Il futuro dell’Unione

EUROPA E UNIONE EUROPEA

Il futuro dell’Unione

Il processo di integrazione europea e il suo più importante risultato raggiunto finora, l’UE, si trovano in una fase cruciale della loro storia. I prossimi anni probabilmente ci diranno se l’Unione Europea sarà riuscita a superare le tante sfide che la attendono, in particolare a vincere le resistenze dei Governi e popoli dei Paesi che la compongono per diventare finalmente un grande e forte Stato multinazionale, oppure se le diffidenze reciproche e i sentimenti euroscettici di sfiducia e critica verso il processo di integrazione europea avranno avuto la meglio e l’esperienza dell’Unione Europea dovrà essere ripensata sostanzialmente.

LE PROSPETTIVE DI ALLARGAMENTO

La regione in cui l’Unione Europea ha le maggiori prospettive di espandersi nei prossimi anni è quella dei Balcani, che comprende la maggior parte dei Paesi attualmente candidati a diventare membri: Albania, Macedonia, Montenegro e Serbia. Gli abitanti di questi Stati vedono l’ingresso nell’UE come un’opportunità di sviluppo economico e, soprattutto, come un modo per lasciarsi alle spalle i difficili periodi storici che hanno dovuto affrontare nel recente passato.
Più complesso appare un ulteriore allargamento dell’Unione a est. Uno dei potenziali candidati più promettenti, l’Ucraina, dovrà risolvere le profonde lacerazioni interne (Geo Oggi pagina 204), prima di presentare la propria domanda ufficiale di ingresso nell’Unione Europea.

E ugualmente in salita appare il cammino di integrazione verso nord. Nel 2009 l’Islanda, in seguito a una grave crisi che aveva colpito il sistema bancario e finanziario del Paese, aveva presentato formale richiesta di adesione all’UE, e i negoziati erano iniziati nel 2010. Ma nel 2013 il Governo islandese ha ritirato la propria candidatura, che al momento è considerata sospesa dai vertici dell’UE.

VERSO GLI STATI UNITI D’EUROPA?

Il costituirsi degli Stati Uniti d’Europa, con una struttura simile a quella degli Stati Uniti d’America, era stato il sogno di molti dei “padri fondatori” dell’UE.
Un passo che l’Unione Europea potrebbe intraprendere in questa direzione, cioè verso una più compiuta unione e integrazione, sarebbe quello di evolversi fino a diventare uno Stato federale a tutti gli effetti, con istituzioni dotate di sempre maggiori poteri e in grado di sostituirsi completamente a quelle dei singoli Stati membri; a questi verrebbero lasciate solo le competenze in materia locale, come accade oggi con le regioni di molti Paesi.
Uno Stato di questo tipo dovrebbe essere in grado di gestire la propria difesa ed esprimere una politica estera comune, due obiettivi che al momento l’UE fatica a raggiungere. L’Unione Europea infatti non ha un esercito comunitario, e nel corso degli anni gli Stati membri si sono più volte trovati a reagire in ordine sparso di fronte ad alcuni importanti eventi della scena mondiale, non riuscendo a trovare una posizione unitaria. Nel 2014, per esempio, i Paesi dell’UE hanno faticato per trovare un accordo sull’imposizione di sanzioni internazionali nei confronti della Russia, in risposta alla sua annessione illegale della Crimea.

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L’ALTERNATIVA: UN’UNIONE EUROPEA “A DUE VELOCITÀ”

Lo scenario opposto a quello della nascita di un forte Stato federale europeo potrebbe essere invece l’esito di una sempre maggior diffusione nell’opinione pubblica di posizioni euroscettiche e ostili all’UE, dell’aumento dei disaccordi tra i vari Paesi membri e della progressiva perdita di importanza delle istituzioni comunitarie, i cui richiami e provvedimenti potrebbero essere sempre meno ascoltati. Se questo accadesse, e dopo l’uscita del Regno Unito sancita dal referendum del 2016, anche altri Paesi membri potrebbero decidere di lasciare l’Unione, che avrebbe così un futuro via via più incerto.
Un’alternativa per ricomporre le divisioni politiche tra i vari Governi europei e per gestire il grande divario economico tra i Paesi membri, che rappresenta una delle maggiori fonti di tensione all’interno dell’UE, sarebbe secondo alcuni la creazione di un’Unione Europea “a due velocità”. Gli Stati membri verrebbero cioè divisi in due gruppi. Da una parte un nucleo di Stati “centrali”, quelli con le finanze più solide e dove il processo di integrazione europea è stato finora più efficace, come Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi e alcuni Stati scandinavi. Questo gruppo avrebbe una propria moneta, un euro “forte”, e accordi di libero scambio e libera circolazione interni alla loro area. I Paesi esclusi da questo nucleo forte, quelli dell’Europa Meridionale e Orientale, che hanno economie più fragili e maggiori problemi di integrazione – Portogallo, Spagna, Italia, Grecia ecc. – formerebbero un gruppo di Stati “periferici” con una moneta diversa, un euro “debole”, e differenti accordi economici e politici.
Tale prospettiva sarebbe una terribile sconfitta per i sostenitori dell’integrazione europea, eppure molti ritengono che, alla luce delle grandi difficoltà che le istituzioni europee stanno attraversando, la nascita di un’Europa “a due velocità” possa essere il male minore di fronte all’alternativa, ben peggiore, di una progressiva perdita di importanza, o addirittura di una disgregazione, dell’Unione Europea.

GUIDA ALLO STUDIO

FISSO I CONCETTI 

1 Quale regione comprende la maggior parte dei Paesi candidati all’ingresso nell’UE?

2 Perché gli abitanti di questi Paesi vedono l’UE come una grande opportunità?

3 Quali sono i motivi di maggiore tensione tra i Paesi dell’UE?

4 Quali sono le due possibili e opposte ipotesi di evoluzione dell’Unione Europea?

Geoblog - volume 2
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L’Europa