2 - La società franca: un mondo di cavalieri e vassalli

Unità 12 LA RINASCITA CAROLINGIA E IL FEUDALESIMO >> Capitolo 32 – I Franchi

2. La società franca: un mondo di cavalieri e vassalli

Il successo della dinastia pipinide, come abbiamo visto, dipese in gran parte dall’organizzazione militare, basata sulla forza della cavalleria. Questa organizzazione, a sua volta, era connessa a un articolato sistema di relazioni sociali che legava tra loro i membri dell’aristocrazia e che siamo soliti chiamare sistema vassallatico. Esso era diffuso soprattutto nel regno di Austrasia, dal quale provenivano i Pipinidi; furono costoro, una volta conquistata l’egemonia nel regno franco, a diffonderlo in tutti i territori che controllavano.

L’età dei cavalieri

Lo Stato franco, come tutti i regni romano-barbarici, era privo di un esercito permanente paragonabile a quello sul quale si basava la forza dell’impero romano. Le campagne militari di solito non erano affrontate con grandi eserciti strutturati: il re convocava gli uomini validi ai quali si imponeva di arrivare con gli armamenti che le loro possibilità economiche consentivano. I cavalieri, sui quali ricadeva quasi integralmente il peso del combattimento, costituivano il nerbo dell’esercito, il cui valore era perciò basato sulla loro forza fisica, resistenza e coraggio. Mancando un inquadramento istituzionale delle milizie, la fedeltà dei guerrieri al sovrano si basava sui rapporti personali e sui vincoli di lealtà, già sperimentati nella società germanica tradizionale. Infatti i nobili franchi non si consideravano sudditi, ma compagni d’arme del sovrano, che era in effetti una sorta di primus inter pares. In cambio del loro contributo militare a fianco del re, i cavalieri ottenevano parte del bottino e soprattutto la concessione di terre, grazie alle quali potevano mantenere la propria casata e armarsi adeguatamente per partecipare alle campagne militari.

TESTIMONIANZE DELLA STORIA

TERRA, GUERRA E POTERE

In questo brano, tratto da un capitolare degli inizi del IX secolo, sono descritti non solo gli obblighi militari dei possessori di terre nei confronti del re, ma viene introdotta anche una regola che esonera dal servizio militare chi non può procurarsi un adeguato equipaggiamento.
Il testo è importante perché mostra il cambiamento in atto all’interno della società germanica, che sta passando da leggi tradizionali non scritte, come sono quelle dei Germani, a leggi scritte, sul modello giuridico romano.



«Ogni uomo libero che ha quattro mansi1 coltivati, o di suo o in beneficio da qualcuno, provveda al suo equipaggiamento e si unisca all’esercito […]. A chi ha tre mansi di suo si aggiunga colui che ne ha uno e collabori con lui perché egli possa provvedere per entrambi. A colui che ha solo due mansi di suo si aggiunga un secondo che ne ha ugualmente due e uno di essi, usufruendo dell’aiuto dell’altro, raggiunga l’esercito. A colui che ha solo un manso di suo si aggiungano altri tre che abbiano ugualmente un manso solo e collaborino con lui perché egli solo raggiunga l’esercito; gli altri tre, che hanno prestato il loro aiuto, rimangano a casa. Vogliamo e comandiamo che i nostri missi2 si informino scrupolosamente su coloro che l’anno scorso, quando è stato convocato l’esercito, non hanno tenuto conto di quell’ordine che avevamo emanato in termini analoghi ai precedenti riguardo agli uomini liberi e ai più poveri; e chiunque venga scoperto non aver aiutato il suo pari a raggiungere l’esercito secondo il nostro comando o a non essere venuto personalmente, assolva pienamente il nostro comando e dia piena garanzia di assolverlo secondo la legge


Monumenta Germaniae Historica, Capitularum regum Francorum, Legum Sectio II, I, Boretius, Hannover 1883



1. mansi: in origine il manso era un appezzamento di terra sufficiente a mantenere una famiglia; con i Merovingi si cominciò a intendere un pezzo di terra coltivato da uno schiavo.
2. missi: si tratta dei missi dominici, cioè inviati dal sovrano per controllare i territori dei suoi cavalieri.


PER FISSARE I CONCETTI
  • In base a quanto previsto dal testo, quanti mansi doveva avere un uomo libero per doversi unire all’esercito? E come si doveva regolare chi ne possedeva meno?
 >> pagina 255 

Il re si tutela con il beneficium

Se la cessione di terre ai cavalieri consentiva ai sovrani di condurre le loro guerre di espansione, allo stesso tempo comportava il rischio di stimolare le tendenze autonomistiche della nobiltà e determinare una situazione di anarchia: i cavalieri erano orgogliosi della propria indipendenza tanto quanto del proprio valore in battaglia, e il possesso di proprietà terriere sempre più ampie poneva il loro potere economico in concorrenza con quello dei re; come era avvenuto sotto la dinastia dei Merovingi. I Pipinidi, tuttavia, riuscirono a evitare tali esiti e a inserire le loro clientele armate in un sistema di relazioni efficace ed economicamente vantaggioso.
Pipino il Breve e i suoi successori modificarono l’usanza di cedere le terre a titolo definitivo e di consentirne la successione ereditaria. L’assegnazione dei fondi divenne temporanea: i terreni restavano di proprietà del sovrano e tornavano nella sua disponibilità effettiva alla morte del cavaliere cui erano stati conferiti. Questo metodo di attribuzione delle proprietà fondiarie era regolato sul principio del cosiddetto “beneficio” (beneficium), che nel diritto romano indicava una cessione temporanea di un bene da parte dell’autorità pubblica. L’assegnazione della terra sostituiva, in un certo senso e in mancanza di una grande disponibilità monetaria, l’erogazione dello stipendio da parte dell’amministrazione statale a funzionari e soldati. Dalle terre, tra l’altro, i cavalieri traevano risorse economiche sotto forma di prodotti agricoli ma anche di manodopera, dal momento che i servi e i coloni che risiedevano sulle aree interessate dall’assegnazione venivano ceduti insieme a esse.

L’omaggio vassallatico

Per consolidare il legame tra i cavalieri e il sovrano, i Franchi fecero inoltre ricorso alle antiche tradizioni germaniche, e in parte al modello della clientela romana rimasto in uso anche dopo la fine dell’impero: si impose il principio secondo cui i vincoli tra i guerrieri si basavano sulla reciproca fedeltà, sancita da un giuramento che il cavaliere doveva prestare al sovrano, il cosiddetto “omaggio”. Il termine deriva dal latino homo, “uomo”, poiché attraverso questa cerimonia ufficiale il nobile franco diventava un “uomo di fiducia” del sovrano e un suo fedele alleato. La parola corrispondente utilizzata nella lingua franca era invece “vasso” (dall’antico celtico gwas, “ragazzo”, “servo”), da cui derivano i termini “vassallo” (diminutivo di “vasso”) e “vassallaggio”.
Un vincolo di fedeltà identico a quello che legava il vasso al sovrano era esteso dai vassi agli altri nobili a loro subordinati, grazie allo stesso sistema di cessione temporanea delle terre: costoro erano chiamati vassalli (appunto “piccoli vassi”). Come in una lunga catena, la società franca si reggeva su legami di lealtà che, a partire dalla ristretta cerchia dei nobili più vicini al sovrano, si allargavano a piramide fino a estendersi su tutti i territori del regno, creando una rete di alleanze basate sul possesso della terra.
Il vassallaggio fu uno dei fondamenti della relativa stabilità della monarchia franca. Infatti, da sistema di relazioni sociali proprio dell’aristocrazia, esso divenne in seguito anche il perno dell’organizzazione politica del regno franco. Il sistema vassallatico si reggeva però sulla necessità di una costante espansione territoriale: quando terminarono le conquiste possibili, i sovrani non ebbero più le disponibilità fondiarie necessarie per ricompensare i loro cavalieri e le tendenze autonomistiche dei nobili tornarono a incrinare la compattezza del regno.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille