati e quindi più agili e rapidi negli spostamenti, i cosiddetti manipoli.
Per rendere più celeri i trasferimenti delle truppe, inoltre, i Romani cominciarono a costruire le prime grandi strade ( DOSSIER, p. 280). Fu in questi anni che il censore Appio Claudio Cieco fece costruire il collegamento viario, la via Appia, che portava da Roma alla città campana di Capua. Nata da esigenze militari, la costruzione di un’efficiente rete stradale avrebbe poi favorito l’espansione commerciale di Roma in tutti i territori conquistati in seguito, diventando un tratto distintivo della stessa civiltà romana. Accanto alla riorganizzazione militare e logistica, Roma attuò anche un’offensiva diplomatica volta a trovare alleati tra i popoli italici confinanti con i Sanniti, riuscendo ad accerchiarli e infine a costringerli alla resa. La seconda guerra sannitica si concluse nel 304 a.C. con la conquista della loro capitale, Boviano.

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La terza guerra sannitica 

L’espansione territoriale di Roma, ormai inarrestabile, mise in allarme gli altri popoli dell’Italia centrale. Sanniti, Etruschi, Umbri e Galli (stanziati anche sulla costa adriatica) costituirono un’alleanza per bloccare la sua avanzata, fornendo ai Romani il pretesto per scatenare un terzo conflitto (298-290 a.C.). Adottando una strategia che puntava al logoramento degli avversari, i Romani ottennero un’importante vittoria presso Sentino (Umbria) nel 295 a.C. e ruppero il fronte alleato, costringendo gli Etruschi alla resa. Nel 290, poi, sconfissero definitivamente i Sanniti a Boviano, imponendo loro dure condizioni di pace. I Galli, infine, si arresero nel 283 a.C. Nei loro territori i Romani fondarono la colonia di Senigallia (Sena Gallica).
Alla fine della terza guerra sannitica, Roma dominava ormai le aree appenniniche dell’Italia centromeridionale, l’Etruria e parte dell’Italia centrosettentrionale. La sua completa egemonia sulla penisola era ostacolata soltanto dalle colonie elleniche della Magna Grecia.

La guerra contro Pirro 

La principale antagonista all’espansione romana nell’Italia meridionale era la ricca città di Taranto. Rispetto alle guerre precedenti, combattute da Roma sulla terraferma, la contrapposizione con Taranto e le altre colonie elleniche presentò un elemento di grande novità: i Romani dovettero ricorrere per la prima volta all’uso delle navi per contrastare l’egemonia marittima dei loro avversari. Fu in questo periodo che, grazie alle conoscenze tecniche ereditate dalle popolazioni costiere sottomesse, i Romani si impegnarono nella costruzione di una flotta che si sarebbe rivelata fondamentale per la successiva espansione commerciale e militare nel Mediterraneo.
Un accordo stipulato con Taranto nel 302 a.C. delimitava le rispettive aree di influenza sui mari. Nel 282 a.C., però, Roma inviò la propria flotta nel mar Ionio, violando il trattato stipulato vent’anni prima e intimando ai Tarantini di arrendersi. La città chiese allora aiuto a Pirro, re dell’Epiro (regione occidentale della Grecia), che dopo il fallito tentativo di impadronirsi del regno ellenistico di Macedonia era impegnato in una politica espansionistica verso occidente. Intervenendo nei conflitti in corso nell’Italia meridionale, Pirro poteva sperare di imporvi la propria supremazia militare.
Il re dell’Epiro poteva contare sull’efficienza delle sue falangi e sull’impiego in battaglia degli elefanti, utilizzati per trasportare i soldati e consentire loro di colpire i nemici dall’alto. Sconosciuti ai Romani, gli elefanti provocarono lo scompiglio tra i legionari, permettendo a Pirro di vincere una difficile battaglia presso Eraclea, in Basilicata, nel 280 a.C. Cogliendo il momento di difficoltà di Roma, le altre colonie greche, i Sanniti e gli altri popoli dell’Italia meridionale si allearono con Pirro e con la città di Taranto in funzione antiromana. L’esercito della coalizione vinse i Romani nella battaglia di Ascoli Satriano, in Puglia, nel 279 a.C., ma la vittoria fu raggiunta solo con il sacrificio di gran parte dell’esercito greco. Il costo di questa vittoria fu così alto che da allora l’espressione “vittoria di Pirro” indica un successo ottenuto a caro prezzo.

DOSSIER TECNOLOGIA  Le strade romane
Gli strati che componevano una strada romana.

La realizzazione delle strade romane iniziava con lo scavo e il consolidamento del terreno. La terra veniva battuta e ricoperta con uno strato di pietre di diverse dimensioni (1), tenute insieme con la malta (un impasto di calce e sabbia) per evitare che il fondo perdesse di solidità in caso di pioggia. Quindi veniva steso uno strato di sabbia e ghiaia (2), sul quale erano depositate grosse pietre piatte e di forma regolare (3). Caratteristica dello strato superficiale era la disposizione “a schiena d’asino”, con la parte più elevata al centro del tracciato, in modo che l’acqua piovana scorresse ai lati. La sede stradale era larga circa 5 metri, per consentire il passaggio contemporaneo dei carri in direzioni opposte, e a ogni miglio (corrispondente a circa 1,5 km) sui margini delle strade era collocato un cippo, detto pietra miliare, che segnalava la distanza dal centro di Roma.

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La conquista dell’Italia meridionale 

La guerra in Italia, che nelle intenzioni di Pirro doveva essere breve e trionfale, si rivelò dunque più difficile del previsto. Poiché tra i soldati cominciava a serpeggiare il malumore per la lunga lontananza dalla patria, il condottiero greco si risolse a cercare un diverso obiettivo strategico per le sue truppe.
In quel periodo i coloni greci di Siracusa erano minacciati dall’espansione dei Cartaginesi nella Sicilia occidentale; nel 278 a.C. Pirro ne approfittò per venire in aiuto della colonia greca. Tuttavia, nonostante le numerose vittorie, nel 276 a.C. il re epirota dovette tornare sulla penisola Italica senza essere riuscito a fermare l’avanzata cartaginese. Qui riprese la guerra contro Roma, ma la forza del suo esercito era ormai compromessa. Nel 275 a.C. fu sconfitto a Benevento (come fu ribattezzata dai Romani la località di Maleventum in seguito alla vittoria) e fu costretto a ritornare in Epiro.
Battuto Pirro, i Romani sottomisero facilmente tutte le popolazioni che ancora si opponevano alla loro egemonia. Nel 270 si arrese anche Taranto: il dominio di Roma era ormai esteso su tutta l’Italia peninsulare

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali furono le cause delle guerre sannitiche?
  • Che cosa accadde presso le Forche Caudine? 
  • Quale tattica militare consentì ai Romani di prevalere? 
  • Quale novità militare presentò la guerra contro Taranto? 
  • In quale battaglia decisiva Pirro venne definitivamente sconfitto dai Romani?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana