LE DRAMMATICHE CONDIZIONI DEI CONTADINI ROMANI
In questo brano dello storico greco Appiano, vissuto tra il I e il II secolo d.C., si descrive con efficacia la difficile situazione dei contadini romani dopo la fine delle guerre puniche: l’ulteriore arricchimento, anche attraverso l’impiego di mezzi illeciti, dei già ricchi e il drammatico peggioramento delle condizioni dei poveri.
Le pagine di Appiano sono particolarmente interessanti perché mostrano la consapevolezza, già in età antica, delle problematiche relative allo sfruttamento della manodopera a costo quasi nullo - gli schiavi -, che contribuiva alla redditività della terra e alla rendita dei proprietari, ma generava anche gravi squilibri sociali.
“Difatti i ricchi, occupata la maggior parte della terra indivisa1 e resi più sicuri2 col passar del tempo che nessuno più l’avrebbe loro tolta, quante altre piccole proprietà di poveri erano loro vicine, o le compravano con la persuasione o le prendevano
con la forza, sì da coltivare estesi latifondi al posto di semplici poderi. Essi vi impiegavano, nei lavori dei campi e nel pascolo, degli schiavi, dato che i liberi sarebbero stati distolti per il servizio militare dalle fatiche della terra. D’altro canto il capitale rappresentato da questa mano d’opera arrecava loro molto guadagno
per la prolificità degli schiavi, che si moltiplicavano senza pericoli, stante la loro
esclusione dalla milizia. In tal modo i ricchi continuavano a diventarlo sempre di più e gli schiavi aumentavano per le campagne, mentre la scarsità e la mancanza di popolazione affliggevano gli Italici, rovinati dalla povertà, dalle imposte e dal servizio militare. Se per caso avevano un po’ di respiro dalla milizia, si trovavano disoccupati, poiché la terra era posseduta dai ricchi, che impiegavano a coltivarla lavoratori schiavi anziché liberi.”
Appiano, Guerre civili, I, 7, trad. di E. Gabba, La Nuova Italia, Firenze 1958
1. terra indivisa: cioè l’ager publicus.
2. resi più sicuri: in virtù delle prepotenze esercitate e non punite.