3 - I regni romano-germanici

Unità 10 IL TARDOANTICO E L’ALTO MEDIOEVO >> Capitolo 27 – La fine dell’impero romano d’Occidente

3. I regni romano-germanici

La profonda crisi dell’impero romano d’Occidente mise così a più stretto confronto Romani e Germani: dalla complessa dinamica di incontro-scontro tra Germani e Romani nacque una nuova società.
Il vuoto politico lasciato dal crollo delle strutture istituzionali imperiali fu colmato da nuove formazioni statali che, in riferimento alla loro composizione etnica mista, sono stati definiti regni romano-barbarici o romano-germanici. La prima definizione deriva da un approccio storiografico che leggeva le vicende della caduta dell’impero romano in Occidente dal punto di vista dei Romani, che chiamavano appunto “barbari” i popoli stanziati oltre i confini dell’impero. La seconda espressione, invece, guarda agli stessi processi storici in un’ottica più universale, che riconosce l’apporto delle popolazioni germaniche nelle vicende che avrebbero condotto alla formazione dell’identità europea moderna.
Alla nascita dei regni romano-germanici gli storici collegano anche l’inizio dell’alto Medioevo, in genere individuato, come abbiamo già visto, nel 476, anno della deposizione dell’ultimo imperatore d’Occidente, Romolo Augustolo. L’alto Medioevo vide l’affermazione delle popolazioni di origine germanica in tutta Europa e durò all’incirca fino all’anno Mille, data che per convenzione è considerata l’inizio del basso Medioevo e della rinascita economica e culturale europea dopo una lunga fase di declino economico.

Convivenza e integrazione

Con la formazione dei regni romano-germanici, al periodo degli scontri armati e delle incursioni violente seguì una lunga fase di convivenza tra i popoli germanici e la popolazione romana, durante la quale però il primato dei Germani andò imponendosi.
L’integrazione tra popoli di cultura tanto diversa avvenne lentamente e riguardò dapprima le classi dirigenti, abituate da lungo tempo a collaborare (vi sono, per esempio, figure di guerrieri germanici che giunsero a occupare posti di comando nell’esercito romano e nell’amministrazione statale senza poi fare ritorno ai loro popoli di origine). Per il resto, nella prima parte dell’alto Medioevo, più che di una vera e propria integrazione si trattò di una coesistenza più o meno pacifica tra popoli distanti per cultura e attitudini sociali, che ricoprirono ruoli diversi e per molti aspetti complementari all’interno delle nuove strutture sociali e statuali. Così, se dal punto di vista giuridico Romani e “barbari” erano tutti sudditi dei sovrani germanici, nella nuova società romano-germanica si delineò in realtà una netta differenziazione sociale. Tale fenomeno si accentuò nel VI secolo: mentre in Oriente la struttura imperiale mantenne un’identità politica e culturale greco-romana, in Occidente i Germani assunsero la guida dei nuovi organismi statali. La classe guerriera germanica – figlia di un’antica e consolidata tradizione che dava la massima importanza all’esercizio delle armi – assunse il comando militare e politico dei nuovi Stati, garantendo il controllo del territorio e la sua difesa dalle nuove minacce esterne; invece l’amministrazione statale restò nelle mani della componente romana della popolazione, in cui continuò a prosperare un ceto di funzionari preparati e in grado di gestire gli affari di governo. Non a caso, il latino fu adottato come lingua ufficiale della burocrazia.
La popolazione romana continuò anche a svolgere le principali attività produttive, in primo luogo il lavoro nelle campagne, mentre il predominio sociale ed economico era detenuto da una nobiltà costituita dai guerrieri germanici, dai ricchi possidenti dei latifondi romani e dal clero.

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La religione come elemento unificante

Una maggiore armonizzazione tra le consuetudini giuridiche germaniche e romane fu raggiunta in seguito, grazie alla sempre più profonda integrazione favorita anche dalla religione.
Come era proprio della tradizione religiosa indoeuropea, i popoli germanici veneravano in origine divinità legate ai fenomeni naturali, come il dio Wotan (che nella mitologia dei popoli nordici dell’Europa medievale sarebbe stato identificato con Odino, dio del cielo e dei guerrieri uccisi in battaglia), Thor (dio del tuono) e Freyja (dea delle primizie e dell’amore).
Tuttavia, nel lungo processo di assimilazione della cultura latina da parte delle popolazioni germaniche, in atto già da secoli presso i confini dell’impero romano, l’elemento religioso fu uno dei primi a creare un terreno comune tra i popoli. La diffusione del cristianesimo tra i Germani fu particolarmente ampia nel corso del V secolo, ma la conversione di molte tribù era già stata favorita dalla traduzione della Bibbia in lingua gotica, realizzata dal vescovo Ulfila nel IV secolo. Dal momento che Ulfila era sostenitore dell’eresia ariana, i popoli germanici aderirono alla nuova religione nell’interpretazione proposta dall’arianesimo, mentre la maggioranza della popolazione di origine romana seguiva l’ortodossia cattolica, sancita dal vescovo di Roma, il papa, e dall’imperatore.
La conversione dei Germani al cristianesimo fu dovuta anche a ragioni di ordine politico. L’autorità della Chiesa aveva un’influenza notevole sulla popolazione romana, non solo per motivi religiosi, ma anche per il ruolo di supplenza che aveva svolto in campo civile e sociale nel vuoto di potere che si era creato durante l’epoca delle invasioni. Grazie all’adesione al cristianesimo (e poi alla conversione al cattolicesimo), i sovrani germanici si guadagnarono il sostegno delle gerarchie ecclesiastiche, ottenendo la legittimazione del loro potere. Secondo le norme del diritto ecclesiastico, infatti, i re possedevano un’aura di sacralità, poiché svolgevano la funzione di rappresentanti dell’autorità di Dio sulla terra ed erano espressione della sua volontà; di conseguenza, i sudditi erano tenuti a seguire le disposizioni emanate dai sovrani. In cambio di questa legittimazione, le istituzioni ecclesiastiche mantennero i privilegi economici e fiscali ottenuti dagli ultimi imperatori romani, elemento che favorì il radicamento della Chiesa nella società.

Ulfila, il “piccolo lupo” traduttore della Bibbia in gotico

Ulfila o Wulfila è un personaggio che aiuta a comprendere il processo di integrazione tra Romani e Germani e la mediazione operata dal cristianesimo. Nacque nel 311 circa, in una famiglia romana di cultura ellenica e di religione cristiana, fatta prigioniera dai Goti.
Il suo nome, indiscutibilmente gotico, significa “piccolo lupo”. Ulfila conosceva il gotico, il latino e il greco, divenne sacerdote ed ebbe la fortuna di essere riscattato insieme ad altri prigionieri cristiani dall’imperatore Costanzo, venendo in seguito consacrato vescovo di tutti i Goti. Ricevuto con onore a Costantinopoli, Ulfila si stabilì vicino al Danubio e a Nicopolis portò a termine la traduzione della Bibbia in gotico (prima della traduzione latina a opera di san Girolamo). Per poter compiere quest’opera monumentale dovette letteralmente inventare l’alfabeto e la grammatica gotici. La sua traduzione però era in linea con l’interpretazione ariana del cristianesimo che il concilio di Nicea (325) aveva già condannato come eretica. Per sostenere il suo punto di vista Ulfila combatté una strenua battaglia teologica. Morì nel 388 a Costantinopoli, dove si era recato per difendere le sue convinzioni dottrinali al concilio, che non le approvò. Nonostante ciò, grazie alla sua opera la maggioranza dei Goti era allora già stata convertita al cristianesimo.

Terre, mari, idee - volume 2
Terre, mari, idee - volume 2
Da Roma imperiale all’anno Mille