Il nuovo Storia&Geo - volume 1

STRUMENTI E METODI DELLA STORIA

La metodologia storica

Affermare che la storiografia è narrazione e interpretazione del passato significa prima di tutto mettere in luce la sua dimensione temporale. Gli storici collocano gli avvenimenti nel tempo attraverso un fondamentale lavoro di datazione, situando cioè le date di questi eventi su un’immaginaria linea del tempo.

Il calcolo del tempo

Le prime grandi civiltà umane misurarono il tempo in base ai fenomeni celesti. Osservando l’alternanza tra il dì e la notte all’interno del giorno e il ripetersi delle stagioni nell’arco di un anno, stabilirono una divisione del tempo da cui deriva quella oggi diffusa in quasi tutti i Paesi del mondo.
Il giorno (composto da 24 ore), il mese (che comprende mediamente 30 giorni) e l’anno (365 giorni) sono le unità di misura del tempo che ciascuno di noi utilizza nella propria quotidianità. Lo storico, invece, ha continuamente a che fare con fenomeni che hanno una durata molto lunga o con avvenimenti situati in un passato molto lontano. Per indicare queste durate temporali si usano i decenni (10 anni), i secoli (100 anni) e i millenni (1000 anni).
Quando devono ricavare la datazione di resti di esseri viventi risalenti a civiltà antiche, anche preistoriche, gli studiosi di storia possono avvalersi del supporto della biologia molecolare e della chimica. In natura sono presenti diversi atomi del carbonio. Per la datazione storica è decisivo il C-14, carbonio 14, un atomo radioattivo instabile presente negli organismi viventi in percentuale costante. Al momento della morte di un organismo il C-14 accumulato al suo interno comincia a diminuire, in termini tecnici a “decadere”, seguendo un ritmo costante: la quantità totale di C-14 dimezza ogni 5730 anni circa. Verificando la quantità di C-14 ancora presente nei resti di un organismo, è dunque possibile datare con una certa precisione il momento della sua morte.

Avanti e dopo Cristo

Nel mondo occidentale il conteggio degli anni utilizza come punto di riferimento la nascita di Gesù Cristo, stabilita da Dionigi il Piccolo, un monaco medievale (che la calcolò in realtà con un errore di 4 o 6 anni). Per chi utilizza la nascita di Cristo come data fondamentale dell’immaginaria linea del tempo che rappresenta il passato, tutti gli avvenimenti accaduti prima di tale data (situati cioè a sinistra) sono accompagnati dalla dicitura “avanti Cristo” (a.C.), mentre quelli accaduti in seguito (collocati a destra) dalla formula “dopo Cristo” (d.C.). La numerazione delle date successive alla nascita di Cristo aumenta dalla più antica alla più recente (300 d.C., 400 d.C., 500 d.C. ecc.), mentre per le date precedenti la nascita di Cristo accade il contrario: l’aumento della numerazione indica una progressione dalla data più recente alla più antica (300 a.C., 400 a.C., 500 a.C. ecc.).
Il primo secolo dopo Cristo va dall’anno 1 al 100 d.C.; il secondo secolo dall’anno 101 al 200 d.C. La stessa suddivisione, invertendo la successione, si applica ai secoli e ai millenni avanti Cristo (il V secolo a.C. corrisponde, per esempio, al periodo 500-401 a.C.). Non esiste un anno “zero”: come per il conteggio degli anni della nostra vita, in riferimento ai quali non consideriamo mai un anno zero, anche per le date della storia il tempo immediatamente precedente e successivo alla nascita di Cristo rientra già nell’anno 1 (avanti o dopo Cristo).
Il punto di partenza per il calcolo degli anni, in realtà, è il frutto di una convenzione. La nascita di Cristo è utilizzata in Occidente in ragione dell’importanza che la religione cristiana ha avuto nella storia europea, ma altre civiltà hanno usato – e usano tutt’oggi – altri riferimenti. Prima di Dionigi il Piccolo, nell’area mediterranea si calcolava il tempo a partire dalla data di fondazione di Roma (corrispondente all’anno 753 prima della nascita di Cristo); nell’antica Grecia ci si basava sul succedersi dei giochi olimpici. Nel mondo attuale, tra coloro che usano un sistema di datazione diverso vi sono i Paesi musulmani, che contano gli anni a partire dall’Egira, il trasferimento del profeta Maometto dalla Mecca a Medina, corrispondente al 622 dopo la nascita di Cristo.
Come punto di riferimento iniziale per il calcolo degli anni viene quindi, di norma, scelto un evento considerato di particolare rilevanza.

Le fonti storiche

Se la storia è ricerca e indagine sul passato dell’umanità, dove trovare le tracce di questo passato? Il lavoro dello storico prende sempre le mosse da testimonianze materiali o scritte sopravvissute al trascorrere del tempo: le fonti (dal latino fons, “sorgente”), cioè documenti che testimoniano che un fatto è realmente accaduto. Qualsiasi ricostruzione storiografica si basa sulle fonti, la materia prima indispensabile senza la quale il passato rimane completamente muto.
Le fonti sono distinte e classificate in primo luogo in base alle loro caratteristiche materiali. 

  • Le fonti scritte sono i documenti che è possibile leggere: testi scritti di vario tipo, papiri, documenti cartacei, lettere, inventari di beni e censimenti, registri di nascita e di morte, atti notarili, testamenti, scritture private che testimoniano transazioni economiche. Questo tipo di fonti è conservato in genere negli archivi dello Stato, dei comuni, della Chiesa e delle parrocchie, di enti pubblici e privati e anche di singoli individui. Molto importanti per la storia antica sono i testi scritti su supporti non cartacei, per esempio sull’argilla o sulla pietra: le iscrizioni su tavolette, monumenti, tombe. Questi documenti sono spesso costituiti dagli stessi monumenti sui quali sono stati prodotti (per esempio l’epigrafe su una tomba o l’iscrizione sulla facciata di un tempio), oppure sono conservati nei musei. 
  • Le fonti orali non sono invece state fissate su un supporto tramite la scrittura. Si tratta di testimonianze registrate (su nastri o, in tempi più recenti, su supporti informatici) di persone che hanno vissuto i fatti narrati o che ne sono state in qualche modo partecipi. Le fonti orali sono ovviamente limitate alle epoche in cui è stato possibile registrare la voce umana e sono perciò utilizzate soprattutto dagli storici dell’età contemporanea. 
  • Molto utilizzate dagli storici contemporaneisti (ma non solo) sono anche le fonti audiovisive e multimediali: fotografie, filmati storici, registrazioni musicali o testimonianze sonore di avvenimenti. Alle fonti audiovisive tradizionali si sono affiancate le fonti registrate su supporti informatici moderni e Internet, che oltre a raccogliere una grande quantità di informazioni costituisce di per sé una fonte (per esempio per la storia delle comunicazioni moderne). 
  • Se le fonti scritte sono le testimonianze che è possibile leggere e le fonti orali quelle che è possibile ascoltare, si potrebbe dire che le fonti materiali sono i documenti che è possibile toccare: manufatti, strumenti di uso quotidiano, attrezzi per il lavoro manuale, statue, monumenti ed edifici pubblici e privati, ma anche affreschi, quadri o altre opere d’arte (in questo caso si può parlare di “fonti iconografiche”). Le fonti materiali sono molto utili soprattutto per i periodi per i quali non esistono altri tipi di fonti, perché andate perdute o perché gli esseri umani non utilizzavano ancora la scrittura. La storia antica fa grande ricorso a questo tipo di fonti, raccolte e studiate dagli archeologi; lo studio dell’età preistorica si affida addirittura ad esse in modo esclusivo.

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La critica delle fonti 

Le fonti possono essere classificate non solo in base alle loro caratteristiche materiali, ma anche in relazione al soggetto che le ha prodotte (il loro autore), al motivo per cui l’ha fatto e all’attendibilità del loro contenuto. 

  • Le fonti primarie sono le testimonianze dirette (scritte, orali o di altra natura) di un fatto o di un avvenimento del passato. Per esempio, una norma di legge incisa su una tavola di bronzo, un atto notarile, il registro delle proprietà di un’abbazia.
  • Sono invece fonti secondarie o indirette le testimonianze mediate da un soggetto che, a sua volta, disponeva di fonti primarie: il resoconto di un avvenimento prodotto da chi non vi ha partecipato personalmente, la cronaca di un periodo storico svolta da un contemporaneo ai fatti narrati, le opere storiografiche moderne.

In base all’intenzione con cui una fonte è stata prodotta si distinguono inoltre:

  • le fonti volontarie, create consapevolmente dal loro autore: per esempio una fotografia scattata con lo scopo di fissare nel tempo il ricordo di un evento importante;
  • le fonti involontarie, prodotte per un fine diverso da quello per cui le utilizza lo storico; per riprendere il nostro esempio, se nella fotografia rientrasse accidentalmente un particolare del tutto slegato dal soggetto scelto dal fotografo ma utile per ricostruire un altro aspetto del passato, l’immagine costituirebbe una fonte involontaria. 

Quanto detto finora mostra che lo storico, nella sua attività di ricerca e di studio, deve saper trattare una grande mole di informazioni. La distinzione tra fonti primarie e secondarie e tra fonti volontarie e involontarie mostra inoltre che la raccolta dei documenti deve sempre accompagnarsi a un lavoro di attenta selezione. Ciò è ancora più vero in relazione alla loro attendibilità.
Il termine “documento” deriva dal latino docere, “insegnare”, “dimostrare”: per gli storici i documenti dimostrano infatti che un fatto è realmente accaduto (e in alcuni casi indicano anche dove e quando si è verificato). Questo è vero, però, solo se le fonti sono “autentiche”. Esse possono anche essere false, perché realizzate per ingannare chi ne era destinatario, per attestare eventi mai accaduti o perché create appositamente per influire sull’interpretazione di un avvenimento.
Per poter utilizzare una fonte nella ricostruzione del passato, dunque, bisogna anzitutto stabilire se essa sia vera o falsa. Per farlo, gli storici applicano un metodo rigoroso, che consiste nella raccolta e nell’analisi delle fonti svolta attraverso il confronto tra documenti diversi, l’esame della lingua e della grafia (nel caso di testi scritti), la coerenza delle informazioni che contiene rispetto al periodo nel quale è stata prodotta.

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La storiografia e le altre discipline 

Se si considera la varietà delle fonti di cui lo storico dispone e la difficoltà di raccoglierle e analizzarle, non stupisce che la storia si possa servire delle conoscenze e delle tecniche proprie di altri campi d’indagine. Per lo studio della storia antica, in particolare, sono fondamentali i risultati di alcune discipline scientifiche:

  • la paleontologia, che analizza i resti fossili delle piante e degli animali preistorici;
  • l’archeologia, che studia i resti monumentali o i materiali reperiti attraverso l’attività di scavo nel terreno;
  • la paleografia, l’epigrafia e la papirologia, che interpretano le iscrizioni e i testi antichi;
  • la numismatica, che esamina le monete dal punto di vista storico e artistico;
  • l’etnologia, che studia i comportamenti e le usanze di popoli primitivi attuali per ricostruire le caratteristiche delle prime società umane.

Storia e geografia 

L’elenco sopra proposto rappresenta un resoconto breve e parziale delle tante relazioni che la storiografia intrattiene con le altre discipline umanistiche e scientifiche. Tra queste, una particolare attenzione è stata rivolta da molti storici alla geografia, poiché l’importanza della dimensione temporale non esaurisce il discorso sulla natura della storia. Gli avvenimenti sono infatti condizionati anche dai luoghi in cui si verificano, dalle caratteristiche dell’ambiente e dalle diverse consuetudini che contraddistinguono i popoli della Terra. Di tutti questi aspetti si occupa, fin dall’antichità, proprio la geografia.
Il legame tra storia e geografia risale alle origini stesse delle due discipline: Erodoto, che abbiamo presentato come fondatore della storiografia, è considerato anche il padre della geografia. Narrando dei suoi viaggi, infatti, egli descrisse i costumi dei popoli che aveva conosciuto, la loro lingua, le loro abitudini quotidiane, le loro credenze: tutti materiali di cui storici e geografi non possono fare a meno. Per indicare questo campo di studi al confine tra la storia e la geografia, un grande storico francese vissuto nel secolo scorso, Fernand Braudel, ha coniato il termine “geostoria”.
In particolare, egli si è soffermato sui rapporti tra esseri umani e ambiente. Le caratteristiche geografiche (come il clima, la morfologia dei territori, i regimi delle piogge) hanno infatti sempre influito sul corso degli eventi storici e sull’evoluzione delle civiltà. Allo stesso modo, gli esseri umani hanno in molte circostanze modificato le condizioni dei territori da loro abitati, in un reciproco rapporto di causa-effetto. 

GUIDA ALLO STUDIO

  • Di quali fonti scritte e materiali si può servire lo storico?
  • Che differenza c’è tra fonti primarie e secondarie? E tra fonti volontarie e involontarie?
  • Perché è importante provare l’autenticità di una fonte? 
  • Di che cosa si occupa la paleontologia? E l’archeologia? In che modo sono utili alla storia?
  • Perché gli storici guardano con particolare interesse alla geografia? 
  • A quando risale il legame tra storia e geografia?

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