La “vera” nascita di Roma
Gli stessi storici romani – che pure avevano grande rispetto per la tradizione – furono i primi a dubitare della ricostruzione delle origini di Roma proposta dalla leggenda; tuttavia anch’essa contiene indizi di verità storica. Gli scavi archeologici, per esempio, confermano che la formazione originaria di Roma è avvenuta in seguito all’unificazione di
più insediamenti prima indipendenti. I resti delle fondazioni testimoniano che sul colle Palatino fu costruita una cinta muraria tra il 730 e il 720 a.C., dunque in un periodo molto prossimo alla data tradizionale della nascita di Roma (753 a.C.). Nel VII secolo a.C., i villaggi situati sulle alture di ▶ tufo nei pressi di una curva del Tevere, separati da una palude causata dagli straripamenti del fiume, bonificarono le terre inospitali che li dividevano e si unirono. A essi si aggregarono poi i villaggi degli altri colli dell’area: Viminale, Esquilino, Celio, Aventino, Campidoglio, Quirinale. I villaggi furono costruiti sulle alture proprio per evitare i danni provocati dalle improvvise inondazioni del fiume, oltre che per sfuggire alle malattie provocate dagli insetti che infestavano le aree paludose. La posizione elevata consentiva inoltre di difendere meglio l’abitato in caso di incursioni di genti nemiche.
Anche i Tarquini sono il riflesso di un dato storico reale: l’influenza politica ed economica
degli Etruschi, da cui Roma ereditò la conoscenza delle tecniche di canalizzazione delle acque utilizzate per la bonifica dei terreni paludosi, la capacità di costruire complesse reti fognarie (come la Cloaca Maxima, monumentale sistema fognario concluso da Tarquinio il Superbo) e di realizzare canali e acquedotti per l’approvvigionamento idrico della città. Grazie agli Etruschi, inoltre, i Romani rafforzarono i rapporti con i Greci, come mostrano i debiti che il mito fondativo di Roma (con la figura del troiano Enea) ha nei confronti della cultura greca e di Omero in particolare; infine, anche le pratiche religiose sono debitrici dei culti etruschi.
Nell’epoca attribuita dalla tradizione ai Tarquini, dunque, un insediamento piccolo ma già piuttosto fortunato in virtù della favorevole posizione ambientale – il Tevere era un fiume navigabile che consentiva il collegamento dell’entroterra con il mar Tirreno, sul quale transitava il commercio del sale, ed era circondato da terre fertili – diventò ulteriormente attivo e vivace. Accanto alle favorevoli condizioni ambientali, però, l’intervento umano fu fondamentale per garantire la prosperità dell’area. I lavori di bonifica, in particolare, ridussero l’ampiezza delle paludi ed estesero i terreni coltivabili. L’incremento delle aree agricole, a sua volta, stimolò gli scambi commerciali, creando le premesse per il miglioramento delle condizioni di vita di una popolazione in crescita.
Il numero degli abitanti aumentò con l’arrivo di artigiani e mercanti dalle aree limitrofe, attratti dalle opportunità di sviluppo economico, e Roma cominciò ad avere un ruolo di primo piano nella regione.
Con l’intensificazione dei commerci, in breve tempo anche le attività artigianali fiorirono e determinarono un ulteriore incremento delle relazioni mercantili con gli altri popoli italici. In questo periodo vennero introdotte le prime forme rudimentali di moneta, costituite da pezzi di bronzo non lavorato.
Tra il VII e il VI secolo a.C., dunque, Roma entrava nella storia da protagonista: nel VI secolo a.C. gli Etruschi erano in fase di declino e stavano perdendo la supremazia territoriale acquisita nei secoli precedenti. Nella battaglia di Aricia (508 a.C., secondo una fonte greca), il lucumone etrusco di Chiusi, Porsenna, fu sconfitto dall’esercito dei Latini e dei Greci di Cuma, loro alleati, e perse il controllo sul Lazio e su Roma.