Unità 2 LE CIVILTÀ DELLA MESOPOTAMIA >> Capitolo 3 – Mesopotamia, l’alba degli imperi

passato&presente

La mezzaluna fertile tra sviluppo e conflitti

L’espressione “mezzaluna fertile” fu introdotta nel 1919 dallo storico e archeologo statunitense James Breasted per indicare l’area che si estende dal delta del Nilo fino alle valli del Tigri e dell’Eufrate; il nome era suggerito dalla evidente forma ad arco di questa regione.

Una storia travagliata

Oggi la mezzaluna fertile è distribuita tra gli Stati di Egitto, Giordania, Israele, Libano, Siria, Turchia, Iraq, Kuwait e Iran.
Si tratta di una vasta area segnata dalle profonde differenze dei territori, accomunati però da un destino di guerre, sottomissioni e libertà perdute.
Impero romano e impero persiano (prima achemenide e poi sasanide) si sono a lungo contesi la zona. Passata sotto l’influenza religiosa islamica e il dominio politico delle varie dinastie prima arabe e poi turche-ottomane, conobbe una relativa stabilità per molti secoli. Alla fine della Prima guerra mondiale (1918), però, con la disintegrazione dell’impero ottomano, l’intervento delle potenze occidentali vincitrici (in particolare francesi e inglesi) si risolse nella “costruzione” di Stati e nazioni (Giordania, Siria, Kuwait, Iraq, Libano, per citarne alcuni) funzionali agli interessi espansionistici degli europei ma privi di una forte identità politica, sociale, culturale e perfino religiosa. I confini tracciati in maniera arbitraria hanno generato, abbastanza presto, chiusure e rivalità, squilibri economici e pericolose incomprensioni religiose: il risultato è stato il sorgere di ripetuti conflitti; i più lunghi e distruttivi sono stati la guerra tra Iran e Iraq (1980-1988), la tentata annessione del Kuwait da parte dell’Iraq (1990), che ha provocato l’intervento armato delle potenze occidentali (formalmente dell’Onu) nel 1991, poi un’ulteriore ripresa degli scontri a partire dal 2003. Attualmente è in corso una sanguinosa guerra in Siria e la pacificazione dell’area appare molto lontana.

Un territorio sempre meno fertile

Le zone attorno al Nilo, quelle fra il Tigri e l’Eufrate, quelle attorno al fiume Giordano o al lago Tiberiade, sono tuttora coltivate. A rendere problematica l’esistenza delle popolazioni che vivono di agricoltura è proprio lo sfruttamento intensivo delle acque, che ha progressivamente ridotto la portata dei fiumi, provocando in alcune zone periodi di siccità non compensati dalle piogge e aggravati dai numerosi sbarramenti idrici artificiali e dal più generale mutamento climatico in corso, che porta al riscaldamento del pianeta e a una maggior evaporazione delle acque.
Inoltre, a partire dalla fine del XIX secolo, lo sfruttamento intensivo delle risorse petrolifere, ha fatto sì che la produzione agricola locale venisse trascurata. I dissidi per il controllo dei pozzi petroliferi , uniti alle complesse questioni politico-religiose che coinvolgono molti degli Stati di quest’area e che faticano a trovare una soluzione in ambito diplomatico, hanno generato negli ultimi anni conflitti molto violenti.

Terre, mari, idee - volume 1
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Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana