Capitolo 20 - Verso la fine della repubblica

Capitolo 20 VERSO LA FINE DELLA REPUBBLICA

i concetti chiave
  • L’ascesa di Crasso e Pompeo: il ridimensionamento del senato e le riforme a favore di popolari e cavalieri
  • La rivolta servile del 73-71 a.C. guidata da Spartaco
  • La congiura di Catilina
  • Il primo triumvirato e la crisi della repubblica
  • Le conquiste in Gallia, i disordini interni, la guerra civile tra Cesare e Pompeo
  • L’ascesa e il trionfo di Cesare
  • Le riforme di Cesare: i tentativi di accontentare tutti i gruppi sociali
  • I timori dei filorepubblicani portano alla congiura e all’assassinio di Cesare
  • La contesa tra Marco Antonio e Ottaviano per l’eredità di Cesare
  • Il secondo triumvirato tra Antonio, Ottaviano e Lepido: la spartizione del potere per evitare la guerra civile
  • Il consolidamento del potere di Ottaviano e la fine del triumvirato: la guerra contro Antonio

1. Il procedere della crisi istituzionale

Nemmeno la vittoria di Silla e la riorganizzazione istituzionale che ne seguì riuscirono a porre fine alle ostilità tra ottimati e popolari. Il progetto di Silla era stato quello di creare una repubblica integralmente basata sul potere degli ottimati, ma a minare alla radice il suo progetto vi erano le nuove condizioni politiche e sociali venutesi a creare in seguito alle guerre civili, e in particolare il peso sempre più rilevante detenuto dal proletariato urbano di Roma e dai comandanti dell’esercito.
Il popolo di Roma aveva sempre giocato un ruolo molto importante nel determinare gli equilibri politici della città, e nemmeno gli interventi di Silla avevano potuto ridimensionare tale ruolo. In seguito alle guerre civili, la plebe di Roma viveva ora in condizioni ancor più misere che in passato ed era perciò disposta a votare, nei comizi tributi, per i politici più spregiudicati, allettata dai favori e dalle elargizioni promesse durante le campagne elettorali.
Di tale situazione si avvantaggiarono i comandanti dell’esercito, che potevano procedere nel cursus honorum grazie ai voti ottenuti dai loro sostenitori. Fu in questo periodo che alcuni di essi si imposero sulla scena politica con la forza delle armi e il sostegno delle legioni, sottomettendo al loro potere l’autorità del senato attraverso dei veri e propri colpi di Stato. L’esercito, fondamentale per salvaguardare Roma dai nemici esterni e dal pericolo di gravi rivolte interne, divenne il principale strumento di lotta politica.

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La rivolta di Spartaco

Due delle figure che avrebbero dominato gli ultimi decenni della repubblica – Marco Licinio Crasso e Gneo Pompeo Magno – emersero sulla scena politica proprio grazie alle operazioni militari svolte nell’ambito delle guerre civili e nella repressione di nuove rivolte servili scoppiate nel centro e nel Sud della penisola.
Dopo la rivolta degli schiavi siciliani degli anni 135-132 a.C., una seconda ondata di disordini aveva interessato la Campania e soprattutto la Sicilia tra il 104 e il 100 a.C. Nel I secolo a.C., invece, la ribellione più grave ed estesa (73-71 a.C.) partì da una nota scuola di gladiatori, quella di Capua. Guidata da Spartaco, un gladiatore originario della Tracia (regione a sud-est dei Balcani), la rivolta si estese a tutta l’Italia centrale e meridionale e giunse a raccogliere 150 000 schiavi ribelli, oltre a numerosi uomini liberi ridotti in miseria.
Più che una vera e propria guerra, la rivolta di Spartaco fu un insieme di azioni di guerriglia: gli schiavi non avevano intenzione di instaurare un potere alternativo a quello di Roma (come era avvenuto in Sicilia nel secolo precedente, p. 369), ma soltanto di sfuggire alle loro misere condizioni di vita e riacquistare la libertà. Raccolti in bande nelle campagne e tra le montagne, essi saccheggiavano le zone occupate e si spostavano continuamente per non farsi raggiungere dalle legioni romane. Questa mancanza di organizzazione – oltre che le lotte per la spartizione dei bottini – determinò infine la sconfitta della rivolta, repressa nel sangue dall’esercito regolare di Roma.
Dopo lunghi scontri, durante i quali Spartaco si era diretto prima a nord, probabilmente con l’idea di valicare le Alpi, poi nuovamente a sud, forse intenzionato a prendere la via del mare verso i Balcani, nel 71 a.C. i ribelli furono sconfitti sulle montagne della Calabria dall’esercito romano comandato da Marco Licinio Crasso. Per dissuadere altre rivolte servili, Crasso ordinò che i 6000 superstiti fossero crocifissi lungo la via Appia, tra Capua e Roma.

Spartaco

Spartaco si era arruolato da giovane in un corpo militare alleato delle milizie romane, disertando però poco dopo. Catturato, fu costretto in schiavitù e addestrato come gladiatore nella scuola di Capua.
Sebbene gli storici antichi abbiano esaltato il coraggio di Spartaco e la rilettura moderna della vicenda abbia fondato sulla sua figura il mito dello schiavo ribelle che lotta contro l’ingiustizia, non è possibile attribuire a Spartaco la volontà di perseguire grandi progetti politici, né considerarlo capo di un vero esercito.
Egli non aveva un intento strategico preciso e non mirava a conquistare Roma o altre città, ma solo a portare i suoi seguaci fuori dall’Italia, verso le proprie terre d’origine. Le lodi degli storici latini derivano dall’esigenza di giustificare il fatto che una massa di sbandati avesse a lungo tenuto in scacco le legioni di una grande potenza, e rendere meno evidente la debolezza di Roma, incapace di mantenere la pace in Italia pur essendo padrona del Mediterraneo.

L’ascesa di Pompeo Magno

Mentre Crasso si distinse nella repressione delle rivolte servili, Gneo Pompeo Magno negli stessi anni trasse grande prestigio da importanti vittorie in una nuova guerra contro il re del Ponto, Mitridate (74-63 a.C.), e in Spagna, dove nel 72 a.C. riuscì a sconfiggere gli ultimi sostenitori di Sertorio, seguace di Mario, e a ricondurre la provincia sotto il controllo di Roma.
I successi militari alienarono però a Pompeo il sostegno dei senatori, preoccupati che acquisisse un potere eccessivo. Pompeo si alleò allora con Crasso, con un programma che mirava a ottenere l’appoggio dei popolari e dei cavalieri; eletti consoli nel 70 a.C., essi attuarono infatti alcune riforme favorevoli alla fazione politica che li aveva sostenuti: i tribuni della plebe ottennero i poteri che erano stati sottratti loro da Silla, i tribunali speciali contro la corruzione nelle province furono nuovamente affidati ai membri dell’ordine equestre e molti seguaci di Silla furono allontanati dal senato. Tra il 67 e il 66 a.C. Pompeo accrebbe i propri poteri, facendosi nominare dal senato comandante supremo, con autorità militare illimitata per le operazioni nel Mediterraneo orientale. Qui affrontò con successo i pirati della Cilicia (regione meridionale della penisola anatolica), che da tempo danneggiavano i commerci romani in Asia minore, e nel 63 a.C. sconfisse definitivamente Mitridate, allargando l’influenza di Roma anche sulla Siria e la Palestina.

Terre, mari, idee - volume 1
Terre, mari, idee - volume 1
Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana