2.8 - Dal terziario al futuro

2b I SETTORI ECONOMICI E LA GLOBALIZZAZIONE

2.8 Dal terziario al futuro

Una delle principali conseguenze della ristrutturazione industriale, che ha caratterizzato tutti i Paesi del mondo negli ultimi decenni, consiste nello spostamento di un numero elevato di lavoratori dagli impieghi nelle attività primarie e secondarie ad altri tipi di mansioni produttive, legate ai servizi (banche, assicurazioni, sanità, pubblica amministrazione), alla distribuzione delle merci (trasporti e commercio), al turismo, alla cultura e alle comunicazioni (istruzione, spettacolo e mezzi di informazione). Queste attività rientrano nel settore terziario, che ha conosciuto una notevole crescita negli ultimi anni grazie all’invenzione di nuovi strumenti tecnologicamente molto avanzati, come le applicazioni elettroniche e informatiche.

Secondo alcune interpretazioni economiche e sociologiche, infatti, la diffusione inarrestabile dell’informatica, che ha totalmente rivoluzionato la nostra vita, ha favorito un’evoluzione delle attività del settore terziario, oggi molto più progredite rispetto a quelle tradizionali dei decenni precedenti. In base a queste considerazioni noi staremmo vivendo la quarta rivoluzione industriale, caratterizzata dal settore quaternario, al quale appartengono le attività più avanzate del terziario, come i servizi di consulenza, la ricerca e lo sviluppo nel campo dell’Information technology.

Il boom dell’elettronica 

Lo sviluppo dell’elettronica, iniziato nella seconda metà del XX secolo, aveva contribuito all’affermazione della terza rivoluzione industriale. Dopo le prime fasi di sperimentazione nei laboratori scientifici, a partire dagli anni Settanta i computer si sono diffusi come prodotto di massa e hanno rappresentato un’innovazione fondamentale per l’automazione dei processi produttivi delle fabbriche. L’impiego sempre più massiccio di questi mezzi ha portato alla nascita di nuovi lavori legati al campo dell’informatica, con aziende specializzate nello sviluppo dei programmi per computer, o software, che ancora oggi costituisce uno dei settori occupazionali più remunerativi e con maggiori potenzialità di espansione. Oltre alle applicazioni industriali, infatti, l’elettronica occupa un posto di primo piano in quasi tutte le nostre attività quotidiane: i circuiti integrati creati dalle aziende elettroniche sono componenti fondamentali dei nostri elettrodomestici, dei mezzi di trasporto e degli strumenti di comunicazione. L’espansione di questo settore produttivo ha dunque rappresentato anche una grande opportunità per creare nuovi posti di lavoro, dopo le ristrutturazioni aziendali degli ultimi decenni, che avevano ridotto drasticamente il numero dei tecnici.

La rivoluzione dei trasporti 

Il terziario ha ricevuto un forte impulso dall’evoluzione tecnologica dei trasporti, che ha influito in modo consistente su altre attività del settore. Mezzi più sicuri, più capienti e più veloci hanno rivoluzionato le relazioni commerciali, espandendo le aree di mercato e riducendo sempre di più i tempi di trasferimento delle merci.

Gran parte dei prodotti trasportati oggi nel mondo viaggia all’interno di container, enormi contenitori metallici che rappresentano gli strumenti fondamentali dell’intermodalità: il termine definisce l’integrazione tra diverse strutture e sistemi di trasporto che oggi consente di spostare agevolmente grandi quantità di merci dalle navi ai treni, agli autocarri o alle imbarcazioni dei canali navigabili. Poiché i container hanno misure standardizzate, identiche e unanimemente riconosciute a livello internazionale, il passaggio da uno all’altro nei cosiddetti interporti risulta agevolato dalla meccanizzazione delle operazioni di carico e scarico; in tal modo è possibile collegare ogni zona del mondo attraverso l’integrazione delle vie di comunicazione marittime, terrestri e fluviali, ottimizzando le modalità di stoccaggio e i tempi di trasporto.

La maggior parte degli scambi internazionali di merci (superiore ai due terzi del valore globale) avviene attraverso il trasporto marittimo, con i porti di Rotterdam (in Olanda) e di Singapore (nel Sud-Est asiatico) che detengono il primato del volume di traffico; la via più rapida tra i sistemi di trasferimento resta comunque il trasporto aereo, che però comporta costi molto più elevati. Per questo motivo fino a pochi decenni fa era utilizzato principalmente per il traffico passeggeri e per il trasporto delle merci più pregiate o più facilmente deperibili, per le quali è fondamentale ridurre i tempi di viaggio sulle lunghe distanze. Grazie all’espansione dei traffici globali, alla fine del XX secolo il trasporto aereo delle merci aveva raggiunto il 30% del totale degli scambi internazionali, ma, dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, ha subito una notevole flessione che ha provocato, in alcuni casi, il fallimento di molte compagnie aeree.

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I commerci globali 

I commerci hanno conosciuto un incremento notevole negli ultimi decenni: la liberalizzazione degli scambi tra i diversi Paesi del mondo, un tempo limitati da rigide norme protezionistiche che regolavano le importazioni, e il progresso tecnologico dei mezzi di trasporto hanno favorito l’espansione degli scambi commerciali a livello planetario. La crescita esponenziale del fatturato globale di questo settore è stata addirittura superiore a quella della ricchezza generata da tutte le restanti attività produttive: negli ultimi decenni del XX secolo, infatti, il valore del commercio mondiale è cresciuto di oltre 20 volte, mentre il Pil globale solo di 8 volte ( ATLANTE, pp. 30-31). Un impulso forte a questo rilevante incremento delle attività commerciali, alla fine del XX secolo, è stato dato dal passaggio all’economia di mercato degli ex regimi comunisti dell’Est Europa e della Cina, che hanno abbandonato le politiche protezionistiche negli scambi con l’estero, aprendo di fatto nuovi mercati.

Gli squilibri commerciali 

La poderosa espansione del commercio globale ha comportato, però, anche l’insorgere di notevoli squilibri. Più della metà dei flussi commerciali globali riguarda l’importazione e l’esportazione di prodotti industriali ed è controllata da un numero limitato di Paesi: l’80% delle esportazioni mondiali di manufatti e di attività del settore terziario, per esempio nel campo dei servizi, dello spettacolo e della comunicazione, è controllata dai Paesi più industrializzati, mentre i Paesi in via di sviluppo, in cui si concentrano i tre quarti della popolazione della Terra, gestiscono solo un terzo dei commerci globali, risultando dunque pesantemente penalizzati. Gli scambi di merci, inoltre, gravitano attorno a pochi poli commerciali: le transazioni più importanti riguardano l’America settentrionale, l’Europa e l’Estremo Oriente (in particolare la Cina); l’America meridionale, invece, mantiene intense relazioni commerciali con gli Stati Uniti; l’Africa infine privilegia gli scambi con i Paesi europei.

Da questi dati emerge con chiarezza che l’espansione delle relazioni commerciali ha favorito soprattutto i Paesi più industrializzati, avvantaggiati dalla commercializzazione dei prodotti tecnologici, mentre le dinamiche dei prezzi hanno penalizzato ancora di più le nazioni economicamente deboli, produttrici di materie prime. La crisi economica, infatti, ha costretto i Paesi ricchi a ridurre le importazioni di beni dall’estero, provocando una diminuzione globale della domanda di materie prime agricole e minerarie e la conseguente riduzione dei loro prezzi. Ciò ha reso ancora meno remunerative le esportazioni dei Paesi poveri e ha ridotto ulteriormente la loro competitività commerciale. Questa situazione è stata definita scambio ineguale ed è riassumibile nello schema in basso.

Dei Paesi in via di sviluppo solo l’India e la Cina sono riusciti a imporsi a livello globale grazie all’esportazione di manufatti, che riguardano principalmente i settori dell’abbigliamento e dei componenti elettronici: la loro crescita economica si è basata sull’enorme disponibilità di manodopera, che ha consentito di mantenere prezzi contenuti e dunque molto concorrenziali.

Le leggi contro l’inquinamento

Nel nostro Paese, la salvaguardia dell’ambiente dagli agenti inquinanti è assegnata alle Agenzie regionali per la protezione ambientale (Arpa), con una legislazione conforme alle direttive dell’Unione europea. Le varie Arpa regionali si occupano di controllare le fonti e i fattori di inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo, l’inquinamento acustico ed elettromagnetico, monitorando costantemente il clima, la qualità dell’aria e delle acque, le caratteristiche del suolo. Il Servizio sanitario nazionale, attraverso apposite strutture, svolge invece attività di prevenzione e di analisi epidemiologica degli effetti dell’inquinamento sulla salute.

Le attività più dannose per l’ambiente sono quelle del settore primario e secondario.

L’inquinamento agricolo è causato prevalentemente da un uso scorretto ed eccessivo di fertilizzanti e pesticidi. Queste sostanze, in quanto idrosolubili, raggiungono le falde acquifere e, inquinandole, contaminano il rifornimento idrico dei centri urbani. Inoltre, non essendo biodegradabili, si depositano nei corsi d’acqua e sono responsabili del processo di “eutrofizzazione”: questo termine (dal greco eutrophia, composto da eu, “buono” e tróphos, “nutrimento”) indica l’eccessivo apporto di sostanze nutritive nelle acque, che favorisce il proliferare di alghe microscopiche con il conseguente aumento del consumo di ossigeno, che diventa insufficiente a salvaguardare la sopravvivenza di tutta la flora e la fauna dell’ambiente acquatico.

L’inquinamento industriale è causato in prevalenza dagli scarichi, nel terreno, nell’aria, nei fiumi e nei mari, di sostanze tossiche, spesso non biodegradabili, che provengono da lavorazioni diverse e possono causare danni irreversibili. Gli effetti più deleteri per la salute sono causati dalla dispersione di sostanze cancerogene, con conseguenze a lungo termine, che hanno caratterizzato il mondo occidentale a partire dagli anni Settanta del XX secolo. Solo nel 1976 in Italia fu introdotta per la prima volta, con la legge Merli (n. 319 del 10 maggio 1976), l’obbligatorietà della depurazione di scarichi industriali e civili. Sembra inconcepibile adesso, ma fino ad allora nessuna regola impediva alle fabbriche di immettere nell’ambiente sostanze tossiche. Tale vuoto normativo ha provocato gravi disastri ambientali, come quelli che colpirono negli anni Settanta i fiumi Lambro e Seveso, in Lombardia, coperti quasi costantemente da metri di schiuma. Questo fenomeno fu aggravato dalla contemporanea esplosione demografica delle città, avvenuta in quell’epoca senza adeguati sistemi di depurazione delle reti fognarie.                     

Un’altra causa dell’inquinamento atmosferico sono le emissioni dei veicoli a motore. Per arginare questo problema, a livello europeo sono state imposte limitazioni sempre più ferree: dal 1° settembre 2014, per esempio, le norme per le omologazioni dei nuovi modelli – estese nel 2016 a tutti i veicoli in circolazione – prescrivono un’elevata riduzione degli agenti inquinanti, in conformità con i parametri contemplati dallo standard “Euro 6”.

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L’espansione del turismo 

Un altro settore che ha tratto notevoli vantaggi dalle innovazioni dei trasporti è quello del turismo, un tempo riservato solo a coloro che potevano permettersi di affrontare le spese dei viaggi, ossia una minoranza della popolazione mondiale.

La sua rapida espansione si è verificata nella seconda metà del XX secolo, con la diffusione dei nuovi mezzi di trasporto, quali automobili e motociclette, che diedero inizio alla motorizzazione individuale. Insieme all’aumento del tempo libero e del reddito dei lavoratori, questa è stata una delle premesse che ha consentito l’affermazione del turismo di massa; è così che si sono sviluppati servizi e infrastrutture (come alberghi, ristoranti, parchi tematici, agenzie di viaggio) oggi accomunati sotto la denominazione di industria turistica, che costituisce per alcune aree del mondo il settore economico prevalente.

La meta principale dei flussi turistici internazionali è l’Europa, con circa il 60% dei viaggi globali e più di 200 milioni di visitatori all’anno, che si concentrano soprattutto in Francia, Italia e Spagna. Altre aree molto frequentate sono la Florida e la California negli Stati Uniti e le isole caraibiche, in particolare Cuba e Giamaica, in America centrale.

Tra le novità più interessanti di questo settore rientrano anche i villaggi turistici e i parchi tematici, per rispondere alle esigenze di un turismo sempre più specializzato nell’accoglienza delle famiglie, con forme di intrattenimento e di divertimento adatte ai diversi tipi di ospiti.

L’espansione delle attività turistiche globali è strettamente legata al reddito disponibile: le aree da cui provengono i flussi turistici più consistenti (l’Europa, gli Stati Uniti, il Giappone e la costa sudorientale dell’Australia) corrispondono alle zone più ricche del pianeta. Le principali direttrici dei flussi turistici interessano i viaggi dall’Europa settentrionale verso quella meridionale e i collegamenti tra l’Europa e gli Stati Uniti. Altrettanto consistenti sono i flussi che partono dagli Stati Uniti in direzione del Messico e dei Caraibi e quelli che collegano gli Stati Uniti e il Giappone. Vi è un forte squilibrio, con una netta prevalenza di passeggeri provenienti dal Nord del mondo e diretti verso le regioni del Sud, nelle quali il turismo rappresenta una risorsa economica fondamentale per le popolazioni locali, mentre in altre aree è un settore quasi completamente assente.

GUIDA ALLO STUDIO

  • Quali sono le principali attività che appartengono al settore terziario?
  • Che cos’è il settore quaternario?
  • Quali attività hanno avuto un notevole sviluppo negli ultimi decenni?

Il nuovo Storia&Geo - volume 1
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