L’Impressionismo

L’OTTOCENTO

L’Impressionismo

L’Impressionismo è una corrente artistica che nasce in opposizione alla pittura accademica e si pone l’obiettivo di catturare sulla tela l’istante e la luce: i pittori impressionisti vogliono “fermare” l’attimo, come in una fotografia, per comunicare con immediatezza allo spettatore sensazioni e atmosfere di vita quotidiana. Grazie alla scelta di un nuovo linguaggio pittorico, costituito da macchie di colore, e a una tecnica caratterizzata dalla velocità di esecuzione, gli artisti restituiscono un’immagine più rapida e immediata della realtà, ma anche nuove emozioni e stati d’animo, legati alla soggettività dell’artista.
Gli impressionisti usano tecniche pittoriche diverse; per tutti, però, è importante dipingere all’aperto, en plein air come si dice in francese, e lavorare direttamente sulla tela, spesso senza disegni preparatori, con pennellate rapide, non di rado frammentarie. Questi pittori non diluiscono i colori per creare effetti di chiaroscuro (che è completamente assente nelle loro opere), ma usano i colori puri, creando un effetto di sfumatura attraverso la contrapposizione di pennellate rapide e di tinte differenti. Per accentuare la luminosità, accostano i colori complementari (blu e arancio, giallo e violetto, verde e rosso), escludendo dalla tavolozza il nero: perfino le ombre sono colorate.
Tutti gli impressionisti inoltre amano le composizioni e le stampe provenienti dal Giappone, che proprio in quegli anni si vanno diffondendo in Europa. Queste stampe ritraggono scene di vita quotidiana con immagini bidimensionali, senza prospettiva, e utilizzano un colore piatto e privo di chiaroscuri; il senso del movimento viene dato dall’uso di linee curve e sinuose.

Un’invenzione pratica: il tubetto di colore

Un’invenzione molto importante nell’ottica della nuova pittura en plein air è il tubetto di colore, che permette di trasportare facilmente i materiali per dipingere. Prima, infatti, gli artisti realizzavano i colori in studio mescolando polveri (i pigmenti) e leganti e generalmente non si spostavano dallo studio, poiché era scomodo gestire all’aperto i pigmenti.
Anche se dipingono prevalentemente all’aperto, gli impressionisti amano affittare studi e residenze nel quartiere di Batignolles, nella zona nord-ovest di Parigi: intorno al 1860 alcuni di essi danno vita al “gruppo di Batignolles”, così chiamato perché si riunisce in un caffè del quartiere. Il pittore Henri Jean Théodore Fantin-Latour (Grenoble 1836-Buré 1904) raffigura un gruppo di impressionisti proprio in un atelier del quartiere (1): da sinistra a destra, sono riconoscibili Otto Scholderer, pittore tedesco trasferitosi in Francia per studiare i pittori del realismo; Manet, seduto di fronte al suo cavalletto; Auguste Renoir con un cappello scuro; Zacharie Astruc, scultore e giornalista; Émile Zola, scrittore e amico di molti pittori; Edmond Maître, collezionista e mecenate; Frédéric Bazille, artista che scomparirà l’anno successivo, durante la guerra del 1870; e infine Claude Monet, considerato dagli impressionisti una sorta di caposcuola.

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L’origine del nome “impressionisti”

Rifiutati dai saloni ufficiali di pittura, gli impressionisti espongono per la prima volta i loro dipinti nell’aprile del 1874, presso lo studio parigino del fotografo Felix Nadar: non è un caso che proprio un fotografo, attento a catturare la realtà in tutti i suoi aspetti grazie alla nuova tecnica, sia il primo collezionista ad apprezzare questo gruppo di pittori.
L’opera di Claude Monet Impressione, sole nascente (2) diventa il simbolo del movimento: dopo aver visitato la mostra indipendente del 1874, il critico Louis Leroy, ispirandosi al nome del quadro, intitola la sua recensione L’esposizione degli impressionisti, con intento dispregiativo; allora i pittori, in modo provocatorio, scelgono proprio il nome di “impressionisti” per definire i membri del loro gruppo.
Nel dipinto di Monet la luce dell’alba è la vera protagonista e il soggetto pare quasi casuale. Il colore è steso a macchie accostate ed è l’occhio, al di là dell’immediata riconoscibilità del porto di Le Havre, a ricomporre le impressioni di luce e colori suscitate dalla tela.

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Camille Pissarro, l’anima del gruppo

Camille Pissarro è un altro esponente del gruppo: nato nel 1830 nelle Antille danesi (che sarebbero divenute poi, nel 1917, Isole Vergini americane), si trasferisce prima in Venezuela e poi a Parigi, dove intorno al 1859 conosce Claude Monet. Inizia quindi a dipingere en plein air, all’aperto, soprattutto nella campagna e nei villaggi intorno a Parigi.
Di carattere sereno e conciliante, è considerato dai colleghi l’anima che tiene insieme il gruppo di pittori e fa loro superare divisioni e rivalità. Nella sua carriera realizza numerosi quadri ma anche splendidi acquerelli, la cui tecnica di esecuzione veloce è particolarmente adatta alla pittura all’aria aperta.
Ne La carriola (3) Pissarro raffigura con tratti veloci e pieni di luce una scena di campagna: un ampio campo verde con un attrezzo da lavoro sulla destra e una donna che raccoglie il fieno. Domina la scena la rappresentazione della natura, resa con differenti pennellate di verde.
Le tele di Pissarro interpretano con efficacia alcuni dei princìpi che animano l’arte impressionista: la resa degli effetti della luce sull’ambiente come elemento determinante della scena; la scelta di soggetti che esaltano la vita contemporanea e il ritmo vivace e cosmopolita della metropoli parigina, come nel dipinto Boulevard Montmartre in un mattino d’inverno (4).

Il filo dell’arte - volume B
Il filo dell’arte - volume B
Dalla Preistoria ai nostri giorni