3.5 L’ETÀ ELLENISTICA

CITTADINANZA & COSTITUZIONE

Diritti umani: un concetto in continua evoluzione

Art. 2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”

I “diritti umani” si definiscono tali in quanto appartengono a ogni individuo, indipendentemente dal sesso, dalla religione, dalle condizioni sociali, dal luogo di nascita, dalla lingua, dall'opinione politica, dall'orientamento sessuale e da ogni altra differenza culturale. Si tratta di diritti inalienabili, di cui nessuno, cioè, può essere privato; di conseguenza, secondo la dottrina filosofica che ne sostiene l'esistenza, essi sono indipendenti dalle leggi dello Stato in cui si vive: se le norme di un Paese li negano, tali norme sono da considerarsi illegittime. Il concetto di diritto umano ha subito notevoli cambiamenti nel corso del tempo. Sebbene nell'antichità non manchino importanti esempi di leggi ispirate alla tolleranza – tra le quali il cosiddetto “Cilindro di Ciro”, il primo testo in cui si esprime rispetto per l'essere umano in quanto tale e con cui l'imperatore persiano Ciro il Grande abolì i lavori forzati e concesse libertà di culto ai suoi sudditi – si tratta sempre di “concessioni” che discendono dalla volontà di un sovrano, non del riconoscimento di prerogative legittimamente appartenenti agli individui. Nemmeno nelle póleis greche, dove si affermarono le prime forme di democrazia e si sviluppò il concetto di cittadinanza, i diritti erano riconosciuti a tutti gli individui: soltanto i cittadini maschi dotati di un certo reddito godevano dei diritti politici e civili, mentre ne rimanevano esclusi le donne, gli stranieri e gli schiavi.
Fu solo con l'età moderna che le cose cambiarono radicalmente. Se nella pratica politica e nella riflessione filosofica antica l'interesse era sempre stato rivolto al bene della collettività, e non a quello del singolo, con il pensiero filosofico-giuridico moderno cambiò la prospettiva dalla quale si guardava alle prerogative politiche e sociali degli esseri umani. Secondo la dottrina giusnaturalista, i depositari dei diritti non sono le comunità, ma i singoli individui, dotati appunto di diritti naturali, superiori a ogni legge prodotta dall'uomo proprio perché intrinseci alla natura umana.
Questo orientamento culturale fu alla base, alla fine del Settecento, dei primi documenti legislativi in cui i diritti umani erano esplicitamente affermati come fondamentali e inalienabili: la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America (1776), la Costituzione americana (1787) e la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (1789) nata dalla Rivoluzione francese. Nei secoli successivi, la sfera contemplata dalla nozione di diritto umano si è via via allargata, arrivando a comprendere innumerevoli ambiti d'azione. Ai diritti “di prima generazione”, che riguardano l'integrità fisica della persona e la libertà di pensiero e di culto, si sono così affiancati quelli di “seconda generazione”, ossia i diritti sociali riguardanti il lavoro, la salute, l'istruzione. A partire dagli anni Settanta del Novecento si è cominciato a parlare di diritti di “terza generazione” in tema di pace e di sviluppo economico e sociale, in riferimento soprattutto ai Paesi in via di sviluppo. Oggi, infine, si parla di diritti di “quarta generazione” relativamente alle questioni etiche sollevate dal travolgente sviluppo tecnico-scientifico nei settori dell'informatica e della genetica, che pone problemi giuridici del tutto inediti (la tutela della privacy nell'era di Internet, per esempio).
Se oggi parliamo di diritti di quarta generazione, comunque, ciò non significa che i diritti di prima, seconda e terza generazione siano rispettati in tutto il mondo. Al contrario, sono molti i Paesi in cui la loro violazione è diffusa e costante. Del resto, per secoli i diritti umani sono stati considerati affari interni ai singoli Stati, e persino le norme e le convenzioni internazionali elaborate dopo il secondo dopoguerra non hanno carattere vincolante per le nazioni che le riconoscono. I principi contenuti nella Carta delle Nazioni Unite (approvata nel 1945) e nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (adottata dall'Assemblea dell'Onu nel 1948) sono quindi ancora in gran parte da realizzare: «Promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione» (art. 1 della Carta delle Nazioni Unite) rimane un compito delle generazioni future.

  • Qual è il primo documento storico in cui si fa riferimento al rispetto dei diritti umani?
  • Quali sono i primi documenti in cui i diritti umani vengono espressamente dichiarati “inalienabili”?
  • I diritti umani sono, attualmente, rispettati in tutti gli Stati del mondo?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana