I conflitti per la successione: sciiti e sunniti
Il grande successo dell’espansione araba non impedì l’insorgere delle prime difficoltà. Le divergenze sulla successione a Maometto e la morte violenta di Alì avevano infatti posto le basi per un conflitto di potere al vertice della società araba, che ebbe importanti conseguenze anche sull’unità religiosa della comunità islamica.
Alla morte di Alì, nel 661, i suoi sostenitori – che avrebbero poi formato il gruppo dissidente degli sciiti – accusarono gli Omayyadi di averlo fatto uccidere per impadronirsi del potere. Essi sostennero inoltre che la guida politica e religiosa dell’islam dovesse necessariamente appartenere ai diretti discendenti del profeta. La tendenza sciita fu fatta propria anche da gran parte della popolazione persiana, convertitasi all’islam in seguito alla caduta dell’impero sasanide. A favore della dinastia regnante si schierarono invece i
sunniti, che costituivano la maggioranza della popolazione araba. Costoro ritenevano che la scelta del califfo dovesse avvenire per elezione, oppure per trasmissione ereditaria all’interno di una famiglia che godesse però dell’approvazione dell’intera comunità. A dividere ulteriormente sciiti e sunniti si aggiungevano inoltre disaccordi di tipo dottrinale sulle fonti principali da cui trarre i precetti della religione islamica.