La formazione di un mercato mediterraneo

3.3 LA GRECIA ARCAICA

La formazione di un mercato mediterraneo

Dopo la caduta della civiltà micenea la penisola Ellenica entrò in una fase di grave crisi economica e sociale. In gran parte del territorio si tornò all’economia di sussistenza tipica dei villaggi neolitici: l’agricoltura regredì alle condizioni degli inizi del II millennio a.C. e l’espansione della pastorizia seminomade contribuì a impoverire terreni di per sé già poco produttivi.
In queste condizioni non era possibile creare eccedenze alimentari da utilizzare per le esportazioni e l’economia assunse una dimensione sostanzialmente autarchica in cui le varie comunità provvedevano in modo autonomo alla produzione delle risorse agricole, ricorrendo agli scambi commerciali solo in misura molto limitata.
I commerci di lunga distanza vennero penalizzati anche dalle invasioni dei popoli del mare, che provocarono l’interruzione delle relazioni con il Vicino Oriente. I viaggi via terra divennero insicuri a causa della presenza di tribù bellicose stanziate nell’entroterra; quelli via mare per le incursioni delle popolazioni costiere che praticavano la pirateria.

La ripresa economica 

Nuove opportunità di sviluppo economico emersero però con la diffusione della lavorazione del ferro, che dal XII secolo a.C. cominciò a interessare anche l’Europa orientale grazie ai contatti con il Vicino Oriente.
La disponibilità di strumenti più resistenti, come gli aratri con il vomere di ferro, permise il dissodamento di nuovi terreni incrementando la produttività dei campi. La coltivazione dell’ulivo e della vite si estese anche in zone più impervie, consentendo l’accumulazione di un surplus agricolo che portò alla ripresa delle esportazioni di olio e vino.
Il cambiamento degli assetti politici e strategici del Mediterraneo, con la fine dell’egemonia delle civiltà palaziali, fu la premessa per la nascita di scambi commerciali non più rigidamente controllati dall’organizzazione gerarchica dei palazzi, ma basati sulla libera iniziativa di artigiani e mercanti, sull’esempio dell’espansione commerciale che aveva caratterizzato le colonie fenicie. L’indipendenza delle comunità costiere diede nuovo impulso ai traffici marittimi nel Mediterraneo: anche i marinai dei piccoli centri urbani potevano ora attraversare il mare più liberamente ed estendere le proprie rotte commerciali.

Il grande mercato del Mediterraneo

Furono questi i presupposti per la creazione di un grande mercato mediterraneo, di cui la Grecia, all’inizio del I millennio a.C., divenne il centro ( CARTA).
I mercanti greci delle città costiere esportavano soprattutto il vino, molto richiesto in Egitto e nel Vicino Oriente, dove non si era diffusa la vite. Mentre il commercio di carne era abbastanza limitato, il pesce conservato sotto sale costituiva uno degli alimenti più esportati dalle zone costiere. Particolarmente fiorente era anche il commercio del silfio, una pianta medicinale molto ricercata in tutto il Mediterraneo, che fu all’origine della prosperità economica della città di Cirene (sulle coste della Libia), dove i mercanti greci avevano stabilito un emporio. Tra le materie prime esportate, infine, figurava il marmo proveniente dalle isole di Paro e di Nasso, molto apprezzato dai sovrani orientali per la costruzione degli edifici reali.
Tra i beni importati dai mercanti greci, invece, vi erano soprattutto i cereali, che arrivavano dall’Egitto, dalla Sicilia e dalle coste del mar Nero; il legname delle foreste della Macedonia; i metalli, in particolare l’oro proveniente dalle regioni settentrionali della Grecia e dalle coste anatoliche della Ionia. I metalli venivano lavorati nelle botteghe degli artigiani per essere poi in gran parte riesportati: le opere degli artisti greci, soprattutto le statue di bronzo, divennero presto oggetti di lusso molto apprezzati in tutto il Mediterraneo. Tra i beni artigianali esportati, un ruolo rilevante ebbe anche la ceramica: i prodotti dei vasai greci raggiunsero tutte le coste affacciate sul Mediterraneo, entrando in forte concorrenza con la produzione del vetro, molto sviluppata in Egitto, in Fenicia e sull’isola di Rodi.
Piuttosto intenso era anche il commercio degli schiavi, generalmente prigionieri di guerra o ostaggi dei pirati che solcavano le acque del Mediterraneo, scambiati nei mercati alla stessa stregua delle altre merci.
L’espansione dei commerci nel Mediterraneo portò all’apertura di nuove vie di comunicazione anche con l’India e la Cina. Da questi territori venivano importati avorio, spezie, profumi, pietre preziose e tessuti pregiati.
Entrò infine a far parte della rete commerciale creata dai mercanti greci anche l’entroterra europeo: dalle miniere del continente proveniva in particolare il sale, utilizzato per la conservazione dei cibi, e alcuni metalli, come il ferro e lo stagno.

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L’introduzione della moneta

Dal VII seco lo a.C. l’espansione delle attività commerciali nel Mediterraneo fu sostenuta e stimolata dalla diffusione della moneta, che sostituì la pratica del baratto, ossia lo scambio diretto di merci su cui si erano basati i rapporti commerciali fino ad allora. Le monete favorirono gli scambi perché si deterioravano meno facilmente di altre merci, essendo realizzate con metalli resistenti all’usura, e soprattutto in quanto costituivano una misura del valore delle merci universalmente riconosciuta. A garanzia della loro validità, infatti, si diffuse la consuetudine di imprimere su entrambe le facce delle monete un marchio che ne certificava la regolarità; questa prassi, detta coniazione, era attuata dalle autorità statali che avevano emesso le monete e assicurava il loro valore economico senza bisogno di verificarne ogni volta peso e dimensioni. Ogni mercante aveva così la certezza che le monete ricevute in cambio della sua merce fossero valide e che avrebbe potuto servirsene per comprare altri prodotti.
Il passaggio dal baratto all’economia monetaria comportò anche importanti cambiamenti a livello sociale. La ricchezza, fino a quel momento calcolata solo in base alla quantità di terra che si possedeva, ora si fondava anche sui patrimoni monetari accumulati: fu così che mercanti e artigiani videro aumentare la loro influenza economica e sociale.

Mercanti e pirati 

L’attività dei mercanti non era comunque priva di difficoltà. Le rotte marittime erano insicure, se non si disponeva della scorta di navi militari dotate di equipaggi armati. Molti commercianti, assaliti e fatti prigionieri dai pirati, finivano così per alimentare il fiorente mercato di schiavi con il Vicino Oriente. Il confine stesso tra le attività commerciali e la pirateria, del resto, era abbastanza labile: le navi da guerra potevano servire a difendere le rotte così come a depredare i carichi navali stranieri, e l’attività mercantile sfociava facilmente nella rapina, quando per esempio la qualità delle merci non si rivelava adeguata al prezzo canale pattuito o la trattativa si trasformava in scontro violento.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali elementi favorirono la ripresa dell’agricoltura e dei commerci dopo la crisi economica?
  • Quali prodotti venivano esportati dai mercanti greci? In cambio di quali merci?
  • Quale ruolo ebbe la diffusione della moneta nell’espansione dei commerci?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana