2 - Germani e Romani a confronto

Unità 10 IL TARDOANTICO E L’ALTO MEDIOEVO >> Capitolo 27 – La fine dell’impero romano d’Occidente

2. Germani e Romani a confronto

La crisi interna delle strutture statali ed economiche di Roma impedì di contrastare efficacemente, come si era fatto per lungo tempo, la penetrazione sempre più frequente e profonda dei popoli germanici nei territori dell’impero. Il Danubio non rappresentò più una barriera contro le “invasioni”, così come aveva immaginato Cesare. Pur essendo dotati di un’organizzazione politica e militare meno evoluta di quella romana, i Germani risultarono alla fine vincenti negli scontri armati, poiché combattevano per la loro sopravvivenza, spinti dalla necessità di trovare nuove terre in cui stabilirsi e di sfuggire alla pressione esercitata alle loro spalle dagli Unni.
A Roma, invece, persa la supremazia militare, la solidità delle istituzioni statali era da tempo compromessa e la compattezza dell’esercito era pregiudicata dalle dispute tra i generali, sempre più impegnati nella lotta per ottenere il potere anziché nella difesa dei confini; le stesse truppe, inoltre, erano ormai composte in gran parte da mercenari reclutati fra le tribù nemiche.
I nuovi rapporti di forza che si profilavano in Occidente erano anche la conseguenza di dinamiche sociali e demografiche molto diverse tra Romani e Germani. La crisi economica dell’impero aveva causato un drastico calo della popolazione, mentre i popoli germanici, trovandosi, dopo numerosi spostamenti, in terre fertili, erano in una fase di crescita demografica, che rendeva più acuta la loro fame di terre e di risorse alimentari, oltre che più consistente, in termini numerici, la loro forza militare.
Inoltre, la società germanica, sebbene fosse basata sulla libertà individuale e non conoscesse la proprietà privata delle terre, era caratterizzata da una notevole coesione sociale, rafforzata tra l’altro dall’esperienza delle migrazioni di popolo, che implicava lo spostamento di tutta la popolazione (guerrieri, anziani, donne, bambini) e dunque un’intensa vita comunitaria, nella quale divenivano meno rilevanti le differenze sociali tra allthing (“liberi”), una minoranza quasi oligarchica, haldii (“semiliberi”), e gli schiavi veri e propri, in genere prigionieri di guerra.

Le divisioni nella società romana

La società romana era invece attraversata da profonde divisioni, frutto di una complessità socio-economica che non aveva paragoni con le semplici strutture sociali dei Germani. In questa situazione, il tradizionale patriottismo romano era divenuto un ricordo del passato. La crisi aveva accentuato il divario tra le classi sociali. Nelle campagne, in particolare, molti coloni si erano impoveriti e vivevano praticamente come schiavi nei latifondi: per costoro, prestare servizio militare non significava più difendere la patria, com’era stato in epoca repubblicana, bensì tutelare gli interessi dei proprietari terrieri. In quest’ottica, le invasioni dei Germani rappresentavano soltanto un passaggio da un padrone a un altro, dal patrono romano al guerriero germanico, nuovo proprietario terriero. L’opposizione agli invasori, del resto, non era compatta nemmeno tra i membri delle classi sociali dominanti, che preferirono in genere stringere accordi con i Germani piuttosto che rischiare di perdere i propri possedimenti organizzando una resistenza armata dall’esito incerto.

L’organizzazione politica e le consuetudini giuridiche dei Germani

L’integrazione tra Germani e Romani fu a lungo solo parziale anche perché le forme sociali e istituzionali in cui era organizzata la vita collettiva dei due popoli erano radicalmente diverse. Prima della formazione dei regni romano-germanici, l’organo politico più importante dei Germani era l’assemblea dei liberi, cioè di coloro che avevano il diritto di portare e usare armi. L’assemblea esprimeva le decisioni del “popolo”, eleggeva, soprattutto durante una guerra, il capo della comunità e amministrava la giustizia. Si trattava dunque di un’oligarchia ampia, con la maggior parte del potere in mano a una élite di uomini liberi. Tra il I e il IV secolo, tuttavia, anche l’organizzazione politico-sociale dei Germani si modificò: tra i liberi si andò formando un’aristocrazia che disponeva di una maggior quantità di beni e di risorse, dalla quale proveniva il re (capo di alcune tribù). Questi, assieme agli altri re, sceglieva una sorta di capo supremo, a cui veniva affidato il comando militare.
Non si modificò invece il profilo giuridico: mentre i Romani dirimevano le controversie tra individui in base alle norme consolidate dei loro codici giuridici, i Germani, in mancanza di leggi scritte, ricorrevano all’ordalìa, il cosiddetto “giudizio di Dio”. Questo istituto prevedeva che i due contendenti si affrontassero in duello o che si sottoponessero a dure prove fisiche. Chi prevaleva veniva considerato innocente, sulla base del presupposto che gli dèi, considerandolo tale, lo avessero aiutato a vincere la prova.
L’altro fondamentale istituto giuridico presso i Germani era la faida, in base alla quale i parenti di una persona uccisa si vendicavano contro il colpevole e la sua famiglia. Il sistema della faida provocava però una spirale di reciproche vendette, che coinvolgevano i gruppi familiari in interminabili conflitti.
Infine, mentre la validità delle leggi romane, prima dell’arrivo dei Germani, coinvolgeva tutti i cittadini e si estendeva su tutti i territori dello Stato, dopo le invasioni i proprietari terrieri acquisirono una notevole autonomia nell’amministrazione della giustizia all’interno dei propri possedimenti. Il principio stesso dell’ordinamento giuridico romano, secondo il quale soltanto l’autorità dello Stato, dopo lo svolgimento di un regolare processo in tribunale, poteva stabilire le pene ed effettuare l’esecuzione delle condanne, era sconosciuto presso i popoli germanici.
La fusione tra Germani e Romani ebbe caratteristiche diverse a seconda dei tempi e dei luoghi ma, in generale, nel campo del diritto fu particolarmente lenta a causa di queste consuetudini così diverse.

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passato&presente

Faida: la lunga storia della vendetta privata

Il termine deriva dall’antico vocabolo germanico fêhida (sopravvissuto nel tedesco moderno Fehde) e significa “vendetta privata”. La consuetudine della faida consentiva a chiunque di ottenere soddisfazione per un torto subìto facendosi giustizia da sé.
Durante tutto il Medioevo la faida costituì un istituto giuridico legittimo, in uso nei regni sorti dalla fusione tra Germani e Romani per la sanzione dei delitti di sangue tra gruppi familiari contrapposti di origine germanica. Soltanto in età moderna (per quel che riguarda la storia occidentale e in particolare europea, ci si riferisce ai secoli che vanno dalla seconda metà del XV agli inizi del XIX) tornò ad affermarsi il principio giuridico secondo cui l’amministrazione della giustizia dovesse essere assegnata esclusivamente al giudizio dello Stato. Nel 1495 l’imperatore del Sacro Romano Impero Massimiliano I impose il divieto di usare armi per la risoluzione delle liti in tutti i territori tedeschi: giuridicamente questa fu la fine della faida come pratica di gestione delle controversie.
Il termine è però sopravvissuto nell’uso giornalistico ed è spesso utilizzato per indicare i “regolamenti di conti” tra membri delle organizzazioni criminali. Esso riecheggia il significato giuridico che possiede in campo storiografico e fa riferimento a come le logiche criminali siano estranee alla civiltà del diritto e rappresentino un “contro-potere” rispetto alla legittima autorità dello Stato.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille