Capitolo 34 - Il feudalesimo e le ultime invasioni

Capitolo 34 IL FEUDALESIMO E LE ULTIME INVASIONI

i concetti chiave
  • Il sistema dei feudi: il capitolare di Quierzy dell’877 stabilisce il passaggio dal beneficium temporaneo all’attribuzione stabile del feudo, aumentando il potere dell’aristocrazia
  • L’estensione dei diritti di immunità di vescovi e abati ai signori laici conferisce più potere ai feudatari: nasce la signoria di banno
  • Le invasioni di Normanni, Ungari e Saraceni favoriscono lo sviluppo delle fortificazioni: è il fenomeno dell’incastellamento
  • Emerge la dinastia sassone in territorio germanico, Ottone I si affida ai vescovi-conti per consolidare il suo potere
  • Nel 962 Ottone I diventa imperatore; col privilegium Othonis si ribadisce il potere temporale del papa, ma è l’imperatore a ratificarne l’elezione
  • Corruzione della Chiesa e diffusione della simonìa; con l’obiettivo di riformare la Chiesa nasce a Cluny l’ordine cluniacense
  • Il conflitto tra i due poteri universali, papato e impero, dà luogo alla lotta delle investiture

1. La nascita del feudalesimo

Il sistema vassallatico, che si era affermato in gran parte d’Europa sotto i Carolingi, si basava su vincoli di fedeltà direttamente collegati alla concessione di benefici. I sovrani franchi si garantivano la lealtà dei propri cavalieri con la donazione di una parte dei bottini di guerra, oppure assicurando loro le rendite economiche di determinati territori, ma non il loro possesso permanente. Con il tempo, tuttavia, il vassallaggio subì una trasformazione decisiva: i legami politici e militari cui dava luogo furono sempre più connessi alla cessione di terre, dapprima in misura temporanea, in seguito in modo sempre più definitivo. Questa concessione dei “feudi”, come vennero chiamate le terre assegnate ai vassalli, presto determinò il riemergere dell’anarchia nobiliare e delle tendenze autonomistiche dei cavalieri, fissando così le basi del cosiddetto “sistema feudale” che, a partire da questo momento, avrebbe caratterizzato la storia europea per il resto del Medioevo, in forme, modalità e tempi differenti.

Aumenta il potere dei vassalli: dal beneficium al feudo

Il sostanziale mutamento nei rapporti vassallatici verificatosi con la fine dell’epoca carolingia si manifestò anche nella terminologia. A partire dall’XI secolo, infatti, nei documenti ufficiali il termine beneficium, che come abbiamo visto si riferiva a una cessione a carattere temporaneo, fu sostituito dal termine “feudo”, che indicava invece una cessione definitiva dei possedimenti terrieri.
La parola “feudo” deriva dal franco fehu-od (fehu, “bestiame”; od, “possesso”), equivalente al latino pecus, “bestiame”, “gregge”. Nella Roma arcaica da questo vocabolo era derivato il termine pecunia, “denaro”, poiché nelle società agro-pastorali la ricchezza era costituita principalmente dal bestiame, in particolare ovini e caprini. Analogamente accadde nella società altomedievale, nella quale il benessere derivava quasi esclusivamente dall’agricoltura e dall’allevamento.
Sebbene i primi documenti ufficiali che testimoniano l’esistenza di feudi propriamente detti siano posteriori, il passaggio effettivo da un beneficio temporaneo a una cessione definitiva delle terre cominciò ad affermarsi già tra il IX e il X secolo, in concomitanza con la decadenza dell’impero carolingio.
Già in questo periodo, infatti, l’omaggio di alcuni vassalli ai loro signori veniva ricompensato da questi ultimi con la cessione a titolo definitivo dei feudi (da qui il nome feudatari), che potevano poi essere ceduti in eredità ai discendenti.
Il passaggio da un sistema a un altro avvenne in tempi e modi diversi nelle varie aree del continente europeo. Fu adottato più rapidamente e con caratteri abbastanza omogenei nel territorio corrispondente al regno dei Franchi; successivamente arrivò nel territorio in cui avevano governato i Longobardi, dove subì alcune trasformazioni che ne fecero un sistema assai diverso, così come avvenne nei territori oltre i confini dell’impero. Per questo si è soliti distinguere tra feudo franco o “puro”, caratteristico del territorio francese, e feudo longobardo, diffuso nell’Italia settentrionale. Le differenze riguardavano soprattutto il fatto che il feudo longobardo poteva essere diviso, ceduto, venduto o anche trasmesso per via femminile, aspetti giuridici non previsti nella gestione del feudo franco.

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Il capitolare di Quierzy e l’ereditarietà dei feudi

La trasformazione dei benefici temporanei in feudi permanenti fu sancita dal capitolare di Quierzy, emanato dal sovrano carolingio Carlo il Calvo nell’877. Nato dall’esigenza di garantirsi il sostegno dei nobili in una spedizione militare in Italia assicurando loro la possibilità di trasmettere cariche e donazioni ai discendenti, l’editto imperiale stabilì che i feudi maggiori (cioè quelli dati in beneficio dal re) divenissero un possesso terriero definitivo ed ereditario. Nelle intenzioni di Carlo il Calvo questa opportunità doveva essere limitata solo a situazioni specifiche: nel caso in cui un conte fosse morto in guerra, per esempio, le terre avrebbero potuto essere concesse temporaneamente agli eredi, in attesa che costoro rinnovassero il vincolo di fedeltà con il sovrano. Nella realtà dei fatti, però, il potere dell’aristocrazia era ormai così influente rispetto a quello dei deboli sovrani carolingi che il provvedimento dell’imperatore si affermò come una riforma definitiva a vantaggio dei grandi feudatari.
Il capitolare di Quierzy sancì dunque l’ereditarietà dei soli feudi maggiori, ma l’autonomia e il potere dell’aristocrazia feudale nei decenni successivi si ampliarono in maniera tale che, nella prima metà dell’XI secolo, essa fu estesa anche ai feudi minori. Ciò avvenne nel 1037, con l’emanazione della Constitutio de feudis da parte dell’imperatore Corrado II il Salico. Grazie a questo provvedimento – che in realtà, più che introdurre un vero cambiamento, prendeva atto di una situazione di fatto – divenivano ereditari anche i feudi concessi da un grande signore, e non solo dall’imperatore.

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I feudatari sempre più autonomi

La crescita dell’autonomia e dell’influenza politica dei feudatari ebbe ovviamente ripercussioni fondamentali sui rapporti di forza tra nobiltà e potere monarchico. Dall’indebolimento del potere centrale, in particolare, derivò l’opportunità, per i feudatari, di ottenere i cosiddetti diritti di  immunità, grazie ai quali i feudi non erano più sottoposti ai controlli dei funzionari imperiali. Al loro interno i feudatari potevano quindi esercitare personalmente le funzioni di governo proprie della sovranità statale, come l’amministrazione della giustizia, l’imposizione e la riscossione dei tributi, l’arruolamento e la guida di uomini armati.
Inizialmente questi diritti erano concessi solo ai vescovi e agli abati, sulla base dei reciproci interessi che legavano la dinastia carolingia alle autorità ecclesiastiche. Presto, tuttavia, tali privilegi furono estesi anche ai feudatari laici, che con essi riuscirono a piegare le resistenze dei sovrani alle proprie rivendicazioni. Così, mentre sotto Carlo Magno le attività amministrative erano state affidate ai missi dominici o ai conti e ai marchesi, figure ancora in parte assimilabili a quelle di funzionari statali, a partire dalla metà del X secolo i feudatari furono sempre più svincolati dal potere imperiale: attraverso la concessione delle immunità, infatti, essi ottennero di fatto il controllo politico e giuridico sui propri territori, rendendosi sempre più indipendenti dal potere centrale.

La nascita della signoria di banno

Il feudalesimo determinò anche una trasformazione delle forme di insediamento e, in ultima analisi, dell’aspetto del paesaggio europeo. Tra i nuovi proprietari dei feudi nacque infatti l’esigenza di difendere i territori acquisiti dalle incursioni armate di popoli stranieri o di altri feudatari, desiderosi di ampliare con la forza i propri possedimenti; tale necessità spiega perché in questo periodo sorsero in Europa i primi edifici fortificati, precursori dei castelli che avrebbero caratterizzato i panorami europei per tutta l’epoca medievale.
Grazie ai diritti di immunità concessi ai loro proprietari e ai cambiamenti delle tipologie insediative che li accompagnarono, i feudi maggiori si trasformarono in veri e propri centri di potere locale, in grado di estendere la propria autorità politica anche sui territori che circondavano i castelli. Questa forma di potere, definita signoria di  banno, permise ai proprietari terrieri di sottoporre a stretti vincoli di sudditanza tutti gli abitanti della zona, compresi i contadini che vivevano ai margini dei feudi.
Sfruttando la disponibilità di uomini armati e il prestigio sociale di cui godevano, i signori feudali rendevano effettivi i loro diritti di immunità soprattutto in campo economico e fiscale, imponendo gravose forme di oppressione economica nei confronti della popolazione su cui esercitavano il loro potere. Per esempio, potevano imporre una tassa per l’attraversamento di una strada o di un ponte (tassa detta pontiatico) che ricadeva nei territori da loro controllati, o il pagamento delle cosiddette “bannalità”, tributi in natura cui erano sottoposti i contadini che risiedevano nel feudo per poter utilizzare gli strumenti agricoli e gli impianti di proprietà signorile (come i mulini ad acqua, i frantoi, le macine, i forni e i tini).

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille