Unità 7 L’ITALIA DELLE ORIGINI

I SAPERI FONDAMENTALI

LA SINTESI

 I PRIMI POPOLI ITALICI

Le più antiche popolazioni italiche si stabilirono prevalentemente nelle aree costiere pianeggianti e nelle valli fluviali. Prime tracce di insediamenti risalgono al IV millennio a.C., ma solo dal II millennio a.C. vi fu una più sistematica stabilizzazione dei diversi popoli: nell’area settentrionale erano insediati i Camuni e le popolazioni palafitticole; poco più a sud, nella zona attraversata dal Po, si sviluppò la cultura delle terramare; all’incirca negli stessi luoghi ebbe origine anche la cultura villanoviana, mentre in Sardegna si affermò la civiltà dei nuraghi. L’Italia del Sud fu occupata dai coloni greci, mentre il resto della penisola fu interessato dalle migrazioni dei popoli indoeuropei – tra cui le tribù celtiche – che si mescolarono alle popolazioni autoctone.


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 GLI ETRUSCHI

Nell’Italia centrale si imposero gli Etruschi, popolazione dalle origini ancora incerte.
La società etrusca, dominata in origine da un sovrano, detto lucumone, che amministrava la giustizia, guidava l’esercito ed era la massina autorità religiosa, vide emergere un’aristocrazia mercantile che si arricchì notevolmente e acquisì prestigio e potere. L’economia si basava sull’artigianato metallurgico e, grazie alle tecniche di navigazione apprese da Fenici e Greci, sulle attività commerciali.
Tra il VII e il VI sec. a.C. gli Etruschi conquistarono vasti territori nell’Italia centrale e sulle coste del mar Tirreno, ma agli inizi del V sec. a.C. la loro avanzata si arrestò per le pressioni esercitate da Celti e popoli latini e per i conflitti sociali interni.
Gli Etruschi assorbirono molti aspetti della cultura greca, come la religione politeistica. In ambito religioso, grande rilievo avevano gli aruspici, gli indovini considerati in grado di prevedere il futuro attraverso l’osservazione dei fulmini, del volo degli uccelli e delle viscere degli animali.


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 LA FONDAZIONE DI ROMA

Tra i popoli dell’Italia centrale che avevano subìto l’influenza politica e commerciale degli Etruschi emersero i Latini stanziati sui sette colli nei pressi dell’isola Tiberina, sul fiume Tevere. Qui, nel 753 a.C. secondo la tradizione, sorse la città di Roma, guidata all’inizio da monarchi (sette re) di origine latino-sabina e in seguito etrusca.
Approfittando dell’indebolimento della supremazia etrusca nell’Italia centrale, nel 509 a.C. i Romani cacciarono Tarquinio il Superbo, l’ultimo re etrusco di Roma fondando la repubblica. Il nuovo Stato era dominato da un’aristocrazia di proprietari terrieri, i patrizi (riuniti nell’assemblea del senato), che controllava la magistratura collegiale più importante, il consolato.


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 L’ORGANIZZAZIONE DELLO STATO ROMANO

L’organizzazione dello Stato era analoga a quella dell’esercito, di cui facevano parte tutti i cittadini, suddivisi in base al censo. La stessa struttura caratterizzava l’assemblea politica dei comizi centuriati, controllati dai patrizi.
Le magistrature più importanti, dopo il consolato, erano la censura, la pretura, l’edilità e la questura, tutte temporanee e collegiali. La dittatura era una magistratura straordinaria, assegnata in momenti di crisi e per un periodo limitato.
Il predominio dei patrizi nell’amministrazione dello Stato portò alla reazione dei plebei, l’altro grande gruppo sociale dell’antica Roma: ricorrendo alla secessione, anche la plebe, a partire dal V sec. a.C., ottenne gradualmente il riconoscimento del proprio ruolo politico e sociale attraverso l’istituzione di nuove magistrature, come il tribunato della plebe e il concilio della plebe (ufficialmente riconosciuto dalle leggi Valeriae-Horatiae del 449 a.C.). Successivamente, a seguito delle vittorie militari e di nuove ricchezze pervenute in città dai territori conquistati, i plebei ottennero prima l’accesso al consolato (leggi Licinie-Sestie, 367 a.C.), poi a tutte le magistrature; infine, con la legge Ortensia del 287 a.C., si sancì il valore dei plebiscita, a prescindere dall’approvazione del Senato. Ne conseguì un’oligarchia di “uomini nuovi”, basata non sulle origini gentilizie ma sul censo.


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 L’ESPANSIONE DI ROMA E LE GUERRE SANNITICHE

Tra il V e il IV sec. a.C., mentre affrontava i conflitti sociali interni, Roma intraprese una politica di espansione territoriale.
L’esercito, sconfitti i popoli italici, fu impegnato nella seconda metà del IV sec. a.C. nelle guerre contro i Sanniti, popolazione stanziata sugli Appennini dell’Italia centromeridionale. Nonostante la grave disfatta delle Forche Caudine (321 a.C.), i Romani li sconfissero e conquistarono i loro territori (290 a.C.). Sottomessi anche i Galli, nel 283 a.C., il dominio di Roma si estendeva ormai su quasi tutta la penisola, fino ai confini della Magna Grecia. L’ulteriore espansione romana provocò lo scontro con Taranto (282 a.C.), soccorsa dal re dell’Epiro, Pirro; dopo alcune vittorie non risolutive contro i Romani, l’esercito di Pirro fu sconfitto definitivamente dalle legioni romane a Benevento (275 a.C.), e Roma dominò la penisola italica.


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 LA NUOVA ORGANIZZAZIONE STATALE

Roma rinnovò l’organizzazione amministrativa dello Stato: molte delle aree conquistate furono suddivise in colonie e municipi, e solo a una parte di esse fu garantita la cittadinanza romana e la possibilità di godere dei relativi diritti. I popoli sconfitti ma che avevano stretto alleanze furono denominati socii (“alleati)”, mentre altre popolazioni italiche furono completamente sottomesse.


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LA MAPPA

Terre, mari, idee - volume 1
Terre, mari, idee - volume 1
Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana