Capitolo 3 - Mesopotamia, l’alba degli imperi

Capitolo 3 MESOPOTAMIA, L’ALBA DEGLI IMPERI

i concetti chiave
  • L’importanza dell’acqua per l’agricoltura e la capacità di sfruttarla con le opere idrauliche
  • La nascita delle città-Stato sumere e la formazione di una nuova gerarchia sociale
  • Il notevole sviluppo demografico grazie alle nuove risorse alimentari nei magazzini
  • Un edificio simbolo del potere: la ziqqurat
  • Invenzioni tecniche: la ruota e il carro
  • La scrittura: dai pittogrammi agli ideogrammi ai fonemi
  • L’impero degli Accadi, la massima espansione e le incursioni di nuovi popoli
  • L’impero babilonese, una società gerarchica sempre più articolata
  • Il consolidamento del potere: il Codice di Hammurabi e il culto di Marduk

L’AMBIENTE E LE RISORSE

L’agricoltura irrigua

La rivoluzione agricola avvenuta nella mezzaluna fertile aveva favorito la nascita delle prime comunità sedentarie, nelle quali gli agricoltori si dedicavano essenzialmente alla coltivazione dei cereali. Si trattava perlopiù di un tipo di agricoltura pluviale: la produzione di cereali infatti dipendeva dal regime delle piogge e nei periodi di siccità si riduceva in modo sensibile, tanto da minacciare la sussistenza stessa degli agricoltori.

L’acqua: una risorsa da controllare

Le condizioni climatiche hanno da sempre un peso particolare sulla produttività dei terreni, ed è soprattutto la disponibilità della giusta quantità di acqua, che rende i terreni fertili, a essere fondamentale per lo sviluppo della produzione agricola. In un'area come quella del Vicino Oriente antico, caratterizzata sostanzialmente da un clima arido, le piogge, che in condizioni ideali dovrebbero essere regolari ma non devastanti, non erano da sole sufficienti a garantire l'incremento dell'agricoltura. Ecco perché in quest'area si rivelò particolarmente favorevole la vicinanza dei  bacini fluviali che garantivano abbondante disponibilità di acqua anche in assenza di piogge. Non solo: grazie alle precipitazioni stagionali si verificavano delle regolari alluvioni durante le quali i fiumi ricoprivano temporaneamente i terreni circostanti di limo, un fango ricco di sostanze minerali e organiche (microrganismi, resti di piante e animali), efficace come fertilizzante naturale; quindi, sebbene nel periodo delle piene i campi fossero inondati, e dunque non coltivabili, non appena le acque si ritiravano i terreni fangosi risultavano estremamente produttivi e fornivano raccolti molto abbondanti. Tuttavia, alle alluvioni seguiva nuovamente il caldo arido che tendeva a seccare velocemente il terreno, rendendo dunque complesso lo svolgersi di un regolare ciclo delle coltivazioni.
L’intuizione di controllare, dirigere e sfruttare le acque segnò la nascita dell’agricoltura irrigua. E fu una decisione tutt’altro che facile e scontata perché in genere i grandi fiumi sono pericolosi e poco controllabili. Laddove fu possibile intervenire nel controllo delle acque grazie alla realizzazione di imponenti opere idrauliche di contenimento e di canalizzazione, le comunità umane che ne sfruttarono il vantaggio sono state definite civiltà fluviali o civiltà idrauliche.

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Il Tigri e l’Eufrate: due fiumi generosi ma pericolosi

In Mesopotamia, la terra compresa tra i grandi fiumi Tigri ed Eufrate, tra il IV e il III millennio a.C. si assistette a questa fondamentale trasformazione delle tecniche di coltivazione perché le piene del Tigri e dell’Eufrate erano violente e improvvise e potevano causare grandi danni alle coltivazioni. Inoltre, la loro influenza era limitata alle zone vicine al fiume, perché le acque non raggiungevano i terreni più lontani dalle rive. Per far fronte a questi problemi e poter sfruttare il fertile fango che trasportavano fu dunque necessario imparare a regolarne il flusso con argini, dighe e canali: queste opere idrauliche convogliavano le piene in direzione dei campi aridi e permettevano anche di bonificare le zone paludose, rendendole coltivabili e aumentando così la superficie di terra produttiva.
Protagonisti di tali processi furono i primi abitanti di queste terre, i Sumeri. Non sappiamo molto di loro: probabilmente erano originari dell’altipiano iranico (nei pressi dei monti Zagros), da dove poi migrarono verso la Mesopotamia.

La valle del Tigri e dell’Eufrate nel IV millennio a.C.

Il fiume Tigri (lungo 1950 km) nasce sul Tauro Armeno e scorre per 500 km in Turchia, per poi attraversare l’Iraq e ricongiungersi con l’Eufrate. Quest’ultimo (lungo 2780 km) nasce nella stessa area del Tigri: i due corsi d’acqua percorrono insieme gli ultimi 160 km con il nome di Shatt el-’Arab prima di gettarsi nel golfo Persico.
Il Tigri e l’Eufrate hanno svolto un ruolo fondamentale per le civiltà umane, poiché hanno permesso la nascita dell’agricoltura irrigua e lo sviluppo dei primi nuclei urbani.
Nella carta le frecce azzurre mostrano come le esondazioni contribuissero a portare il prezioso limo nelle aree non immediatamente a ridosso della riva consentendo così la fertilizzazione del suolo, premessa necessaria per la coltivazione; inoltre l’apporto delle acque ha profondamente modificato anche l’aspetto della valle: grazie al progressivo accumulo dei detriti fluviali nella parte meridionale della regione, l’estensione della pianura si è infatti ampliata sempre di più, tanto che, attualmente, la linea di costa è molto più avanzata rispetto a 5000 anni fa.
Tuttora la consistente portata d’acqua di questi fiumi è vitale per i Paesi che attraversa, e la costruzione di dighe e acquedotti ha più volte creato tensioni fra Iraq, Siria e Turchia, aggravando i contrasti politici già presenti nell’area.

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L’aumento della produzione agricola e la sacralità dei magazzini

L’agricoltura irrigua rese possibile un aumento della produzione cerealicola: la relativa regolarità nell’umidificare i terreni consentiva uno sfruttamento continuativo e organizzato, favoriva una crescita delle piante più uniforme e migliorava la qualità del raccolto.
Come tutti i prodotti deperibili, i cereali che non venivano consumati immediatamente per l’alimentazione dovevano essere conservati nei magazzini, luoghi adatti a proteggerli dall’umidità, dai roditori e dalle razzie. Queste riserve alimentari garantivano sempre la disponibilità di cibo; risultavano inoltre fondamentali per prevenire carestie dovute, per esempio, a condizioni atmosferiche e climatiche sfavorevoli, che potevano ridurre temporaneamente la quantità di acqua dei fiumi limitando, di conseguenza, la produttività dei terreni. Per questo motivo i magazzini acquisirono un valore immenso, fino a diventare luoghi sacri, centro della vita della comunità, e la consegna dei prodotti dei campi in tali luoghi di raccolta divenne a tutti gli effetti un’offerta sacra, capace di garantire un futuro di benessere a tutta la popolazione.

La crescita della popolazione

La crescente ricchezza alimentare comportava una serie di conseguenze positive che, in una sorta di circolo virtuoso, favorivano a loro volta l’aumento della produzione agricola. La maggiore quantità di cibo disponibile permetteva un’alimentazione migliore della popolazione che, mangiando di più e in modo più sostanzioso e nutriente, aveva un’aspettativa di vita più lunga. Inoltre, grazie all’abbondanza delle risorse alimentari che favoriva l’aumento delle nuove nascite, la popolazione della Mesopotamia conobbe un notevole sviluppo demografico; l’incremento demografico si traduceva anche in una maggiore disponibilità di lavoratori da impiegare nelle opere idrauliche e nella coltivazione dei campi.

Un’invenzione epocale: la ruota

Una delle più importanti invenzioni nel corso della storia fu senz’altro quella della ruota. Le prime testimonianze dell’uso di questo nuovo oggetto risalgono alla seconda metà del IV millennio a.C., in Mesopotamia. Secondo molti storici, fu il moto rotatorio del tornio, probabilmente, a suggerire agli artigiani sumeri, i primi a impiegarla, l’idea di trasferire il movimento ai carri da trasporto ricorrendo a ruote di legno.
La ruota rivoluzionò i trasporti e favorì le attività commerciali. Fino al VI millennio a.C. per i trasporti via terra si utilizzava esclusivamente il dorso degli animali (asini, cavalli, cammelli, buoi); in seguito furono inventate slitte di legno che venivano trainate dagli animali da tiro, ma a causa dell’attrito con il terreno questi mezzi erano lentissimi e gli spostamenti risultavano molto difficoltosi, soprattutto in caso di carichi pesanti.
Con la ruota di legno si riduceva di molto l’attrito con il terreno grazie al rotolamento, e questo permetteva di far trainare dagli animali anche carichi molto pesanti, a velocità nettamente superiori.

Terre, mari, idee - volume 1
Terre, mari, idee - volume 1
Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana