L’ambiente e la salute vittime della guerra
La guerra viene generalmente immaginata solo come uno scontro tra esseri umani, mentre non bisogna dimenticare gli ingenti danni all’ambiente e alla salute che vengono causati e che aumentano di migliaia e migliaia il numero delle vittime. Molti danni sono parte di una strategia, oppure sono la conseguenza imprevista dell’uso di particolari armi. Durante la guerra in Vietnam (1955-1975), per esempio, i soldati dell’aeronautica americana irrorarono migliaia di chilometri quadrati di foreste nel Vietnam del Sud con enormi quantità di una sostanza chimica chiamata agente arancio. Si trattava di un defoliante, un composto che causa la perdita delle foglie ad alberi e piante, impiegato per impedire ai guerriglieri nordvietnamiti di nascondersi nelle foreste. Si stima che durante il conflitto furono usati quasi 80 milioni di litri di agente arancio, e altre sostanze simili, sul 35% delle fitte foreste sudvietnamite, causando gravissimi danni all’ecosistema.
Non mancano poi casi di disastri ambientali provocati per pura rappresaglia. Fu quanto avvenne nel 1991, durante la prima guerra del Golfo, quando una coalizione di Paesi intervenne in Medio Oriente per fermare l’invasione del Kuwait da parte del vicino Iraq: il dittatore iracheno Saddam Hussein, costretto a ritirarsi dai territori occupati, ordinò di bruciare i pozzi di petrolio presenti nel deserto kuwaitiano e di aprire le valvole degli oleodotti che portavano il petrolio ai porti del golfo Persico, causando la dispersione di un’enorme quantità di petrolio in mare. Furono dati alle fiamme oltre 700 pozzi, e circa 1,5 milioni di m3 di petrolio contaminarono le acque del golfo, provocando la morte di moltissimi pesci e uccelli marini. E fu proprio alla fine di questo conflitto che si cominciò a parlare delle possibili conseguenze del cosiddetto uranio impoverito sulla salute dell’uomo. Si tratta di un prodotto di scarto delle centrali nucleari, che viene usato nella fabbricazione di alcuni tipi di proiettili poiché, essendo molto pesante, aumenta il loro potere di penetrazione. Alcuni anni dopo la fine della guerra del Golfo, ma anche in seguito ad altri conflitti, come quello in Kosovo (avvenuto nell’ex Iugoslavia tra il 1998 e il 1999), si cominciò a notare un aumento dell’incidenza di alcune particolari malattie, come tumori e leucemie, tra i soldati e i civili che avevano prestato servizio o vivevano nelle aree teatro degli scontri. Non è ancora stato stabilito con certezza il legame tra l’uso dei proiettili con uranio impoverito e queste malattie, ma l’ipotesi è che l’uranio dei proiettili sparati si sia ridotto in polvere e abbia contaminato il suolo, e che possa risultare nocivo se ingerito o respirato, anche a distanza di anni.