L’OTTOCENTO

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Théodore Géricault

La zattera della Medusa

LA STORIA

Nel luglio del 1816 la nave francese Medusa affonda. Quasi tutte le persone a bordo muoiono. Solo 15 vengono tratte in salvo dalla nave Argo, dopo aver trascorso 12 giorni in balia delle onde a bordo di una zattera di fortuna, senza cibo né acqua. Géricault, che all’epoca ha 27 anni, rimane molto colpito dall’evento, tanto da realizzare un dipinto di grandissime dimensioni – in genere riservate a importanti soggetti storici – che espone al Salon di Parigi del 1919.

IL SOGGETTO

Il pittore rappresenta il momento più drammatico e nello stesso tempo più emozionante della vicenda: quello in cui i naufraghi, animati dall’ultimo filo di speranza, raccolgono tutte le loro forze per riuscire a farsi avvistare dalla nave Argo, che scorgono in lontananza.

L’opera racconta

La scena si svolge nel mare in tempesta, che rappresenta simbolicamente la potenza della Natura, mentre il cielo scuro e minaccioso è squarciato a tratti da spazi azzurri e luminosi, che rappresentano invece la luce della speranza.

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In primissimo piano il dipinto è occupato dalla zattera improvvisata con assi recuperate, tenute insieme da corde che in più punti si stanno allentando.
A destra un corpo sdraiato, livido, privo di vita, del quale non vediamo le braccia e la testa, è in parte riverso nell’acqua, imprigionato dall’incastro delle assi. Sulla sinistra un altro giovane uomo è immerso in mare fino al busto, mentre un altro ancora è trattenuto sulla zattera da un uomo più anziano, disperato.

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Sulla zattera c’è un groviglio di persone, alcune sdraiate, prive di forze, altre inginocchiate, aggrappate le une alle altre nel tentativo di rialzarsi.
Il secondo piano è caratterizzato da un doppio impianto piramidale: il primo sulla destra, nel quale la piramide è formata da uomini in piedi e di spalle, culmina con il naufrago issatosi su una botte di legno che, animato dalla speranza, sventola un lembo di stoffa per farsi avvistare dalla nave Argo, un piccolo punto in lontananza.

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Sulla sinistra, a bilanciamento del primo, si trova il secondo impianto piramidale, culminante nella vela più esterna: il vento la rigonfia, spingendo la zattera non verso la salvezza ma in direzione della grande onda scura, pronta a travolgerla.

I gesti e le espressioni esprimono tutta l’angoscia e l’emozione del momento, e la composizione sembra oscillare tra due spinte contrapposte – l’onda minacciosa e la nave lontana – a simboleggiare il dramma della condizione umana, sospesa tra la disperazione e la speranza della salvezza. La forte contrapposizione di luci e ombre, di chiara ispirazione caravaggesca, accentua la drammaticità della scena: la luce illumina i corpi rappresentati con crudo realismo, e ne mette in evidenza la perfetta resa anatomica, tipica della pittura di Michelangelo.

 

Il filo dell’arte - volume B
Il filo dell’arte - volume B
Dalla Preistoria ai nostri giorni