LA VIVACE MOBILITÀ DEI MONACI
Lo scenario qui rappresentato è assai diverso da quello con cui ci siamo misurati finora. Per effetto della divisione dell’impero, delle incursioni germaniche e della successiva disgregazione, il territorio sotto il controllo romano si è alquanto ridotto, ma non è scomparsa la cultura romana di riferimento: ne è segno evidente la progressione nel processo di evangelizzazione, che ne è la continuità.
Si notino la sorprendente mobilità dei monaci (punti di partenza sono prevalentemente in Egitto e in Irlanda), il loro attivismo nella cristianizzazione (le direttrici di espansione del monachesimo riguardano tutto il territorio romano e oltre, verso le tribù germaniche), il consolidamento dei nuclei e delle comunità cristiane. Importante è anche la localizzazione delle comunità originarie: dapprima nelle terre di Palestina e di Siria, dove sono avvenuti la predicazione e il martirio di Gesù; ma gli insediamenti più solidi (segnati dalla fondazione di chiese) si trovano nelle aree con una maggiore penetrazione della cultura romana (Asia minore, Costantinopoli, Grecia, Alessandria, Ippona ed entroterra cartaginese, Betica spagnola, un tempo ricca di commerci, Marsiglia, le regioni di Roma e Napoli ecc.). Si tratta in genere di territori legati alla predicazione di santi carismatici (per esempio San Paolo per l’Asia minore, sant’Agostino per Ippona, sant’Ambrogio per Milano).
Come mostra la carta, dopo un lungo periodo durante il quale la diffusione del cristianesimo è stata lenta e fortemente circoscritta, nei secoli coincidenti con la crisi e la disgregazione dell’impero, il processo si completa per larga parte. Soprattutto nel periodo finale di questa seconda fase, eremiti e monaci assumono un ruolo decisivo nel processo di cristianizzazione, che riguarda soprattutto l’Occidente (dove si colloca un solo patriarcato rispetto ai quattro d’Oriente).