3.4 LA GRECIA CLASSICA

IL RACCONTO DELLA STORIA

Le guerre persiane e l’egemonia di Atene

I concetti chiave

  • Le guerre contro i Persiani   
  • L’età classica e il predominio della democrazia ateniese
  • Il periodo d’oro dell’arte e della filosofia greca
  • La decadenza ellenica e il dominio di Sparta

Mentre, nel corso del VI secolo a.C., i Greci si apprestavano a raggiungere la supremazia commerciale nel Mediterraneo orientale, una nuova potenza si affacciava sulla scena: l'impero persiano, che, già esteso dall'India all'Asia minore, mirava a espandersi verso occidente con la forza di un esercito numericamente superiore e meglio equipaggiato di quello delle póleis greche.

Il vasto impero dei Persiani

I Persiani erano un popolo indoeuropeo, che sotto la guida del re Ciro il Grande (559-530 a.C.), membro della famiglia reale degli Achemenidi, avevano assoggettato, tra il 547 e il 538 a.C., tutto il Vicino Oriente. Sotto il regno di Cambise (530-522 a.C.), figlio di Ciro, i Persiani avevano conquistato l'Egitto e, nel 521 a.C., il suo successore, Dario (522-486 a.C.), aveva esteso i confini imperiali in Tracia (Grecia settentrionale) e in Asia centrale, giungendo fino alla valle dell'Indo ( FOCUS, p. 202). Dopo aver sedato le ribellioni delle regioni periferiche, Dario aveva avviato la riorganizzazione dell'impero, basata su una suddivisione amministrativa in satrapìe, province guidate da governatori locali fedeli al re (i sàtrapi). Questa ristrutturazione rafforzò l'unità dell'impero, che mantenne il predominio nel Vicino Oriente fino allo scontro con il mondo greco, nel V secolo a.C. La forza dell'impero persiano derivava anche dal controllo dei traffici commerciali che si svolgevano tra il Mediterraneo, la Mesopotamia e l'Oriente, molto sviluppati grazie a un'efficiente rete di strade in terra battuta e di canali navigabili ( CARTA). Queste vie di comunicazione agevolavano, tra l'altro, gli spostamenti dei soldati e gli scambi di informazioni tra il palazzo reale e le regioni più lontane. Un ulteriore fattore aggregante fu l'adozione delle prime monete di metallo, che contribuirono a incrementare gli scambi commerciali. A mantenere unito l'impero fu, però, soprattutto la politica di tolleranza attuata dai re persiani; pur costrette a pagare tributi e a fornire soldati per l'esercito imperiale, le popolazioni sottomesse potevano infatti conservare le proprie tradizioni culturali e religiose, elemento che contribuì a lungo a evitare pericolose ribellioni.  

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La legittimazione religiosa del re persiano

Anche nel vasto impero persiano la religione contribuì a rafforzare il potere politico del sovrano. I culti politeistici furono sostituiti con il culto ufficiale di Ahuramazda, divinità della luce creatrice del mondo, “bene supremo” che si contrapponeva al male (Ahriman). La religione persiana fu chiamata zoroastrismo dal nome del suo predicatore (Zaratustra, in greco Zoroastro), che visse in un periodo imprecisato tra l’VIII e il VI secolo a.C. La sua dottrina religiosa fu raccolta nel libro sacro dell’Avesta, un termine che nel dialetto iranico in cui era scritto il testo aveva vari significati: “fondamento”, “lode”, “comandamento”. Secondo l’Avesta, il re persiano era l’espressione terrena della volontà divina, alla quale dovevano sottomettersi tutti i suoi sudditi. Ogni fedele che si fosse comportato rettamente nella vita terrena, infatti, avrebbe raggiunto la beatitudine dopo la morte. Tra gli obblighi del credente vi era anche l’obbedienza al re e ai suoi ordini, considerati manifestazione concreta del bene divino, perciò se da una parte l'impero persiano mostrava notevole tolleranza nei confronti delle differenze culturali dei popoli sottomessi, permettendo loro di mantenere tradizioni e culti religiosi autonomi, dall'altra pretendeva l'adesione alle decisioni politiche del sovrano, togliendo di fatto ogni spazio di autonomia alla classe sacerdotale o alle spinte autonomistiche dei territori conquistati.

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FOCUS • IERIOGGI
DALLA PERSIA ALL'IRAN 

Per avere un'idea della vastità dell'impero persiano, basti pensare che i suoi territori storici ricadono oggi sotto la sovranità di oltre venti Stati: Libia, Egitto, Israele e territori palestinesi, Libano, Giordania, Siria, Turchia, Cipro, Grecia, Bulgaria, Romania, Iraq, Kuwait, Iran, Azerbaijan, Afghanistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan e Pakistan. Uno di questi, in particolare, è considerato l'erede diretto dell'antico impero: l'Iran, dove ebbe origine la dinastia Achemenide che guidò l'impero dal VI al III secolo a.C.
“Iran”, che significa “paese degli Arii” in lingua persiana, è la denominazione oggi più conosciuta e utilizzata del Paese, ma il nome Persia è stato utilizzato ancora per gran parte del Novecento: dal 1941 al 1979 l'Iran è stato guidato dai monarchi della dinastia Palhavi, indicati proprio con il titolo di Scià di Persia.
Più che al passato imperiale, il presente dell'Iran si ricollega all'altra grande tradizione storica e religiosa fiorita in questi territori: l'islam, che dal VII secolo d.C. ha segnato profondamente la storia di tutta l'area. Alla religione musulmana si è ispirata la rivoluzione che nel 1979 ha costretto alla fuga lo Scià e ha istituito la Repubblica Islamica d'Iran, in cui la leadership politica e morale è affidata a una carica religiosa, la Guida Suprema, che, insieme al Consiglio dei Guardiani, ha il potere di bloccare l'iter legislativo parlamentare qualora lo ritenga difforme dai precetti religiosi islamici.
Ricco di risorse petrolifere che l'hanno posto al centro delle contese geopolitiche nel Vicino Oriente, negli ultimi decenni l'Iran ha intrattenuto relazioni diplomatiche spesso difficili con i Paesi occidentali. Al suo interno, invece, il Paese è segnato da molte contraddizioni: da una parte si registrano gravi violazioni dei diritti umani, discriminazione delle donne e delle minoranze religiose; dall'altra, negli ultimi anni è cresciuto un grande fermento politico e culturale di cui sono protagoniste soprattutto le fasce più giovani della popolazione, fautrici di una maggiore apertura culturale e dell'ampliamento delle libertà personali.

Lo scontro tra Persiani e Greci

Le guerre tra Persiani e Greci rappresentarono un vero e proprio scontro di civiltà: l'una dominata da un potere centralizzato e assoluto, cui erano sottoposti sudditi di popolazioni etnicamente e culturalmente molto eterogenee; l'altra organizzata politicamente in póleis che, pur riconoscendosi in un'identità culturale comune, erano indipendenti e abitate da cittadini liberi

La prima guerra persiana

Alla fine del VI secolo a.C. il re persiano Dario aveva conquistato alcune isole dell'Egeo e la Tracia, impedendo alle navi mercantili elleniche l'accesso alle colonie del mar Nero. Dal 547 a.C., inoltre, le città greche della Ionia erano state sottomesse dai satrapi persiani. Nel 499 a.C. esse si ribellarono, ricevendo l'aiuto delle truppe di Atene e di Eretria, una città dell'isola Eubea; nel 494 a.C. la loro rivolta fu domata nel sangue, ma l'appoggio ateniese ai ribelli diede al re persiano Dario il pretesto per attaccare la Grecia. Nel 492 a.C. egli organizzò così una spedizione navale per punire le città greche che si erano alleate ai ribelli ionici. La flotta persiana fu però gravemente danneggiata da una tempesta al largo del monte Athos, nella penisola Calcidica (Grecia settentrionale).
L'impresa fu rimandata al 490 a.C. In quell'anno la flotta persiana conquistò le isole Cicladi e distrusse Eretria, da dove si rivolse contro l'Attica. Accanto alla forza del suo esercito, Dario mise in campo una strategia politica e diplomatica volta ad avvantaggiarsi delle rivalità che dividevano le città greche. I suoi tentativi ebbero successo, e Atene fu aiutata a contrastare l'avanzata persiana solo dagli opliti di Platea, una piccola città della Beozia, insieme ai quali riuscì però a sconfiggere i Persiani nella pianura di Maratona, a nord di Atene ( CARTA). La battaglia di Maratona assunse un significato simbolico molto importante per i Greci: grazie alla compattezza della falange oplitica e all'abilità dello stratega Milziade, un esercito numericamente inferiore ebbe la meglio su un nemico considerato imbattibile. La vittoria di Maratona rafforzò il senso di appartenenza politica dei cittadini ateniesi e la loro determinazione a mantenere la propria indipendenza e autonomia. Pur non avendo scalfito la potenza persiana, diede però il tempo ai Greci di riorganizzare le proprie forze.

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Il rinnovamento politico ad Atene

In questo stesso periodo la vita politica di Atene era animata dallo scontro tra due opposte tendenze: da un parte il partito guidato da Temìstocle, che appoggiava le rivendicazioni del démos (artigiani, mercanti e teti); dall'altra il gruppo facente capo ad Arìstide, in cui si riconoscevano i proprietari terrieri aristocratici.
Temistocle riuscì a limitare il controllo delle cariche pubbliche da parte degli aristocratici introducendo il sorteggio, al posto dell'elezione, per la designazione degli arconti. Egli propose inoltre il rafforzamento della flotta e la fortificazione del porto di Atene, il Pirèo. Questi provvedimenti miravano a consolidare il ruolo di potenza strategica di Atene, garantendone l'egemonia marittima, e allo stesso tempo rispondevano agli interessi dei gruppi sociali che sostenevano Temistocle: la supremazia navale di Atene favoriva infatti l'espansione dei commerci, grazie ai quali i mercanti potevano arricchirsi, mentre i lavori pubblici e i cantieri navali davano opportunità di lavoro ai più poveri, che potevano essere occupati come operai e arruolarsi come rematori negli equipaggi delle navi.
A queste riforme si opponevano gli aristocratici, che costituivano il nerbo delle falangi oplitiche dell'esercito terrestre e temevano che il loro ruolo venisse ridimensionato dall'eccessiva importanza attribuita alla flotta. Essi ritenevano inoltre che l'influenza economica e politica dei mercanti, favorita dalle misure di Temistocle, avrebbe sminuito il loro prestigio sociale e il loro peso nel governo della città.
Alla fine nello scontro politico ebbe la meglio Temistocle, che nel 482 a.C. convinse il démos ateniese a colpire Aristide con il provvedimento dell'ostracismo e ottenne il via libera per la costruzione di duecento triremi da guerra.

La spedizione di Serse

Mentre Atene rafforzava la propria flotta, nell'impero persiano Serse era succeduto al padre Dario, morto nel 486 a.C. Il nuovo sovrano era animato dal desiderio di invadere nuovamente la Grecia, con un esercito meglio preparato alle battaglie sulla terraferma. I Persiani tornarono all'attacco nel 480 a.C., con una spedizione via terra e via mare. La rinnovata minaccia rinsaldò però i legami tra le principali città greche, che si unirono per combattere il comune nemico. Solo alcune póleis della Tessaglia e della Beozia, guidate da governi aristocratici, scelsero di allearsi con i Persiani, temendo che una vittoria di Atene avrebbe favorito un eccessivo rafforzamento delle tendenze democratiche anche all'interno delle loro città. Sparta, invece, assumendo la guida dei contingenti di opliti impegnati nelle battaglie terrestri, si alleò ad Atene, che mantenne il comando delle operazioni navali. L'esercito persiano attraversò il Nord della Grecia seguito lungo le coste dalla flotta. Per evitare di circumnavigare il monte Athos, luogo del disastro di dodici anni prima, i Persiani scavarono un canale nel promontorio per il passaggio delle navi. 

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Laboratorio DELLE FONTI I TESTI

La libertà dei Greci di fronte al re persiano

L'atteggiamento dei Greci nei confronti del potere assoluto dei sovrani persiani è evidenziato in questo brano dello storico Erodoto (V secolo a.C.), che descrive le vicende di una spedizione di ambasciatori spartani presso il re Dario, pochi anni prima dello scoppio del conflitto.

Mentre si recavano a Susa, arrivarono presso Idarne, che era di origine persiana, ma comandava le truppe delle regioni costiere dell’Asia: costui li accolse offrendo loro un banchetto ospitale e mentre erano a tavola fece loro questa domanda: «Perché mai, o Spartani, voi rifuggite così dal legarvi d’amicizia con il re?
Guardando a me e alla mia attuale fortuna, voi potete constatare come sappia il re onorare gli uomini per bene. Così sarebbe anche per
voi, se voleste darvi al re (presso di lui, infatti, avete fama di essere uomini di valore); ciascuno di voi avrebbe un comando in Grecia, che il re gli affiderebbe». A queste proposte essi risposero così: «O Idarne, il consiglio che rivolgi a noi non parte da un’uguale esperienza di ambedue le condizioni: tu parli per aver provata una delle due cose, ma dell’altra sei inesperto: sai, infatti, che cosa significhi essere schiavo, ma la libertà non l’hai ancora provata: non sai se sia dolce o no. Poiché, se soltanto l’avessi gustata, non solo con le lance ci consiglieresti di lottare per difenderla, ma anche con le scuri». Questa fu la risposta che diedero a Idarne.
Quando poi, di là, arrivarono su a Susa e giunsero in cospetto del re, per prima cosa, nonostante le guardie ordinassero loro, anzi li volessero costringere a prosternarsi davanti al re e adorarlo, dichiararono che mai l’avrebbero fatto, neppure se a forza si fosse sbattuto loro il capo per terra: non era loro abitudine, dicevano, adorare un uomo e non era per questo che erano venuti.” 

Erodoto, Le Storie, VII, 134-136, trad. di L. Annibaletto, Mondadori, Milano 1956.


Il re persiano Dario.


  • A che cosa sono disposti a rinunciare gli ambasciatori spartani in nome della libertà?
  • Perché Idarne non può capire i princìpi che legano gli ambasciatori spartani alla loro libertà?  
  • In che modo gli ambasciatori spartani dimostrano la loro coerenza verso i valori in cui credono?

La seconda guerra persiana

Le prime battaglie ebbero luogo presso il capo Artemìsio, nel Nord dell'isola Eubea, dove la flotta greca tenne testa a quella persiana. Lo scontro più celebre avvenne però nel 480 a.C. alle Termòpili, un passo di grande importanza strategica tra i rilievi della Grecia centrale ( CARTA, p. 203). Qui, un piccolo contingente di 300 Spartani guidati dal re Leònida e affiancati da 4000 soldati provenienti da altre città riuscì a ritardare di tre giorni l'avanzata persiana, prima di soccombere. La resistenza degli Spartani alle Termopili non fermò l'esercito di Serse, ma diede tempo alla flotta greca di riposizionarsi, oltre ad assumere un significato simbolico molto importante, divenendo un esempio di coraggio ed eroismo. Dopo le Termopili gli invasori dilagarono in Attica e occuparono Atene, abbattendo anche il tempio della dea Atena sull'acropoli. Gli Ateniesi si rifugiarono sull'isola di Salamina, mettendo in salvo la flotta. Qui, sempre nel 480 a.C., ebbe luogo la battaglia navale decisiva, durante la quale le triremi ateniesi decimarono la flotta nemica. L'esito dello scontro dipese in gran parte dalla maggiore agilità delle navi greche, che riuscirono a muoversi meglio delle pesanti navi da guerra persiane negli stretti bracci di mare che circondavano l'isola. I Persiani si ritirarono in Tessaglia e tornarono all'attacco nel 479 a.C., ma furono nuovamente sconfitti nella battaglia campestre di Platea, dove l'esercito greco comandato da Pausania, generale spartano, inflisse gravi perdite ai nemici. La flotta greca, guidata dalle triremi ateniesi, si spinse poi fino alle coste anatoliche, dove vinse i Persiani presso il promontorio Micàle, vicino a Mileto, e nel 478 a.C. conquistò Sesto, presso lo stretto dei Dardanelli, nell'odierna Turchia ( CARTA, p. 203).

Il significato della vittoria

La Grecia aveva sventato la minaccia persiana e le città della Ionia erano di nuovo libere. La vittoria sui Persiani venne esaltata come un'impresa straordinaria già dai contemporanei: le piccole città-Stato elleniche erano riuscite a sconfiggere il potente e apparentemente imbattibile impero. Secondo lo storico Erodoto, infatti, vissuto nel V secolo a.C., i Greci avevano battuto un avversario dieci volte più numeroso. Gli storici attuali, invece, hanno stabilito che in realtà le truppe greche e quelle persiane erano pressoché equivalenti, ma l'interpretazione “patriottica” fornita da Erodoto testimonia il grandissimo valore simbolico che questa vittoria rivestì per i Greci: da quel momento essi furono consapevoli della loro forza e dell'importanza di collaborare al fine di difendere la libertà dei loro territori dalla sudditanza cui erano sottoposti i popoli orientali che facevano parte dell'impero persiano ( LABORATORIO DELLE FONTI). 

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L’inizio dell’età classica

Dopo la vittoria sui Persiani le póleis elleniche conobbero un periodo di grande splendore. Nel corso del V secolo a.C. lo sviluppo delle attività economiche fu molto intenso, e le espressioni artistiche, filosofiche e letterarie della civiltà greca raggiunsero uno straordinario livello di perfezione. Questo periodo, compreso tra le guerre persiane e la decadenza delle città elleniche (IV secolo a.C.), è stato definito età classica, con un termine che deriva dal latino classes, con cui si definivano gli appartenenti alle classi sociali più elevate. Il concetto di “classico” indica tutto ciò che, in campo culturale e artistico, è considerato un modello per la sua raffinatezza ed è riconosciuto valido anche dalle generazioni successive. La fioritura dell'età classica fu una diretta conseguenza della vittoria contro i Persiani, che rese sicure le rotte marittime, rafforzò gli eserciti e le flotte delle città e, in ambito culturale, contribuì al radicamento del sentimento patriottico e alla diffusione della consapevolezza della forza greca. Artisti e intellettuali furono così spinti a esprimere nelle proprie opere la fiducia e l'ammirazione per le capacità umane, mentre la città di Atene si avviava a svolgere in tutti questi aspetti un ruolo di primo piano. 

L’egemonia ateniese

Inizialmente la vittoria sui Persiani avvantaggiò sia Sparta sia Atene. Sparta, in possesso dell'esercito di terra più forte, consolidò la propria superiorità con la fondazione della lega peloponnesiaca, che riunì sotto la sua protezione le città oligarchiche del Peloponneso.
Atene, invece, acquisì il controllo dell'Egeo: nel 477 a.C. fu fondata la lega delio-attica, una confederazione di città dell'Attica e della Ionia che aveva sede nel santuario dell'isola di Delo, dove, sotto la protezione del dio Apollo, era custodito il tesoro della lega, cioè il deposito delle ricchezze accumulate dalle città alleate. Questa alleanza era sorta con lo scopo di impedire una nuova invasione persiana. In realtà le triremi ateniesi, oltre a vigilare contro i nemici, controllavano i commerci marittimi, fondamentali per lo sviluppo economico della città, e ben presto la lega si trasformò in uno strumento della supremazia politica ed economica di Atene nell'Egeo.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Fino a dove si estesero i domini dell'impero persiano? 
    A opera di quali sovrani?
  • Quali furono le cause delle guerre persiane? 
  • Grazie a quali strategie politiche e militari i Greci riuscirono a sconfiggere gli invasori?  
  • Quali conseguenze derivarono dalla vittoria greca sui Persiani? 

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana