5 - Verso i regni indipendenti

Unità 11 TRA ORIENTE E OCCIDENTE >> Capitolo 30 – La civiltà araba

5. Verso i regni indipendenti

I califfati indipendenti

Dopo circa un secolo, la spinta propulsiva che aveva determinato l’impetuosa espansione dell’impero islamico subì un rallentamento. Anche se i contrasti politici e religiosi che portarono all’ascesa degli Abbasidi indebolirono l’unità islamica e condussero infine alla frammentazione politica dell’impero, l’estensione dei domini islamici non si arrestò del tutto nemmeno nel IX e nel X secolo. Il fenomeno più rilevante di questo periodo fu però l’affermazione e il consolidamento, in molte zone periferiche, di califfati indipendenti, la cui nascita era il sintomo di un cambiamento di mentalità delle classi dominanti arabe, che preferirono concentrarsi sul governo dei territori di recente conquista piuttosto che impegnarsi in nuove campagne di espansione.
La vastità dei domini musulmani – estesi dalla Spagna all’India – rendeva quasi impossibile il mantenimento dell’unità politica e statale. Inoltre, la pressione di nuove popolazioni ai confini creò ulteriori difficoltà al califfato abbaside e ne favorì infine il declino.
Sotto il califfato degli Omayyadi, tra la metà del VII e la metà dell’VIII secolo, gli Arabi si erano spinti fino alla valle del fiume Indo. Essi però non poterono spingersi oltre, poiché furono fermati da una coalizione di regni indiani che li sconfissero nelle battaglie del Rajasthan nel 738. L’avanzata nella regione della Transoxiana (tra gli attuali Kazakistan e Uzbekistan) fu invece fermata dall’impero cinese della dinastia Tang, sebbene l’esercito cinese perse la battaglia svoltasi presso il fiume Talas nel 751.
Lo scontro determinò uno stallo nell’espansione, ma fu importante per gli Arabi da un punto di vista economico, in quanto aprì ai mercanti il transito in una regione strategica per il controllo della via della seta e dei commerci con l’Estremo Oriente. Tra i soldati cinesi catturati dall’esercito islamico vi erano anche molti artigiani esperti nella lavorazione della seta e nella produzione della carta; sfruttando le loro conoscenze, gli Arabi impiantarono nei loro domini le prime manifatture di questi prodotti, che avrebbero assicurato enormi guadagni nei commerci con il mondo mediterraneo.

Gli Arabi in Sicilia

Pur non essendo riusciti ad annientare completamente l’impero bizantino, gli Arabi estesero i loro domini nel Mediterraneo meridionale, occupando altri territori un tempo controllati da Costantinopoli. Nell’826 conquistarono Creta; nell’827 iniziarono la penetrazione in Sicilia, impossessandosi dapprima della città di Enna (nell’859), poi di Siracusa (nell’878), e completando la conquista dell’isola con la presa di Taormina, nel 902. Nello stesso periodo le navi arabe compivano incursioni e razzie sulle coste dell’Italia meridionale, colpendo le ultime roccaforti bizantine. L’impero romano d’Oriente perse la supremazia navale nel Mediterraneo, e con essa la possibilità di estendere nuovamente la propria influenza politica sull’Italia.
Anche questo slancio, comunque, non era destinato a durare. Gli Arabi cercarono infatti di attaccare l’impero bizantino sulla terraferma, lungo i confini mesopotamici e siriani, ma Costantinopoli seppe resistere grazie a una rinnovata compattezza politica. Come vedremo, in seguito alle riforme economiche e militari del sovrano Michele III e ai successi della dinastia macedone, a partire dalla seconda metà del IX secolo e nel corso del X i Bizantini riuscirono a riconquistare buona parte dei territori loro sottratti in Italia meridionale, nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente.

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Le spinte autonomiste

Nel IX secolo, alcune regioni alla periferia dell’impero islamico, molte delle quali avevano cominciato a manifestare spinte autonomiste già nel corso dell’VIII secolo, si resero definitivamente indipendenti dal califfato abbaside, in alcuni casi proclamandosi a loro volta califfati, in aperta sfida all’autorità centrale. Il regno omayyade della Spagna si rese autonomo agli inizi del IX secolo, e grazie al suo notevole sviluppo economico e culturale diventò uno degli Stati più potenti del Mediterraneo occidentale. La sua capitale, Cordova, divenne in quel periodo una delle più prospere città europee. Nel 992 l’emiro (cioè comandante, colui che ha l’autorità per dare comandi) di Cordova, Abd-ar-Rahman III, si proclamò califfo, trasformando il suo governo in un califfato autonomo da quello di Baghdad. Anche in Persia, a partire dal IX secolo, si affermarono regni islamici indipendenti che estesero i propri confini verso l’Asia centrale. Tra questi, il più vasto e importante fu l’impero samanide, governato dall’omonima dinastia di origine persiana, che aveva per capitale la città di Bukhara. Il processo di frammentazione coinvolse infine anche l’Africa settentrionale. Nel corso del IX secolo l’Egitto si allontanò progressivamente dal califfato abbaside, con i governatori militari della regione che incitarono periodiche rivolte contro il potere centrale. In Marocco sorse il regno idrisita (789), mentre nell’odierna Tunisia si formò il califfato fatimide nel 909. I membri della dinastia fatimide, sciiti, si proclamavano discendenti diretti di Fatima, figlia di Maometto. Nel 969 i Fatimidi conquistarono l’Egitto, per poi attaccare la Siria con l’intento di abbattere il califfato sunnita degli Abbasidi. Questi conflitti tra i regni islamici non fecero che agevolare la riconquista bizantina di svariati territori del Vicino Oriente, tra cui la stessa Siria.

I Turchi entrano nel mondo musulmano

La frammentazione dell’impero islamico indebolì anche la sua forza militare, esponendolo alla minaccia delle potenze confinanti. Tra queste vi erano i Turchi, una popolazione nomade originaria dall’Asia centrale. Nei secoli precedenti, in ondate successive, essi si erano insediati nell’altopiano iranico, attratti dalla ricchezza delle terre occupate dai Persiani e poi dagli Arabi. Si era trattato inizialmente di una penetrazione pacifica, per alcuni versi analoga alla prima fase di quella che aveva visto come protagonisti i Germani ai margini dell’impero romano: a partire dall’VIII secolo i sovrani abbasidi arruolarono guerrieri turchi come guardie personali del califfo, e nei secoli successivi sia i califfi abbasidi sia i sovrani dell’impero samanide ricorsero ai mercenari turchi per rafforzare i propri eserciti. In molti casi si trattava di prigionieri di guerra, catturati nelle battaglie di confine, fatti schiavi e addestrati per combattere nelle truppe imperiali. Gli Arabi li chiamavano genericamente mamluk, “schiavi bianchi”, parola da cui è derivato il termine “mamelucco” con cui nei secoli successivi sarebbero stati definiti in Italia i guerrieri turchi. Grazie a questo progressivo inserimento nella società araba, i Turchi si integrarono con la popolazione musulmana, assorbendone la cultura e convertendosi all’islam.
A mano a mano che la disgregazione dei regni islamici procedeva, i Turchi acquisirono un peso sempre maggiore nella regione, finché alla fine del X secolo cominciarono a imporsi sotto la guida di abili condottieri militari, dando vita a varie entità politiche. Tra queste, l’impero ghaznavide, fondato dal mercenario turco Sabuktigin, causò il crollo dell’impero samanide al volgere del millennio.
L’affermazione dei Turchi fu comunque più la conseguenza che la causa del declino dei regni islamici nel Vicino Oriente. Le ragioni di tale declino erano più profonde e avevano a che fare con la debolezza politica ed economica causata dalla frammentazione del grande impero.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille