Il settore secondario in Italia

L’ECONOMIA

Il settore secondario in Italia

Nel nostro Paese il settore secondario è tutt’oggi un settore forte, anche se con una certa tendenza al calo, simile a quella che si registra anche negli altri Paesi europei con un’economia avanzata. Coinvolge quasi un terzo dei lavoratori italiani (28%) e produce una quota analoga della ricchezza nazionale.
La prima area industriale moderna si sviluppò nel Nord-Ovest della penisola all’inizio del Novecento, nel cosiddetto triangolo industriale Milano-Torino-Genova: sorsero qui i grandi complessi siderurgici, chimici, meccanici che hanno fatto la storia dell’industria italiana, come la Fiat di Torino, l’Italsider di Genova, la Montedison, la Breda e la Pirelli di Milano. Fu verso queste fabbriche che si diressero i grandi flussi migratori degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, provenienti soprattutto dalle regioni del Sud, poco o per nulla industrializzate.
Nel corso di più di un secolo il panorama industriale italiano è profondamente cambiato e si caratterizza oggi per la compresenza di grandi imprese nazionali e multinazionali (15) e di una rete di piccole e medie imprese, che negli ultimi decenni si è notevolmente ridimensionata.

I DISTRETTI DELL’ITALIA CENTRO-SETTENTRIONALE

Accanto alla grande industria del Nord-Ovest, si è affermato nel Nord-Est (Veneto e Friuli Venezia Giulia) e in Emilia-Romagna un nuovo modello, quello del “distretto”: non più poche grandi industrie che concentrano al proprio interno l’intero ciclo produttivo, ma tante fabbriche piccole e medie, distribuite su un’area piuttosto ampia, che operano “in rete” l’una con l’altra, occupandosi ciascuna di una sola delle fasi produttive o delle specializzazioni in un determinato settore (dalla moda alla meccanica di precisione, dall’arredamento all’alimentare).
Questo modello di industrializzazione si estende, come puoi vedere osservando la carta, anche a fasce di Toscana, Marche, Lazio e Abruzzo, su una base di solida tradizione manifatturiera e artigianale.

Vantaggi e svantaggi delle imprese medio-piccole

Grazie alle loro dimensioni, le piccole e medie imprese che costituiscono l’ossatura dell’industria italiana si mostrano spesso più flessibili, cioè capaci di reagire più rapidamente alle richieste del mercato, anche mondiale.
L’essere piccole ha però anche uno svantaggio: una minore disponibilità di capitali e, dunque, di ricchezze da investire in tecnologie avanzate. La creazioni di “distretti” dovrebbe appunto permettere a queste struttute di unire le forze per investire in ricerca, pubblicità, tecnologie, così da reggere la concorrenza della grande industria e dei prodotti stranieri.
Di fatto, però, le piccole e medie industrie italiane hanno risentito pesantemente della crisi e dei cambiamenti economici globali degli ultimi anni, e interi distretti si sono trovati a fronteggiare gravi difficoltà.

 >> pagina 239 

GEOOGGI

La forza del made in Italy

Passeggiando per il centro di una grande città, da Parigi a New York fino a Tokyo, si rimane colpiti dalla quantità di insegne con nomi italiani. Non solo ristoranti, ma eleganti boutique, negozi di design, gioiellerie. Dalle auto supersportive come Ferrari e Lamborghini, agli abiti e accessori di celebri stilisti come Armani e Prada, in tutto il mondo gli oggetti made in Italy – cioè progettati e realizzati in Italia – sono un simbolo di bellezza ed eleganza.
Uno dei punti di forza del made in Italy, che coinvolge anche migliaia di piccole e medie imprese diffuse su tutto il territorio italiano, è che alla creatività e all’innovazione tecnologica si affianca la straordinaria abilità di esperti artigiani che, in laboratori spesso piccolissimi, lavorano materiali antichi come il cuoio, il legno, il vetro, la pietra e la ceramica, con tecniche trasmesse da generazioni. Questi oggetti sono realizzati in quantità inferiori rispetto ai prodotti che escono dalle grandi industrie manifatturiere, e costano molto di più, ma per la loro qualità e il loro stile inconfondibile sono ricercatissimi in tutto il mondo.

L’INDUSTRIALIZZAZIONE DELL’ITALIA MERIDIONALE

Rispetto all’Italia Settentrionale, il Sud della Penisola ha conosciuto uno sviluppo industriale più incerto per ragioni molto complesse, tra cui condizioni storiche ed economiche poco favorevoli e povertà di infrastrutture. Anche il tentativo dello Stato di impiantare poli industriali petrolchimici e siderurgici intorno a Napoli, a Brindisi, a Taranto e in Sicilia non ha dato i risultati sperati.
Sulla base di risorse e vocazioni tradizionali del territorio, tuttavia, in Puglia e in Campania si sono affermati alcuni distretti, in particolare dell’industria agroalimentare, dell’abbigliamento e delle calzature. Anche queste realtà, però, sono state messe a dura prova dalla recente crisi internazionale.

GUIDA ALLO STUDIO

FISSO I CONCETTI 

1 Qual è stata la prima area industriale moderna del nostro Paese?

2 Qual è il nuovo modello industriale affermatosi nel Nord-Est e in Emilia-Romagna?

3 Quali sono i vantaggi e gli svantaggi delle piccole e medie imprese?

4 Qual è la situazione dell’industria nell’Italia Meridionale?

MEMORIZZO LE PAROLE CHIAVE 

 Industria di base  Industria pesante  Industria di trasformazione  Industria leggera  Industria avanzata  Impresa multinazionale  Delocalizzazione  Distretto industriale

Geoblog - volume 1
Geoblog - volume 1
L’Italia e l’Europa